Il Presidente Juncker a “La Porta di Vetro”

Cinque anni fa, nel maggio del 2014, avevo partecipato in Italia, a Firenze precisamente, a un dibattito con altri candidati alle elezioni europee, tra i quali Martin Schulz e Guy Verhofstadt. Allora, avevo spiegato che il programma per cui stavo conducendo la mia campagna era quello di un’Europa della solidarietà e che questa sarebbe stata la nostra ultima possibilità di mostrare agli europei che l’Europa stava lavorando per loro, per rispondere alle loro preoccupazioni e alle loro aspettative. Io credo che la Commissione che presiedo abbia rispettato questo impegno. All’epoca, l’Europa stava lottando per riprendersi dalla peggiore crisi economica, finanziaria e sociale che avesse conosciuto nella sua storia. Questa crisi ha lasciato profonde ferite sociali che sono ancora vive e molti europei non percepiscono nelle loro vite quotidiane gli effetti del miglioramento della situazione economica. Ma la verità è che abbiamo fatto molta strada, che l’Europa è cambiata e che le cose stanno migliorando.

L’Europa della policrisi

Come avevo dichiarato, to be big on big things, essere ambiziosi su grandi questioni e più modesti su temi di minore importante, era il nostro leitmotiv. E portare risultati concreti è stato il nostro obiettivo costante. Non abbiamo mai deviato da questa linea di condotta, anche se questa Commissione è stata anche quella dell’Europa della policrisi: delle crisi, cioè, che hanno severamente messo alla prova la solidarietà europea. Io sono stato il primo a denunciare le fratture di solidarietà che si sono moltiplicate tra nord e sud, est e ovest.

Ho sempre sostenuto la Grecia nei difficilissimi momenti che ha attraversato. E sono sempre stato convinto che se un altro paese avesse dovuto affrontare gli stessi problemi sociali, finanziari e strutturali della Grecia, probabilmente non avrebbe saputo sostenerli come ha fatto il popolo greco, con così tanto coraggio e dignità. Oggi, la Grecia è finalmente emersa dalle turbolenze, e ciò dimostra che, quando solidarietà e responsabilità europee vanno insieme, le cose funzionano.

Avendo ben presenti la dignità del popolo greco e del popolo italiano, ho sempre fortemente e vigorosamente sostenuto una maggiore solidarietà con entrambi nella gestione della crisi migratoria che hanno dovuto affrontare. Perché non è possibile lasciare soli coloro che la geografia ha situato nei punti di ingresso dei migranti in Europa. L’Italia e la Grecia hanno salvato l’onore dell’Europa nel Mediterraneo. I nostri comuni sforzi hanno permesso di ridurre significativamente il numero di arrivi di migranti in condizioni di irregolarità, che ora sono giunti a toccare il livello più basso degli ultimi cinque anni, un calo del 90% dal 2015. In Italia, dove dal 2014 giungevano annualmente più di 100.000 immigrati in situazione irregolare, il numero degli arrivi è sceso, nel 2018, a 23.370. La solidarietà europea ha contribuito a ridurre gli oneri per i paesi di primo ingresso come l’Italia. Tra il 2015 e il 2017, circa 13.000 richiedenti asilo sono stati trasferiti dall’Italia verso altri Stati membri. Inoltre, dal 2014, la Commissione ha assegnato un totale di 950 milioni di euro all’Italia, allo scopo di aiutarla nell’affrontare il problema migratorio e la gestione dei controlli alle frontiere.

Questi esempi dimostrano come l’Unione europea sia un processo complesso. Non progredisce sempre in modo lineare e senza intoppi. Ma questa è anche la democrazia europea. E, alla fine, l’Europa finisce sempre per avanzare, per quanto poco lo spirito di compromesso e di unità riescano a prevalere.

