La Malattia di Alzheimer… per non spegnere i riflettori

di Emanuele Davide Ruffino
e Fausto Fantò|

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Il 18 marzo si è svolto un webinar sulle demenze senili e malattie mentali organizzato dal reparto geriatrico dell’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino). A consuntivo vi ritorniamo con un articolo di Emanuele Davide e Ruffino e dell’organizzatore del Convegno, il direttore scientifico dell’Ospedale, Fausto Fantò.

Le cifre sono impressionanti, di dominio pubblico, eppure, inspiegabilmente, è come se cadessero nell’oblio. Nel mondo sono oltre 50 milioni i soggetti che soffrono di demenza e si prevede che nel 2050 saranno oltre 130 milioni i soggetti che ne saranno affetti (un nuovo caso ogni 3,2 secondi). In Italia 600 mila sono i pazienti affetti da demenza di Alzheimer e, in Piemonte, sono circa 50 mila. L’Alzheimer costituisce una delle malattie maggiormente disabilitante ed invalidante nell’anziano, con un forte impatto sia dal punto di vista umano che sociale, oltre che significativi costi per la collettività e, ancor più, in capo alle famiglie.


La demenza di Alzheimer è caratterizzata da un declino cognitivo progressivo che si sviluppa lentamente, ma inesorabilmente, lungo tutto il corso della malattia, per concludersi con la perdita totale dell’autonomia funzionale e all’impossibilità di mantenere rapporti congrui con l’ambiente circostante (situazione rese ancora più incresciose, se si riducono ulteriormente le possibilità di movimento e dei rapporti sociali). I farmaci specifici per l’Alzheimer attualmente disponibili e prescrivibili attraverso il SSN dai Centri per i Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD), risalgono alla metà dell’ultimo decennio del secolo scorso e trattasi di farmaci “sintomatici” che non modificano il naturale decorso della malattia.

Considerato cosa sta succedendo nella nostra società, la domanda si presterebbe ad una serie di battute ed interpretazioni. All’opposto, il problema esiste, in quanto la demenza coinvolge una percentuale elevata della popolazione anziana che, in questo momento sembra sparita nel nulla. Forte sono stati i dubbi e le perplessità di svolgere un convegno sulla malattia di Alzheimer in un momento in cui tutte le nostre attenzioni e forze sono indirizzate a fronteggiare gli effetti della pandemia, ma dopo qualche momento di perplessità si è deciso che era il caso di riprendere a parlare ed affrontare altre patologie e i problemi di chi come i malati di Alzheimer sono tra i più colpiti anche in termine di mortalità ed abbandono. “…per non spegnere i riflettori” è il titolo che si voluto dare al convegno organizzato, ovviamente in modalità a distanza affinché l’attenzione prestata al coronavirus non faccia cadere nel dimenticatoio le altre patologie ed in particolare i malati dementi. Anzi gli effetti della pandemia presentano un impatto sulla gestione dei pazienti cronici di difficile interpretazione e solo un approccio multidisciplinare può definirne contorni e soluzioni.

Clinici delle diverse discipline geriatri, neurologi, fisiatri, medici di medicina generale, oltre ad altri professionisti coinvolti a vario livello nell’assistenza ai malati dementi, come psicologi, sociologi, infermieri, assistenti sociali, economisti, possono offrire un loro contributo per capire l’evolversi della patologia e gli strumenti più efficaci per migliorare la cura e l’assistenza a questi pazienti. Non ci sono scoperte ad effetto o statistiche mirabolanti da far cambiare il trend, ma il fenomeno diventa sempre più pressante e drammatico i cui effetti non possono essere trascurati.
Tutti i relatori al convegno hanno sottolineato come la cura dei pazienti affetti da demenza sono tra i più penalizzati per gli effetti del Lockdown. Il rinunciare alle proprie abitudini, il non più vedere le persone cui erano abituate, la segregazione forzata in casa e gli altri obblighi cui devono sottostare, penalizza tutti, ma impatta in misura maggiore sui pazienti affetti da Alzheimer e sui loro caregiver. Già in periodo normali la cura di un paziente con deficit cognitivi comporta problemi di adattamento e di sopportazione: oggi con le restrizioni gialle, rosse e arancioni la situazione si è pericolosamente aggravata.

Si registra inoltre una sistematica difficoltà del sistema a definire norme che tutelino i soggetti fragili, ma prima ancora che decifrino i bisogni. Se lo studio di una patologia parte dall’identificare i sintomi e capirne le condizioni in cui si sviluppa, nel caso delle demenze ciò diventa cruciale nell’affrontare i problemi connessi. Anche prima dello scoppio della pandemia, si era già assistito ad un rallentamento dell’interesse e dell’entusiasmo che avevano suscitato gli studi sui vaccini e sugli anticorpi specifici contro l’amiloide (sostanza che tende ad accumularsi in maniera patologica nel cervello dei soggetti affetti da malattia di Alzheimer). Una “rinuncia” non solo da parte delle Aziende Multinazionali. In particolare, si ricorderà la decisione di Pfizer d’interrompere gli studi e la ricerca su nuovi farmaci di qualche anno fa, non intravedendo la possibilità di sviluppi in questo settore). Purtroppo, in questo quadro, si è affievolita la spinta anche dell’opinione pubblica, delle società scientifiche e delle stesse associazioni di familiari. Così il rischio di cadere in una forma di apatia clinica e sociale è dietro l’angolo.

Si è quindi posto con forza la necessità di riprendere tutte le iniziative per riportare l’attenzione su questa patologia e su questi malati di cui si parla quasi di nascosto, che sembrano finiti in un autentico cono d’ombra. In questa ottica e con questa finalità che si è decisi di svolgere il nostro convegno, anche se solo on line. La modalità a distanza ci ha permesso di scambiare e condividere le esperienze di questo ultimo anno con i colleghi delle diverse regioni italiane e le diversità nelle varie realtà della nostra penisola. La demenza rischia di diventare sinonimo di depressione, povertà, emarginazione ed è l’anticamera del realizzarsi di co-patologie che, nella fattispecie si sviluppano in forme gravi e in molti casi mortali (anche se è difficile valutare, in quanto i soggetti appartengono a coorti molto differenziate, comprendenti pressoché tutte le categorie sociali e molte fasce di età). La soluzione miracolosa non c’è. Però… con il lavoro e l’impegno della società nel suo complesso si può alleviare le sofferenze di un problema che è sempre in agguato tra di noi.




Posted on: 2021/03/25, by :