Il perché di leggi utili alla convivenza civile
di Emanuele Davide Ruffino
e Germana Zollesi |
Quante norme sono state disattese, per non dire totalmente disapplicate, in periodo di Covid19? Se le norme non servono ad offrire una linea di azione comune, allora occorre riflettere sulla loro inefficacia e inutilità, probabilmente già presente “in tempo di pace”, ma che in piena crisi manifestano tutto il loro bizantinismo.
Una legge palesemente disattesa, oltre che inutile, può diventare un pericoloso strumento in mano di chi, approfittando del fatto che non essendo riconosciuta come tale, può mettere in difficoltà alcuni soggetti scelti a caso o selezionati da qualche abile manipolatore.
La disaffezione alle Leggi, cui le precedenti generazioni hanno giurato fedeltà e in molti sono morti per assicurarne l’applicazione, rischia di trasformarsi in un impedimento per le stesse modalità di corretta convivenza. Il coronavirus ha evidenziato quanti moduli, quanti modi di agire, quante prescrizioni… possano e debbano essere disapplicati, semplicemente seguendo il buon senso. S’immagini la nostra classe burocratica al comando delle truppe che si accingevano allo sbarco in Normandia… sarebbero ancora sullo stretto della Manica.
Ciò non vuol dire che norme come la privacy, il consenso informato, la trasparenza e prescrizioni varie non abbiano senso di esistere, anzi la loro violazione proprio in questo periodo potrebbe rilevare quanto significativamente utili e attuali siano, anche se purtroppo non più corrispondenti alla realtà pratica. Ciò che deve essere messo in discussione è la loro applicazione “ossessiva”, per dirla alla Sciascia, quando parlava di professionisti dell’Antimafia, di troppi interessi collegati ad una loro applicazione giuridico-formale, senza essere accompagnata da un’analisi sulle degenerazioni prodotte, comprese le miriadi di decisioni prese solo come autotutela messa in atto dagli operatori del sistema stesso. Una norma non deve essere solo corretta e perseguire uno scopo rivolto al bene comune, ma occorre che, nella pratica, produca gli effetti sperati: se così non è, bisogna correggerla, salvaguardandone i principi, ma ricorrendo ad altri strumenti attuativi.
Le violazioni in questo periodo di crisi si andranno inevitabilmente a moltiplicare: solo per fare un esempio sarà difficile assicurare le forniture agli ospedali se si continuano ad applicare le disposizioni sul DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), la regolarità contributiva e altre certificazioni in capo ai fornitori della Pubblica amministrazione, semplicemente perché saranno poche le ditte che potranno soddisfare tutti i requisiti richiesti (ma tanti fornitori sono imprese serie che rischiano di esser soffocate dalle ripetizioni burocratiche). I controlli sono sempre più indispensabili, ma devono essere strutturati in forme razionali e se non servono vanno modificati, altrimenti rischiano di essere superati dai fatti, aprendo pericolose falle nel sistema. Ed in questo periodo di acquisti e assunzioni dettati dall’emergenza qualche rischio si corre proprio perché la gran massa di prescrizioni deve essere superata senza troppi tentennamenti e così i rischi di malversazioni aumentano.
La tremenda crisi che stiamo vivendo, ci deve portare a selezionare le norme di evidente utilità da quelle che rallentano la funzionalità del sistema. All’esegesi continua di ogni testo giuridico (compreso il dibattito sul concetto di “Passeggiatina di prossimità” che tanto appassiona l’azzeccagarbuglismo italico) e all’infinità di contenziosi che si apriranno su più fronti (compresa la possibilità di una valanga di denunce verso medici e infermieri, oggi eroi, domani polli da spennare perché non hanno rispettato qualche virgola), sarà fondamentale associare analisi, partendo proprio dal ruolo che le norme dovranno avere nei nuovi assetti.
La storia insegna che le rivoluzioni sono tali se riescono a spazzare via le sovrastrutture non più coerenti con i tempi e, di sovrastrutture, la nostra società ne è piena, ma non si è mai trovato il coraggio di prenderle di petto. Sono probabilmente pochi quelli direttamente cointeressati, ma molti che si rendono conto che l’eliminazione di una sovrastruttura può, a cascata, mettere in crisi l’esistenza delle altre. Se questi “molti” sono la maggioranza, il sistema rimane irrimediabilmente bloccato. Il coronavirus è una rivoluzione che nessuno ha voluto ma che obbligherà a stabilire nuovi modi di ragionare, sia nei rapporti tra i popoli che tra gli individui. Intanto dovremo renderci conto che noi non potremo continuare a comportarci come se fossimo “i consumatori del mondo”, semmai dovremo imparare che ne siamo solo i custodi. Anche noi, uomini del nuovo millennio, abbiamo dei limiti fisici e intellettivi e se vogliamo approntare una convivenza a livello planetario dobbiamo dotarci di regole semplici, ma intellegibili che trovino applicazione in ogni realtà locale per poter essere estese ai diversi livelli di governo. Questo potrebbe insegnarci il coronavirus.