L’Europa delle promesse mantenute

Penso, in maniera specifica, alle nuove proposte che questa Commissione ha presentato sin dall’inizio del suo mandato e che sono state attentamente selezionate per rispondere alle vere questioni che richiedono un’azione a livello europeo. Abbiamo presentato annualmente il 75% di proposte in meno rispetto alla precedente Commissione e rimosso 134 proposte legislative in sospeso ereditate dai nostri predecessori. A oggi, sono state adottate 348 proposte, il 90% delle quali con l’unanimità del Consiglio. Si tratta di 348 concrete risposte europee alle principali preoccupazioni dei nostri concittadini con il pieno sostegno degli Stati membri, poiché l’Europa è sempre con gli Stati membri. Prendiamo, ad esempio, l’occupazione, la crescita e gli investimenti. Queste sono state la mie prime priorità fin dall’inizio del mio mandato, nel novembre 2014. E le mie prime decisioni sono state quelle di lanciare un importante piano di investimenti per l’Europa, che qualche volta porta il mio nome, per rinnovare completamente i posti di lavoro del nostro mercato unico costruendo l’Unione digitale, l’Unione dell’energia e l’Unione dei mercati dei capitali, e iniettando un’opportuna dose di flessibilità nelle regole del Patto di stabilità e crescita, al fine di rispondere meglio alle istanze della crescita e degli investimenti.

L’Italia è stata uno dei grandi beneficiari di queste scelte politiche che abbiamo fatto in quanto l’Italia è, in termini assoluti, il secondo beneficiario del piano Juncker, che ha già mobilitato 400 miliardi di euro di investimenti in tutta l’Europa, di cui quasi 64 miliardi in Italia. L’Italia è anche il principale beneficiario della flessibilità esercitata tra il 2015 e il 2018 nell’ambito del patto di stabilità e crescita in ragione, principalmente, delle condizioni economiche sfavorevoli, del sostegno alle riforme strutturali e agli investimenti, e de circostanze eccezionali relative alle minacce alla sicurezza, alla crisi dei rifugiati e ai terremoti. Questa flessibilità ha permesso all’Italia di spendere e investire 30 miliardi di euro in più, circa l’1,8% del suo PIL, rispetto a ciò che avrebbe potuto fare diversamente. L’Italia è anche il secondo più grande beneficiario dei fondi strutturali e di investimento europei, con 44,7 miliardi di euro di sostengo dall’UE per il periodo 2014-2020: ossia, una media di 735 euro per abitante proviene dal bilancio dell’Unione e va direttamente a beneficio dei cittadini italiani. Il che vuol dire, ad esempio, circa 2.198.000 persone che hanno avuto accesso a servizi sanitari di migliore qualità. Questi fondi supportano anche 101.622 imprese con la creazione di 23.425 posti di lavoro.

Tutto ciò non ha nulla a che fare con la persistente caricatura di un’Europa fatta di cieca austerità. E i risultati sono lì a dimostralo. L’Unione europea ha ormai registrato 23 trimestri consecutivi di crescita. Dall’inizio del mandato della mia Commissione sono stati creati 12,6 milioni di posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione è al suo livello più basso dall’inizio di questo secolo. E il tasso di occupazione non è mai stato così alto. Oggi, in Europa, 240 milioni di uomini e donne risultano occupati, e si tratta di una cifra da record. Se quei 12,6 milioni di posti di lavoro fossero andati persi, la Commissione sarebbe stata accusata di esserne l’unica responsabile: quindi, permettetemi di rivendicare almeno una parte di questi progressi.

