Il taccuino politico della settimana: la “piazza” darà sostegno a Cgil e Uil? E poi?
a cura di Claudio Artusi |
|La notizia dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil per il 16 dicembre ha colto i più di sorpresa, probabilmente lo stesso governo. In piena pandemia, sotto le feste di Natale con i relativi incrementi dei volumi di acquisti, alla vigilia dell’avvicendamento del presidente della Repubblica, sembra a prima vista una iniziativa sconcertante!
Per contro le due organizzazioni sindacali e i rispettivi leader non sono certo sprovveduti, né avvezzi all’avventurismo politico, dunque?
Se esistesse ancora una cinghia di trasmissione con i partiti di sinistra, si potrebbe ipotizzare una mossa di riposizionamento che bilanci la diaspora in corso verso il centro ed il centro destra, tesi questa che troverebbe conferma nella dissociazione dallo sciopero della CISL. Quanto sopra ha una sua ragionevolezza, ma è forse troppo semplicistico.
I sindacati un tempo leggevano e rappresentavano le pulsioni più profonde del corpo sociale che si sentiva colpito da forme di iniquità di status e retributive: questa vocazione sindacale trovava una sua efficacia nella segmentazione in classi (come non ricordare gli slogan della lotta di classe)! L’avvento della società “liquida” e la burocratizzazione del sindacato hanno creato un solco sempre più profondo fra le fragilità e le insicurezza della popolazione e la rappresentanza sindacale, fragilità ed insicurezza che in questi ultimi anni è andata crescendo e che ha avuto nella Covid-19 un detonatore.
Il popolo del “non voto”, dei “no Tav”, dei “no Vax”, tradito da Grillo e company che lo avevano intercettato, dando rappresentanza nelle piazze e nelle istituzioni, è oggi un magma in ebollizione, potenziale preda di agitatori e imbonitori. È plausibile che i sindacati tradizionalmente di sinistra colgano questa forte domanda e tentino di organizzare una risposta che sposti dalla irrazionalità alla rivendicazione il sentimento di sfiducia e di rabbia, largamente diffuso. Lo fanno con lo strumento che è loro consono (lo sciopero generale) e sul terreno a loro più familiare (l’iniquità fiscale).
Supponendo che quanto sopra ipotizzato sia anche solo parzialmente vero, vi è da chiedersi se ciò scalfisce la credibilità e l’efficacia dell’azione del governo. Non è detto che sia così. È possibile che i partiti, dinanzi all’apparire di un soggetto che si presenta con la “piazza” organizzata, trovino un convincimento più forte nella volontà di rafforzare la stabilità nella continuità. Molto dipenderà da quanto accade nei prossimi giorni e dai toni e dalle adesioni della manifestazione del 16, che assume in tal senso il ruolo di termometro della situazione politica, con traguardo 2023.
Posted on: 2021/12/13, by : admin
Se esistesse ancora una cinghia di trasmissione con i partiti di sinistra, si potrebbe ipotizzare una mossa di riposizionamento che bilanci la diaspora in corso verso il centro ed il centro destra, tesi questa che troverebbe conferma nella dissociazione dallo sciopero della CISL. Quanto sopra ha una sua ragionevolezza, ma è forse troppo semplicistico.
I sindacati un tempo leggevano e rappresentavano le pulsioni più profonde del corpo sociale che si sentiva colpito da forme di iniquità di status e retributive: questa vocazione sindacale trovava una sua efficacia nella segmentazione in classi (come non ricordare gli slogan della lotta di classe)! L’avvento della società “liquida” e la burocratizzazione del sindacato hanno creato un solco sempre più profondo fra le fragilità e le insicurezza della popolazione e la rappresentanza sindacale, fragilità ed insicurezza che in questi ultimi anni è andata crescendo e che ha avuto nella Covid-19 un detonatore.
Il popolo del “non voto”, dei “no Tav”, dei “no Vax”, tradito da Grillo e company che lo avevano intercettato, dando rappresentanza nelle piazze e nelle istituzioni, è oggi un magma in ebollizione, potenziale preda di agitatori e imbonitori. È plausibile che i sindacati tradizionalmente di sinistra colgano questa forte domanda e tentino di organizzare una risposta che sposti dalla irrazionalità alla rivendicazione il sentimento di sfiducia e di rabbia, largamente diffuso. Lo fanno con lo strumento che è loro consono (lo sciopero generale) e sul terreno a loro più familiare (l’iniquità fiscale).
Supponendo che quanto sopra ipotizzato sia anche solo parzialmente vero, vi è da chiedersi se ciò scalfisce la credibilità e l’efficacia dell’azione del governo. Non è detto che sia così. È possibile che i partiti, dinanzi all’apparire di un soggetto che si presenta con la “piazza” organizzata, trovino un convincimento più forte nella volontà di rafforzare la stabilità nella continuità. Molto dipenderà da quanto accade nei prossimi giorni e dai toni e dalle adesioni della manifestazione del 16, che assume in tal senso il ruolo di termometro della situazione politica, con traguardo 2023.
Posted on: 2021/12/13, by : admin