Il Papa, l’omosessualità e noi cristiani in cammino

di Luca Rolandi |

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Sono trascorsi alcuni giorni e la prospettiva di Papa Francesco sul tema dell’omosessualità è già passata agli archivi. Oggi il Concistoro, poi l’emergenza pandemica e avanti nei prossimi giorni con una serie di nuovi argomenti. Invece, credo che sia quanto mai opportuno ritornare sul punto e cercare di non dividerci, anche se è ormai conclamata questa lotta dialettica e disputa teologico tra pro e contro. Non mi soffermerei sui sofismi della traduzione, su che cosa volesse dire, che cosa gli hanno fatto dire e altro ancora. I tradizionalisti e i difensori della dottrina si sono scagliati contro il Papa che va oltre, i progressisti esultato per l’apertura. Pochi sono entrati nel merito della considerazione di Bergoglio.

Per paradosso coloro che in passato avevano criticato altri pontefici ora sono i primi paladini di quello attuale e viceversa i difensori del primato petrino sostenitori della rivolta contro il papato che va oltre. Insomma, un vero momento di confusione, temo creato più da altri che da Francesco. Credo che il Papa venuto dalla fine del mondo non abbia cambiato la dottrina, né disposto modifiche alle canoniche regole o distrutto la tradizione, ma affermato quanto il Vangelo afferma: siamo tutti figli di Dio e fratelli e sorelle. Non ci sono distinzioni di sesso o propensione, censo, classe, colore della pelle e avanti.

“Ciò che dobbiamo fare è una legge sulla convivenza civile, hanno diritto a una forma di tutela legale le coppie omosessuali. L’ho già sostenuto” affermava dieci anni fa l’Arcivescovo di Buenos Aires. Una frase, riportata nel documentario di Evgeny Afineevsky, che ricalca l’opinione di Bergoglio, che si trovò ad affrontare l’infuocato dibattito sulle nozze gay, legge fortemente voluta dal governo dell’allora presidente Cristina Fernández de Kirchner. Al di là delle forzature mediatiche, l’opinione di Jorge Mario Bergoglio sulle coppie omosessuali non è cambiata negli ultimi dieci anni. Ma c’è di più: per il successore di Pietro è il senso profondo dell’amore e della famiglia umana che vanno tutelati in un percorso non di tolleranza ma di comune comprensione.

In questo senso trovo illuminante la riflessione di un pensatore laico e già monaco di Bose, Riccardo Larini, che ha espresso parole coraggiose sul tema. Scrive Larini “La Chiesa cattolica non solo non deve escludere persone o comportamenti omosessuali, ma deve uscire altresì dalla mera ipotesi di dover tollerare evangelicamente la loro presenza e il loro comportamento”. E aggiunge “il tema dell’omosessualità non dovrebbe essere, come vorrebbero diversi cattolici a disagio, una scocciatura che distrae l’attenzione da problemi più importanti per i cristiani. È uno snodo paradigmatico, un nodo gordiano che va assolutamente sciolto se si desidera far sì che il Vangelo continui a essere annunciato con credibilità, e se si vuole che le chiese non diventino le roccaforti della cieca e mortifera reazione alla complessità del nostro mondo”.

Esattamente ciò che va al di là del primato papale della Chiesa cattolica e che supera le dispute teologiche e il mistero trinitario della Chiesa. Perché è proprio ciò che sta sopra, dentro e oltre la dimensione storica incarnata della Chiesa nella storia, a suggerire che i segni dei tempi dei cristiani, in cammino verso il già e non ancora che portano nel cuore e donano e condividono con i compagni di viaggio, sia l’unica strada possibile per non isolarsi nella logica dei recinti chiusi dei puri, peraltro peccatori come gli altri.




Posted on: 2020/10/25, by :