50 anni fa la condanna definitiva della grande informatica in Italia

di Pietro Terna |

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Nella prima pagina de Il Sole 24 Ore di 50 anni fa, il 15 marzo 1970, compariva l’articolo1 “Le dimensioni dell’industria elettronica – Particolari sul documento elaborato dal CIPE”. Si leggeva che il CIPE2 aveva stabilito che “Nel campo dei grandi calcolatori (…) si ritiene piuttosto alto il rischio di iniziative nazionali”. Fu la pietra tombale su ogni speranza e di ogni finanziamento per la grande informatica in Italia, o grande elettronica come allora si diceva; ammesso che di speranze ancora ce ne fossero. Certo persone di grande valore, e molto competenti nel campo, non mancavano, come vedremo da alcuni risultati dell’inizio degli anni ’80, ma comunque quello del 1970 fu uno stop.

Alcune date: nel febbraio 1960 morì improvvisamente Adriano Olivetti, il capitano di industria e visionario, sotto la cui guida la Olivetti stava cambiando pelle, cercando di diventare un’azienda di punta nell’elettronica. L’elaboratore Elea nacque nella seconda metà degli anni ’50. Citando Wikipedia3: “Elea è il nome di una serie di calcolatori mainframe sviluppati dall’Olivetti nella seconda metà degli anni cinquanta, la cui terza generazione, denominata Elea 9003, realizzato con transistor ad altissime prestazioni, è stato il primo computer della storia interamente realizzato con componenti a stato solido. Fu concepito, progettato e sviluppato da un piccolo gruppo di giovani ricercatori guidati da Mario Tchou”. La IBM arrivò seconda al traguardo della macchina a transistor.

Mario Tchou, di origine cinese, italiano e nato a Roma, era alla guida del progetto, in collaborazione con l’Università di Pisa. Morì molto giovane, per un incidente d’auto, nel 1961. A proposito delle due morti esistono varie congetture romanzesche, ma chi scrive le considera prive di fondamento. La realtà, durissima, fu che l’Olivetti si trovò senza guida, e che guida, in un momento di grande trasformazione.

Invito a leggere il bel libro di Luciano Gallino, La scomparsa dell’Italia industriale, Einaudi, 2003, di cui riporto online4 quanto a p.19 e 20: nel 1964 fu deciso di estirpare il “neo dell’elettronica” dall’Olivetti, condannandoci a essere una economia di serie B e riducendo la diversificazione produttiva del Piemonte. L’accordo con General Electric per creare la OGE (Olivetti GE), cui conferire le competenze elettroniche, era di fatto una smobilitazione e fu anche una scelta sfortunata. GE avrebbe poi ceduto i grandi calcolatori a Honeywell, fondando in parallelo GE Bull che diventò anch’essa Honeywell Bull e infine NEC.

Una storia di orrori.

Però nel 1983, quando la Olivetti era di Carlo De Benedetti, l’azienda compì il prodigio di produrre l’M24 che migliorava il Personal Computer IBM, quindi le competenze era almeno in parte rimaste. La grande occasione dell’M24, di cui furono prodotti un milione di esemplari, non fu consolidata. Vig blue, come IBM è chiamata, accelerò sul mercato dei personal e senza un retroterra scientifico e tecnico solido come quello degli anni ’60, la gara era impari. Prima di rinunciare però l’impegno fu ancora notevole, ad esempio nel 1992 usci il Quaderno5, anticipando ancora una volta le scelte degli altri produttori nel campo dei piccoli portatili.

Una nota personale per concludere.

Nell’anno scolastico 1962-63, la scuola di ragioneria che frequentavo ci porto a visitare l’Istituto San Paolo. Il primo frutto della visita fu piuttosto negativo, perché un personaggio dal tono da casa di correzione ci mostrò i grandi saloni con le scrivanie degli impiegati e ci spiegò che, con le telecamere installate, era possibile leggere quello che ogni impiegato stava scrivendo. Pensai: “non lavorerò mai qui”. Però la visita prosegui con la presentazione del centro elettronico, dove c’era un Elea. Capii poco, ma mi dissi che avrei imparato a far funzionare “quelle cose lì”. Al secondo anno di università a Economia e Commercio, nel 1965-66, potei sbirciare nell’Istituto di statistica una Olivetti Programma 101 fresca fresca, usata per le regressioni multiple, e confermai il mio proposito. La Programma 10, che anticipava i personal che sarebbero apparsi qualche anno dopo, era opera dell’ing. Pier Giorgio Perotto, all’interno dell’Olivetti ancora erede della grande era.

Per i curiosi: sì, ci sono riuscito a imparare a far funzionare “quelle cose lì”, soprattutto per le mie ricerche di tipo economico. Ogni periodo storico genera icone ed esempi da seguire e, come contrappeso, opportunisti pronti a far scempi senza ritegno. Abbiamo quanto mai bisogno di sapere che ci sono eroi come i medici e gli infermieri che non si risparmiano oltre ogni misura per garantire continuità del servizio sanitario e un’infinità di volontari e persone di buona volontà che alleviano i sacrifici che la situazione impone, continuando a fare il loro dovere.



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