Il taccuino politico della settimana: giorni da ricordare guardando al Colle
a cura di Claudio Artusi |
|Oggi è una vigilia particolare, perché dopo tante analisi, congetture e gossip si comincerà a votare, nonostante i contagi da Covid che grazie ai provvedimenti assunti non influiranno sul corpo dei grandi elettori.
Difficile trovare nella storia della Repubblica un’altra elezione del presidente altrettanto carica di importanza e gravità per il presente ed il futuro del paese. Cito la prima che portò alla elezione di Luigi Einaudi, in cui erano in gioco il posizionamento internazionale dell’Italia, l’opportunità da cogliere dell’aiuto economico dell’Occidente passato alla storia come “Piano Marshall”, la tenuta democratica del Paese, nell’incipienza della Guerra Fredda, dello scontro tra Est e Ovest, tra l’Unione Sovietica e le democrazie parlamentari. Ricordo poi il passaggio delicato del 1993, che in piena Tangentopoli portò alla elezione dell’on. Oscar Luigi Scalfaro.
L’appuntamento odierno cade in piena emergenza sanitaria, economica, sociale. Ma ancor di più in una crisi profonda dei partiti, lacerati da divisioni interne, privati da radici ideali e visioni strategiche. L’ironia del sistema democratico è che pretende (né può essere diversamente) che proprio questi partiti riescano ad esprimere la leadership che guidi l’Italia fuori dalla crisi.
L’aspetto positivo che emerge è la consapevolezza sia della gravità della situazione, sia della necessità di individuare soluzioni di alto profilo, fuori dalla mischia. Già per il capo di governo questo schema è stato seguito e possiamo dire con successo: il presidente Draghi ha speso la sua reputazione, le sue capacità, la sua autonomia e l’Italia dopo un anno di questa terapia è in una condizione certamente migliore.
È ragionevole dunque dire “usiamo” Draghi per sette anni come Presidente della repubblica, ma l’Italia non è (ancora?) una repubblica presidenziale ed è alto il rischio che la macchina costruita in questo anno a palazzo Chigi, con un cambio di guida, venga consumata e smontata.
Non si tratta solo di trovare un altro “uomo o donna della provvidenza”, ma soprattutto di raggiungere fra i partiti l’accordo a rinunciare, almeno per un altro po’, ad un governo politico. In questo quadro vi sono dei convitati di pietra, in particolare la comunità internazionale e il mondo della finanza: sono garantiti da Draghi più nel suo ruolo attuale o piuttosto come presidente della Repubblica?
Gli eventi dei prossimi giorni andranno letti in questa chiave, in cui certamente giocano le ambizioni personali e gli interessi di parte, ma vi è un forte contrappeso dato dall’attenzione e dal giudizio dell’opinione pubblica e dei molti stake holders dello Stato italiano.
Posted on: 2022/01/24, by : admin
Difficile trovare nella storia della Repubblica un’altra elezione del presidente altrettanto carica di importanza e gravità per il presente ed il futuro del paese. Cito la prima che portò alla elezione di Luigi Einaudi, in cui erano in gioco il posizionamento internazionale dell’Italia, l’opportunità da cogliere dell’aiuto economico dell’Occidente passato alla storia come “Piano Marshall”, la tenuta democratica del Paese, nell’incipienza della Guerra Fredda, dello scontro tra Est e Ovest, tra l’Unione Sovietica e le democrazie parlamentari. Ricordo poi il passaggio delicato del 1993, che in piena Tangentopoli portò alla elezione dell’on. Oscar Luigi Scalfaro.
L’appuntamento odierno cade in piena emergenza sanitaria, economica, sociale. Ma ancor di più in una crisi profonda dei partiti, lacerati da divisioni interne, privati da radici ideali e visioni strategiche. L’ironia del sistema democratico è che pretende (né può essere diversamente) che proprio questi partiti riescano ad esprimere la leadership che guidi l’Italia fuori dalla crisi.
L’aspetto positivo che emerge è la consapevolezza sia della gravità della situazione, sia della necessità di individuare soluzioni di alto profilo, fuori dalla mischia. Già per il capo di governo questo schema è stato seguito e possiamo dire con successo: il presidente Draghi ha speso la sua reputazione, le sue capacità, la sua autonomia e l’Italia dopo un anno di questa terapia è in una condizione certamente migliore.
È ragionevole dunque dire “usiamo” Draghi per sette anni come Presidente della repubblica, ma l’Italia non è (ancora?) una repubblica presidenziale ed è alto il rischio che la macchina costruita in questo anno a palazzo Chigi, con un cambio di guida, venga consumata e smontata.
Non si tratta solo di trovare un altro “uomo o donna della provvidenza”, ma soprattutto di raggiungere fra i partiti l’accordo a rinunciare, almeno per un altro po’, ad un governo politico. In questo quadro vi sono dei convitati di pietra, in particolare la comunità internazionale e il mondo della finanza: sono garantiti da Draghi più nel suo ruolo attuale o piuttosto come presidente della Repubblica?
Gli eventi dei prossimi giorni andranno letti in questa chiave, in cui certamente giocano le ambizioni personali e gli interessi di parte, ma vi è un forte contrappeso dato dall’attenzione e dal giudizio dell’opinione pubblica e dei molti stake holders dello Stato italiano.
Posted on: 2022/01/24, by : admin