Indotto auto, un patrimonio su cui investire
di Pietro Terna |
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«Caro fornitore, vogliamo comunicare alla sua società, per conto di Fca Italy e di Fca Poland, che il progetto relativo alla piattaforma del segmento B di Fiat Chrysler, è stato interrotto a causa di un cambiamento tecnologico in corso. Pertanto vi chiediamo di cessare immediatamente ogni attività di ricerca, sviluppo e produzione onde evitare ulteriori costi e spese». Così si leggeva a inizio agosto sul Corriere della Sera, pagine torinesi1 (va bene pubblicare, ma… non diamo troppo rilievo; del resto, sugli altri quotidiani, nulla).
Ho atteso prima di scrivere un commento, non per la commozione dovuta alla forma tanto affettuosa, con quel “Caro” che De Amicis avrebbe certamente approvato, ma sperando di leggere autorevoli chiarimenti sulla attività di ricerca e sviluppo da cessare. Che cosa vuol dire? Che si immagina che diventi irrilevante un importante settore del Piemonte? La ricerca e lo sviluppo non sono dirette a un solo cliente, almeno in molto casi non più, ma gli oneri sono sopportabili solo se suddivisi su più canali di vendita. Quel passaggio della letterina è addirittura più pesante dell’indicazione di cessare immediatamente la produzione.
Ho scritto qui nella Porta di Vetro2 che chi è imprenditore non assume o licenzia per capriccio, ma per effetto di valutazioni molto ponderate sul conto economico. Non esiste imprenditore sano di mente che rinunci a cuor leggero a collaboratori che si sono formati facendo parte della squadra che dà forza e struttura alla sua azienda. Invece, con i fornitori? È la stessa cosa, tranne per i mercanti delle grandi superfici che – escluse le marche che sono più forti di loro – considerano la maggior parte dei fornitori come perfettamente interscambiabili e affidano le trattative, molto più sul prezzo che sulla qualità, a buyers continuamente rinnovati, affidandogli l’unico obiettivo di tagliare i costi. Invece, da chi produce beni complessi ci si aspetterebbe una strategia all’altezza del prodotto finale, richiedendo al fornitore di partecipare all’innovazione, appunto con ricerca e sviluppo, sulla base di un disegno industriale di medio e lungo termine. Si dice che Marchionne affermasse che “i fornitori guadagnano più di noi”. Quanto può spettare a chi si monta componenti, spesso già largamente assemblate, come se giocasse con il Lego usando parti già pronte? Gli spetta molto se progetta e innova, altrimenti…
L’imprenditore Aldo Ravaioli, che di forniture se ne intende, annota3 che “…il nostro indotto dovrà crescere e cambiare pelle. Per entrare nel panel dei fornitori Psa (Peugeot S.A. ndr) ci vuole almeno un anno per l’omologazione di fabbrica e dei prodotti. Quindi la nostra filiera dovrà stringere sinergie con altre aziende francesi o fare acquisizioni. Eppure in Italia, un anno fa, qualcuno aveva il coraggio di dire: chi se ne frega di andare a Lione”. L’affermazione fu di Toninelli, allora ministro dei trasporti (ndr). Alla domanda “Qualche responsabilità ce l’avrà anche Fca?” Ravaioli risponde: “Certamente. La vecchia Fiat ha impostato i rapporti con l’indotto su basi più relazionali che industriali. E questo non ha aiutato lo sviluppo”. E con questo ritorniamo alla poca o nulla attenzione dell’assemblatore verso le attività di ricerca e sviluppo dei fornitori.
Il vicepresidente dell’ANFIA, l’Associazione della filiera dell’industria automobilistica, Pierangelo Decisi, non è tenero con i produttori dell’indotto4, che accusa di immobilismo, e spiega che la piattaforma migliore per produrre le auto del gruppo Stellantis – come ci dobbiamo assuefare a chiamare il risultato della fusione Fca-Psa – è quella francese e che occorrerebbero miliardi per predisporne una nuova. Chi ha fatto vera ricerca allora? Psa lavora in simbiosi con Faurecia5, suo fornitore con oltre 120mila dipendenti, del cui capitale detiene più del 50 per cento. Lì è concentrata gran parte della capacità di ricerca, necessaria anche per poter vendere, oltre che a Psa, a Renault, Nissan, Ford, General Motors, BMW, Daimler, FCA, Toyota e Hyundai-Kia. Faurecia ha stabilimenti in tutto il mondo. È l’opposto di quando Fiat, e poi Fca, guardavano con sospetto i fornitori che lavoravano anche per la concorrenza, arrivando sino a limitare, e poi annullare, l’attività del Centro Ricerche Fiat6 per terze parti.
