Il nemico da battere è Covid-19 non le RSA

di Fausto Fantò
e Emanuele Davide Ruffino |

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C’è sempre bisogno di un nemico contro cui scagliarsi ed in questo momento lo si identifica nelle RSA, le Residenze Sanitarie Assistenziali per anziani. Porre l’accento su un argomento di grande interesse (dove molti di noi andranno a soggiornare negli ultimi anni di vita) è sicuramente un fatto meritorio. Il mondo delle RSA è composto dalla stragrande maggioranza da operatori seri e professionalmente preparati che nei momenti di crisi, come questo, sono capaci di buttare il cuore oltre l’ostacolo, trovando la forza di donare un sorriso e una parola di conforto anche quando si sono già superate le 10 ore di lavoro. Poi, come in tutti i settori, c’è chi approfitta delle situazioni per aumentare i propri guadagni e qualche rarissimo soggetto, ignobile e inqualificabile, che si sente forte nel maltrattare chi non si può difendere. E il buon senso ci porterebbe a dire che bisogna aiutare gli operatori qualificati perché quantitativamente il fenomeno degli anziani, che hanno bisogno di aiuto, presenta un trend in costante crescita e impedire con ogni mezzo le malversazioni.

La realtà invece rileva un attacco generalizzato, instaurando un percepito per cui tutte le RSA sono pericolose, un concentrato di speculazioni. A margine di questo interesse qualche domanda sorge spontanea: ma dov’erano tutti gli organi di controllo e gli “sciacallotti” che adesso si scatenano a ricercare difetti e mancanze? La situazione si è andata a maturare nel corso degli anni ed è stata tollerata per la costante crescita della domanda di posti letto. Forse era meglio una situazione così così che non un trasferimento in qualche struttura locata in qualche paese straniero, dove la manodopera è a più basso costo, ma dove poco si sa dei livelli qualitativi offerti. Se questa forma di delocalizzazione degli anziani avesse preso piede oggi vi sarebbe molto meno da controllare. Ma con una battuta si può dire che il Pio Albergo Trivulzio è da anni (ricordate l’inchiesta “Mani pulite” 1992?) al centro delle attenzioni della Procura della Repubblica meneghina, ma i problemi sono ancora tutti aperti.

Ulteriori domande nascono anche sull’organizzazione del sistema che, anche in piena fase di Coronavirus, non ha fatto mancare il modulo per il consenso informato, il modulo per la tutela della privacy, il modulo per la richiesta dei presidi sanitari, etc. C’era da subito anche il modulo per effettuare il tampone: peccato che poi non vi era la possibilità di effettuarlo per mancanza di reagenti, di strutture idonee e di personale esperto (per non parlare della disorganizzazione che ha rischiato di far perdere qualche tracciato). Forse dovremmo interrogarci su come indirizzare le risorse disponibili e come/quando effettuare i controlli, approfittando della cassa mediatica oggi rivolta verso questo settore. Le casse mediatiche però si esauriscono velocemente ed i problemi rimangono, ma nonostante ciò migliaia di seri operatori continueranno a svolgere correttamente il loro lavoro un po’ incuranti dei lacci e lacciuoli che se applicati pedestremente porterebbe semplicemente alla chiusura di quasi tutte le RSA, accrescendo ulteriormente il dilemma se i pazienti affetti da Coronavirus devono essere trasferiti appena possibile dagli ospedali nelle RSA o far chiudere le medesime e trasferire i pazienti… ma dove, non è ancora chiaro.

Denunciare che qualche cosa non va, costituisce sicuramente un contributo al miglioramento, ma la nostra società tende a fermarsi a questo stadio evitando di analizzare quali soluzioni possono essere individuate e soprattutto realizzarli in tempi accettabili. Fermarsi a trovare un nemico non è la risoluzione dei problemi, ma rischia di diventare una distraente perdita di tempo col rischio di colpire anche ciò che funziona, ma che non hanno protocollato in modo corretto un qualche modulo. Stiamo assistendo ad una criminalizzazione delle RSA per l’aumento della mortalità che ha colpito molte strutture residenziali in molte regioni e la stampa (non tutta per fortuna) non ha mancato di assecondare le comprensibili ansie popolari con titoli altisonanti di cui i decision maker erano vittime.

In molte RSA, come risulta dalla cronaca, la mancanza di dispositivi di prevenzione individuali (DPI) per il personale socio-assistenziale e la mancata prevenzione, come per esempio l’ingresso dei famigliari, hanno contribuito ad aumentare il numero dei decessi. Se a questo si aggiungono la scarsa chiarezza da parte degli organi decisori regionali e nazionali, la mancanza di tamponi per individuare tempestivamente i soggetti Covid-19 positivi, la scarsa recettività dei Pronto Soccorso, ecco che ciò può spiegare l’elevato numero di decessi.

Ma cosa sono le RSA? Sono strutture introdotte in Italia negli anni Novanta alle quali si ricorre per ospitare per un periodo o per tutto il resto della vita persone affette da più malattie croniche e degenerative, spesso dementi, non autonomi e con necessità cliniche ed assistenziali elevate. Nonostante tutto, il sistema ha retto, anche perché accanto a strutture che hanno sbagliato (sarà la magistratura a verificarlo) la stragrande maggioranza delle RSA ha retto l’urto, contenendo i danni (i casi di ottima assistenza sono tanti su tutto il territorio nazionale) e riuscendo a tenere fuori della porta il virus. Stiamo attenti dunque a demonizzare le RSA, creando angoscia ed ansia nei famigliari che non sono in grado di assistere il proprio caro a domicilio e ad aumentare il senso di frustrazione da parte del personale assistenziale impegnato in un lavoro difficile, gravoso e pieno di rischi.

In tempi brevi, le R.S.A. dovranno organizzarsi per affrontare una eventuale ripresa del contagio e in futuro bisognerà ripensare a modelli di assistenza che privilegi, quando possibile, la permanenza dell’anziano a domicilio (penso alle esperienze positive delle RSA aperte approvate dalla precedente amministrazione regionale, che permettono all’anziano di rimanere al proprio domicilio ma nello stesso tempo di usufruire dei servizi che la struttura residenziale mette a disposizione. Sicuramente nei prossimi mesi si aprirà una incandescente discussione che vedrà coinvolte non solo le società scientifiche e gli addetti ai lavori, ma dovrà coinvolgere anche l’opinione pubblica visto che interessa il futuro, prossimo o meno prossimo, di tutti. Il problema sarà di non dar fiato solo alle megalomanie dei singoli, ma lavorare per un progetto sociale in grado di fornire risposte adeguare, ma nel contempo sostenibili.




Posted on: 2020/05/07, by :