Sì, le Istituzioni europee hanno fatto molto per riportare l’Europa sulla via della creazione di posti di lavoro e della crescita, ma voglio anche rendere omaggio agli Stati membri che hanno saputo prendersi le proprie responsabilità. Questa crescita, questi posti di lavoro, erano la nostra priorità, ma avrebbero avuto senso se avessimo messo l’equità al centro delle preoccupazione. Fin dall’inizio, l’Europa sociale è stata uno dei pilastri della nostra azione. Anche in questo caso, l’Europa è cambiata e continuerà a cambiare. Ad esempio, abbiamo modificato le regole sul distacco dei lavoratori per correggere il rischio di abusi e applicare un principio di buon senso per cui uno stesso lavoro in uno stesso posto deve avere una medesima remunerazione. Questo è un passo molto significativo in linea con il pilastro europeo dei diritti sociali proclamato nel 2017. Questo pilastro è costituito da 20 principi fondamentali tesi a difendere i diritti degli Europei in un mondo che in rapida mutazione.

Perché se gli Europei, e soprattutto i lavoratori, non si sentono più protetti dall’Europa, se pensano che l’Europa si preoccupi solo della competitività, non ascolti che la voce dei mercati e non riservi attenzione alla loro vita quotidiana e alle loro prospettive future, allora lentamente, ma sicuramente, non finiranno per allontanarsi dall’Europa. È questa ambizione di crescita equa e sostenibile, che guarda al futuro che è alla base delle nostre proposte anche per il prossimo quadro finanziario pluriennale europeo. Per i nostri ricercatori, per i nostri giovani, per i nostri agricoltori e per i nostri imprenditori, è importante che questa nuovo ciclo di programmi europei inizi bene nel tempo, noi e stiamo lavorando per questo.

Una consultazione elettorale decisiva

La verità è che l’Europa è oggi un po’ meno imperfetta di quanto non lo fosse qualche anno fa. Ma ciò non significa che l’Europa sia al riparo da rischi, sia che essi provengano da essa stessa o da altri.

Sono numerosi coloro che vogliono disgregare l’Europa, mentre in questo mondo, al tempo stesso sempre più multipolare e sempre più imprevedibile, l’Europa è più che mai essenziale per permettere ai paesi che la compongono di rispondere insieme e in modo più efficace alle nuove sfide e ai bisogni di protezione dei cittadini. E l’Europa non potrà incidere sul suo futuro e sul destino del mondo se non agisce in maniera unitaria con una  stessa determinazione e la volontà condivisa di far sentire la propria voce. È questa la convinzione che i leader europei hanno espresso a Sibiu, in Romania, il 9 maggio scorso, Giornata dell’Europa, con l’adozione all’unanimità di dieci impegni per rafforzare ulteriormente l’Europa in modo che possa adattarsi alle realtà del domani. E mentre, tra poche settimane, i cittadini europei saranno chiamati ad esprimersi alle urne, in una consultazione elettorale che si preannuncia decisiva, è più che mai importante rivolgere loro un discorso che parli dei valori attorno ai quali è stato costruito il progetto europeo – la pace, lo stato di diritto, la libertà e la solidarietà – ma anche dei grandi successi dell’Europa e la sua capacità di influenzare il corso del mondo.

Sento spesso pronunciare “Bruxelles”, come se l’Europa si riducesse a Bruxelles. Ma l’Europa è ciascuno dei nostri paesi, ciascuna delle nostre regioni e delle nostre città; l’Europa è ciascuno di noi. Quindi smettiamo di nazionalizzare i successi e comunitarizzare i fallimenti. Solo se giochiamo come una squadra possiamo vincere. La nostra unione è la nostra forza! Ecco perché la composizione del prossimo Parlamento europeo è così importante. È essenziale non cedere alla retorica euroscettica e nazionalista per scegliere, al contrario, dei deputati impegnati in questa lotta per avere un’Europa ancora più ambiziosa ed efficiente. E conto sull’Italia per difendere quest’Europa più unita, più forte, più democratica. Perché la storia dell’Europa è sempre stata scritta con l’Italia e il futuro dell’Europa può essere scritto solo con l’Italia.

Jean-Claude Juncker
Presidente della Commissione europea

(traduzione a cura di Davide Rigallo, Segretario regionale AICCRE Piemonte)


Posted on: 2019/05/18, by :