In Piemonte, come ricorda il vicepresidente dell’Anfia, in ogni caso ci sono eccellenze nella filiera automobilistica, che vendono a produttori diversi, soprattutto in Germania, ma il futuro per molti stava proprio nel decollare verso una propria autonoma capacità di innovazione e di proposta. È ancora possibile? La risposta sta nella politica industriale che l’Italia saprà darsi, di cui un tassello non irrilevante sta nel capire come saranno utilizzati i 6,3 miliardi che il Governo italiano ha garantito come prestito a Fca. Il Piemonte ha conosciuto quattro grandi vocazioni produttive: i mezzi di trasporto, i computer, il tessile, l’alimentare. L’ultima delle quattro procede splendidamente, con una azienda simbolo qual è Ferrero e con altri comprimari: ricordiamo per tutti Lavazza a Torino. Il tessile, con l’abbigliamento di qualità, è ora una nicchia su scala mondiale, grazie a alcuni produttori di alto o altissimo livello. Dei computer ho scritto con molta amarezza e altrettanta mestizia per la Porta di Vetro, qualche mese fa.7
Sarebbe gravissimo se si ripetessero con l’automotive gli errori commessi con la grande informatica, quando non si seppe garantire in nessun modo lo spazio per la ricerca e l’innovazione, necessari all’Olivetti, ma altrettanto all’Italia per restare in quel fondamentale settore. Certo è un compito per gli imprenditori e per le loro associazioni, con l’Unione industriale di Torino in primo piano, grazie ai programmi di innovazione che promuove o a cui partecipa, e alla sua capacità di proposta. Le iniziative sono molte e non è neanche facile costruirne la mappa complessiva8. L’azione è urgentissima dato che, allo shock di cui abbiamo scritto, si somma l’ancora più grande shock della radicale trasformazione dei veicoli, dal tipo di motorizzazione ai nuovi sistemi di guida. Ecco un ruolo anche per Università e Politecnico di Torino, tra l’altro con il corso di ingegneria dell’autoveicolo di quest’ultimo. Sono dunque tante le responsabilità distribuite tra gli enti del territorio
La Politica (con la P maiuscola, non ha caso), a tutti livelli, locale a nazionale, non può voltarsi dall’altra parte. Pur sapendo che è molto tardi, restare inerti, lo ripetiamo, sarebbe un errore paragonabile a quello di cinquant’anni fa per i computer. La Germania ha varato investimenti pubblici enormi per lo sviluppo dell’auto, in competizione con la Cina9, ma sono anche in corsa – pur in modo via via meno significativo – Stati Uniti, Giappone, Korea del Sud, Francia, India, Regno Unito, Svezia. Accanto all’elettrico, la Germania esplora anche l’uso dell’idrogeno nei trasporti10, con ricadute pratiche certamente non vicine, ma l’innovazione procede anche per balzi inattesi e seguendo canali imprevisti di diffusione. Qualcuno ricorda che una decina di anni fa a Torino era maturata una grande attenzione per l’innovazione proprio in quel campo?
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Ho atteso prima di scrivere un commento, non per la commozione dovuta alla forma tanto affettuosa, con quel “Caro” che De Amicis avrebbe certamente approvato, ma sperando di leggere autorevoli chiarimenti sulla attività di ricerca e sviluppo da cessare. Che cosa vuol dire? Che si immagina che diventi irrilevante un importante settore del Piemonte? La ricerca e lo sviluppo non sono dirette a un solo cliente, almeno in molto casi non più, ma gli oneri sono sopportabili solo se suddivisi su più canali di vendita. Quel passaggio della letterina è addirittura più pesante dell’indicazione di cessare immediatamente la produzione.
