Il SSN che verrà: siamo in grado di affrontare il futuro?
di Emanuele Davide Ruffino
e Giuseppina Viberti|
La relazione che il prof. Walter Ricciardi, ex–presidente dell’ISS e attuale consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, ha presentato al 14° Italian Diabets Barometer Forum dal titolo “Diabetes e Health Next Generation”, riportata da Doctor33 del 18 luglio, induce ad una riflessione sul tema del PNRR in Sanità. Innanzi tutto la pandemia che ha colpito il mondo era stata prevista da scienziati, scrittori, studiosi in relazione alla sempre più evidente globalizzazione del pianeta che non può certamente essere fermata. I movimenti delle popolazioni esistono da quando è presente l’essere umano e la Storia ne è testimone; i mezzi di comunicazione sempre più rapidi e numerosi, la volontà dell’essere umano di migliorare la sua condizione di vita, la voglia di conoscere, sono spinte che non possono essere fermate da nessun movimento populista, ma devono essere affrontate con serietà e competenza.
Quali risposte offrire alla crisi?
Quali risposte offrire alla crisi?
Il piano europeo da 750 miliardi è una grande occasione per la sanità, ma anche per altre riforme epocali (pubblica amministrazione, giustizia, scuola, informatizzazione, mobilità sostenibile, transizione ecologica, ricerca, lavoro, coesione territoriale) che si rifletteranno anche sul SSN. In Italia, al 1 gennaio scorso avevamo 7 neonati per 1.000 abitanti contro 13 decessi, quindi un tasso di natalità basso e un bisogno di cure per gli anziani molto elevato. Ed ecco una proposta di soluzione del prof. Ricciardi che merita un’attenta riflessione: nel nostro Paese si investe circa il 6,5% del PIL in Sanità; per essere ai livelli della Germania (83 milioni di abitanti) dovremmo assumere 35 mila infermieri e 8 mila medici ma, ci chiediamo, per fare che cosa? Assistenza? Prevenzione, che in Italia è ridotta a lumicino? Tracciamento dell’infezione Covid-19, rafforzamento del territorio, ma con quale modello organizzativo?
I problemi sono molti ed estremamente differenziati: da un lato, abbiamo il progetto di potenziamento del territorio, che però deve avere una “mission” chiara e definita con risorse certe; dall’altro, gli ospedali che devono sapere cosa dovranno fare, con quali risorse ed infine il variegato mondo della “Sanità privata” in tutti i suoi aspetti. Il rapporto pubblico-privato è un tema di cui si discute da anni senza mai trovare una soluzione; i contratti dei dipendenti pubblici e privati sono diversi e così le retribuzioni; le attrezzature diagnostiche sono acquisite con regole differenti; in alcune Regioni il “privato convenzionato” gestisce il Pronto Soccorso, mentre in altre sono assenti e quindi il privato lavora solo in elezione.
L’imperativo: superare il caos
I problemi sono molti ed estremamente differenziati: da un lato, abbiamo il progetto di potenziamento del territorio, che però deve avere una “mission” chiara e definita con risorse certe; dall’altro, gli ospedali che devono sapere cosa dovranno fare, con quali risorse ed infine il variegato mondo della “Sanità privata” in tutti i suoi aspetti. Il rapporto pubblico-privato è un tema di cui si discute da anni senza mai trovare una soluzione; i contratti dei dipendenti pubblici e privati sono diversi e così le retribuzioni; le attrezzature diagnostiche sono acquisite con regole differenti; in alcune Regioni il “privato convenzionato” gestisce il Pronto Soccorso, mentre in altre sono assenti e quindi il privato lavora solo in elezione.
L’imperativo: superare il caos
Le regole sono molto diverse fra le Regioni e ciò crea una diseguaglianza fra Nord e Sud che si riflette nella speranza di vita che nel Mezzogiorno d’Italia è 4 anni inferiore. Il Covid ha evidenziato certamente la carenza di molte tipologie di personale sanitario (medici in alcune branche specialistiche e sul territorio, infermieri, tecnici di laboratorio e di radiologia) che sono stati assunti con contratti precari che scadranno a breve e dei quali, almeno in parte, la sanità avrà bisogno anche il prossimo anno ma che non riusciamo a stabilizzare perché non si trova una modalità di assunzione.
Anche in questo caso le Regioni si muovono in ordine sparso: chi fa concorsi pubblici e assume il personale con contratti a tempo indeterminato; chi delibera la proroga per altri 12 mesi dei contratti a tempo determinato e infine chi non fa nulla nella speranza che tutto finisca oppure che il Governo dia delle indicazioni oppure per paura di accrescere la spesa oltre ogni limite, generando deficit fuori controllo. È evidente che manca per ora una strategia nazionale chiara, condivisa con le Regioni e comunicata in modo semplice a tutti i cittadini che devono sapere quale sarà l’organizzazione sanitaria che la Regione in cui vivono è in grado di offrire. È necessario sapere quali risorse economiche saranno dedicate all’assistenza ospedaliera pubblica e privata, alla ricerca, al territorio e come queste saranno gestite.
Posted on: 2021/07/30, by : admin
Anche in questo caso le Regioni si muovono in ordine sparso: chi fa concorsi pubblici e assume il personale con contratti a tempo indeterminato; chi delibera la proroga per altri 12 mesi dei contratti a tempo determinato e infine chi non fa nulla nella speranza che tutto finisca oppure che il Governo dia delle indicazioni oppure per paura di accrescere la spesa oltre ogni limite, generando deficit fuori controllo. È evidente che manca per ora una strategia nazionale chiara, condivisa con le Regioni e comunicata in modo semplice a tutti i cittadini che devono sapere quale sarà l’organizzazione sanitaria che la Regione in cui vivono è in grado di offrire. È necessario sapere quali risorse economiche saranno dedicate all’assistenza ospedaliera pubblica e privata, alla ricerca, al territorio e come queste saranno gestite.
Posted on: 2021/07/30, by : admin