Posted on: 2020/04/04, by : admin
La disaffezione alle Leggi, cui le precedenti generazioni hanno giurato fedeltà e in molti sono morti per assicurarne l’applicazione, rischia di trasformarsi in un impedimento per le stesse modalità di corretta convivenza. Il coronavirus ha evidenziato quanti moduli, quanti modi di agire, quante prescrizioni… possano e debbano essere disapplicati, semplicemente seguendo il buon senso. S’immagini la nostra classe burocratica al comando delle truppe che si accingevano allo sbarco in Normandia… sarebbero ancora sullo stretto della Manica.
Ciò non vuol dire che norme come la privacy, il consenso informato, la trasparenza e prescrizioni varie non abbiano senso di esistere, anzi la loro violazione proprio in questo periodo potrebbe rilevare quanto significativamente utili e attuali siano, anche se purtroppo non più corrispondenti alla realtà pratica. Ciò che deve essere messo in discussione è la loro applicazione “ossessiva”, per dirla alla Sciascia, quando parlava di professionisti dell’Antimafia, di troppi interessi collegati ad una loro applicazione giuridico-formale, senza essere accompagnata da un’analisi sulle degenerazioni prodotte, comprese le miriadi di decisioni prese solo come autotutela messa in atto dagli operatori del sistema stesso. Una norma non deve essere solo corretta e perseguire uno scopo rivolto al bene comune, ma occorre che, nella pratica, produca gli effetti sperati: se così non è, bisogna correggerla, salvaguardandone i principi, ma ricorrendo ad altri strumenti attuativi.
Le violazioni in questo periodo di crisi si andranno inevitabilmente a moltiplicare: solo per fare un esempio sarà difficile assicurare le forniture agli ospedali se si continuano ad applicare le disposizioni sul DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), la regolarità contributiva e altre certificazioni in capo ai fornitori della Pubblica amministrazione, semplicemente perché saranno poche le ditte che potranno soddisfare tutti i requisiti richiesti (ma tanti fornitori sono imprese serie che rischiano di esser soffocate dalle ripetizioni burocratiche). I controlli sono sempre più indispensabili, ma devono essere strutturati in forme razionali e se non servono vanno modificati, altrimenti rischiano di essere superati dai fatti, aprendo pericolose falle nel sistema. Ed in questo periodo di acquisti e assunzioni dettati dall’emergenza qualche rischio si corre proprio perché la gran massa di prescrizioni deve essere superata senza troppi tentennamenti e così i rischi di malversazioni aumentano.
La tremenda crisi che stiamo vivendo, ci deve portare a selezionare le norme di evidente utilità da quelle che rallentano la funzionalità del sistema. All’esegesi continua di ogni testo giuridico (compreso il dibattito sul concetto di “Passeggiatina di prossimità” che tanto appassiona l’azzeccagarbuglismo italico) e all’infinità di contenziosi che si apriranno su più fronti (compresa la possibilità di una valanga di denunce verso medici e infermieri, oggi eroi, domani polli da spennare perché non hanno rispettato qualche virgola), sarà fondamentale associare analisi, partendo proprio dal ruolo che le norme dovranno avere nei nuovi assetti.
La storia insegna che le rivoluzioni sono tali se riescono a spazzare via le sovrastrutture non più coerenti con i tempi e, di sovrastrutture, la nostra società ne è piena, ma non si è mai trovato il coraggio di prenderle di petto. Sono probabilmente pochi quelli direttamente cointeressati, ma molti che si rendono conto che l’eliminazione di una sovrastruttura può, a cascata, mettere in crisi l’esistenza delle altre. Se questi “molti” sono la maggioranza, il sistema rimane irrimediabilmente bloccato. Il coronavirus è una rivoluzione che nessuno ha voluto ma che obbligherà a stabilire nuovi modi di ragionare, sia nei rapporti tra i popoli che tra gli individui. Intanto dovremo renderci conto che noi non potremo continuare a comportarci come se fossimo “i consumatori del mondo”, semmai dovremo imparare che ne siamo solo i custodi. Anche noi, uomini del nuovo millennio, abbiamo dei limiti fisici e intellettivi e se vogliamo approntare una convivenza a livello planetario dobbiamo dotarci di regole semplici, ma intellegibili che trovino applicazione in ogni realtà locale per poter essere estese ai diversi livelli di governo. Questo potrebbe insegnarci il coronavirus.
Posted on: 2020/04/04, by : admin