Ho scritto qui nella Porta di Vetro2 che chi è imprenditore non assume o licenzia per capriccio, ma per effetto di valutazioni molto ponderate sul conto economico. Non esiste imprenditore sano di mente che rinunci a cuor leggero a collaboratori che si sono formati facendo parte della squadra che dà forza e struttura alla sua azienda. Invece, con i fornitori? È la stessa cosa, tranne per i mercanti delle grandi superfici che – escluse le marche che sono più forti di loro – considerano la maggior parte dei fornitori come perfettamente interscambiabili e affidano le trattative, molto più sul prezzo che sulla qualità, a buyers continuamente rinnovati, affidandogli l’unico obiettivo di tagliare i costi. Invece, da chi produce beni complessi ci si aspetterebbe una strategia all’altezza del prodotto finale, richiedendo al fornitore di partecipare all’innovazione, appunto con ricerca e sviluppo, sulla base di un disegno industriale di medio e lungo termine. Si dice che Marchionne affermasse che “i fornitori guadagnano più di noi”. Quanto può spettare a chi si monta componenti, spesso già largamente assemblate, come se giocasse con il Lego usando parti già pronte? Gli spetta molto se progetta e innova, altrimenti…
L’imprenditore Aldo Ravaioli, che di forniture se ne intende, annota3 che “…il nostro indotto dovrà crescere e cambiare pelle. Per entrare nel panel dei fornitori Psa (Peugeot S.A. ndr) ci vuole almeno un anno per l’omologazione di fabbrica e dei prodotti. Quindi la nostra filiera dovrà stringere sinergie con altre aziende francesi o fare acquisizioni. Eppure in Italia, un anno fa, qualcuno aveva il coraggio di dire: chi se ne frega di andare a Lione”. L’affermazione fu di Toninelli, allora ministro dei trasporti (ndr). Alla domanda “Qualche responsabilità ce l’avrà anche Fca?” Ravaioli risponde: “Certamente. La vecchia Fiat ha impostato i rapporti con l’indotto su basi più relazionali che industriali. E questo non ha aiutato lo sviluppo”. E con questo ritorniamo alla poca o nulla attenzione dell’assemblatore verso le attività di ricerca e sviluppo dei fornitori.
Il vicepresidente dell’ANFIA, l’Associazione della filiera dell’industria automobilistica, Pierangelo Decisi, non è tenero con i produttori dell’indotto4, che accusa di immobilismo, e spiega che la piattaforma migliore per produrre le auto del gruppo Stellantis – come ci dobbiamo assuefare a chiamare il risultato della fusione Fca-Psa – è quella francese e che occorrerebbero miliardi per predisporne una nuova. Chi ha fatto vera ricerca allora? Psa lavora in simbiosi con Faurecia5, suo fornitore con oltre 120mila dipendenti, del cui capitale detiene più del 50 per cento. Lì è concentrata gran parte della capacità di ricerca, necessaria anche per poter vendere, oltre che a Psa, a Renault, Nissan, Ford, General Motors, BMW, Daimler, FCA, Toyota e Hyundai-Kia. Faurecia ha stabilimenti in tutto il mondo. È l’opposto di quando Fiat, e poi Fca, guardavano con sospetto i fornitori che lavoravano anche per la concorrenza, arrivando sino a limitare, e poi annullare, l’attività del Centro Ricerche Fiat6 per terze parti.
In Piemonte, come ricorda il vicepresidente dell’Anfia, in ogni caso ci sono eccellenze nella filiera automobilistica, che vendono a produttori diversi, soprattutto in Germania, ma il futuro per molti stava proprio nel decollare verso una propria autonoma capacità di innovazione e di proposta. È ancora possibile? La risposta sta nella politica industriale che l’Italia saprà darsi, di cui un tassello non irrilevante sta nel capire come saranno utilizzati i 6,3 miliardi che il Governo italiano ha garantito come prestito a Fca. Il Piemonte ha conosciuto quattro grandi vocazioni produttive: i mezzi di trasporto, i computer, il tessile, l’alimentare. L’ultima delle quattro procede splendidamente, con una azienda simbolo qual è Ferrero e con altri comprimari: ricordiamo per tutti Lavazza a Torino. Il tessile, con l’abbigliamento di qualità, è ora una nicchia su scala mondiale, grazie a alcuni produttori di alto o altissimo livello. Dei computer ho scritto con molta amarezza e altrettanta mestizia per la Porta di Vetro, qualche mese fa.7
Sarebbe gravissimo se si ripetessero con l’automotive gli errori commessi con la grande informatica, quando non si seppe garantire in nessun modo lo spazio per la ricerca e l’innovazione, necessari all’Olivetti, ma altrettanto all’Italia per restare in quel fondamentale settore. Certo è un compito per gli imprenditori e per le loro associazioni, con l’Unione industriale di Torino in primo piano, grazie ai programmi di innovazione che promuove o a cui partecipa, e alla sua capacità di proposta. Le iniziative sono molte e non è neanche facile costruirne la mappa complessiva8. L’azione è urgentissima dato che, allo shock di cui abbiamo scritto, si somma l’ancora più grande shock della radicale trasformazione dei veicoli, dal tipo di motorizzazione ai nuovi sistemi di guida. Ecco un ruolo anche per Università e Politecnico di Torino, tra l’altro con il corso di ingegneria dell’autoveicolo di quest’ultimo. Sono dunque tante le responsabilità distribuite tra gli enti del territorio
La Politica (con la P maiuscola, non ha caso), a tutti livelli, locale a nazionale, non può voltarsi dall’altra parte. Pur sapendo che è molto tardi, restare inerti, lo ripetiamo, sarebbe un errore paragonabile a quello di cinquant’anni fa per i computer. La Germania ha varato investimenti pubblici enormi per lo sviluppo dell’auto, in competizione con la Cina9, ma sono anche in corsa – pur in modo via via meno significativo – Stati Uniti, Giappone, Korea del Sud, Francia, India, Regno Unito, Svezia. Accanto all’elettrico, la Germania esplora anche l’uso dell’idrogeno nei trasporti10, con ricadute pratiche certamente non vicine, ma l’innovazione procede anche per balzi inattesi e seguendo canali imprevisti di diffusione. Qualcuno ricorda che una decina di anni fa a Torino era maturata una grande attenzione per l’innovazione proprio in quel campo?
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1https://torino.corriere.it/economia/20_agosto_02/indotto-auto-allarme-tutte-city-car-fiat-saranno-targate-psa-6e8e97c2-d4ec-11ea-85eb-cddcd933cbd3.shtml.
2 https://www.laportadivetro.org/stati-generali-delleconomia-a-villa-doria-pamphilj-storie-di-iva-di-cuneo-fiscale-e-di-scelte-strategiche/.
3https://torino.corriere.it/economia/20_agosto_13/fca-psa-ravaioli-per-entrare-club-fornitori-peugeot-ci-vuole-almeno-anno-b7d16626-dccb-11ea-9cbc-08f1a1a448d5.shtml.
4https://torino.corriere.it/digital-edition/CORRIEREFC_TORINO_WEB/2020/08/09/5/pfca-psa-dobbiamo-crescere-per-agganciare-la-rivoluzione-dellautop_U32001483704342k6H.shtml.
5 https://www.faurecia.com/en/group.
6https://www.crf.it/IT/azienda#sede.
7 http://www.laportadivetro.org/la-grande-informatica-in-italia/.
8Manufacturing Tecnology Competence Center, Digital Innovation Hub Piemonte, Torino City Lab, Network dell’Innovazione 4.0, ICxT Centro Interdipartimentale di innovazione dell’Università di Torino, Competence Center Piemontese sull’Advanced Manufacturing (poi CIM, Competence Industry Manufacturing 4.0) e certo ho dimenticato qualche riferimento.
9https://www.qualenergia.it/articoli/chi-investe-di-piu-nellauto-elettrica-germania-e-cina-davanti-a-tutti/.
10 https://www.quattroruote.it/news/industria-finanza/2020/06/11/germania_governo_stanzia_9_miliardi_di_euro_su_idrogeno_verde.html.
Posted on: 2020/08/30, by : admin
2 https://www.laportadivetro.org/stati-generali-delleconomia-a-villa-doria-pamphilj-storie-di-iva-di-cuneo-fiscale-e-di-scelte-strategiche/.
3https://torino.corriere.it/economia/20_agosto_13/fca-psa-ravaioli-per-entrare-club-fornitori-peugeot-ci-vuole-almeno-anno-b7d16626-dccb-11ea-9cbc-08f1a1a448d5.shtml.
4https://torino.corriere.it/digital-edition/CORRIEREFC_TORINO_WEB/2020/08/09/5/pfca-psa-dobbiamo-crescere-per-agganciare-la-rivoluzione-dellautop_U32001483704342k6H.shtml.
5 https://www.faurecia.com/en/group.
6https://www.crf.it/IT/azienda#sede.
7 http://www.laportadivetro.org/la-grande-informatica-in-italia/.
8Manufacturing Tecnology Competence Center, Digital Innovation Hub Piemonte, Torino City Lab, Network dell’Innovazione 4.0, ICxT Centro Interdipartimentale di innovazione dell’Università di Torino, Competence Center Piemontese sull’Advanced Manufacturing (poi CIM, Competence Industry Manufacturing 4.0) e certo ho dimenticato qualche riferimento.
9https://www.qualenergia.it/articoli/chi-investe-di-piu-nellauto-elettrica-germania-e-cina-davanti-a-tutti/.
10 https://www.quattroruote.it/news/industria-finanza/2020/06/11/germania_governo_stanzia_9_miliardi_di_euro_su_idrogeno_verde.html.
Posted on: 2020/08/30, by : admin