La Medicina Possibile
Parlare oggi di ” medicina impossibile” è quasi un atto di sfida a fronte di una cultura, presente nel’ opinione pubblica, che non accetta limiti nel progresso scientifico, non accetta rinunce rispetto ad un desiderio di benessere, ha cancellato il concetto di morte.
Un’iniziativa in tal senso ha avuto luogo aTorino nei giorni scorsi, su proposta del centro cattolico di bioetica della curia di Torino, unitamente all’ordine dei medici, ed ha rappresentato un’occasione stimolante per ragionare sui percorsi della medicina odierna, sul rapporto medico-paziente e sulle conseguenze etiche della ricerca scientifica.
Il sottotitolo del convegno, “sanità tra utopia e realtà “, delinea i contorni del dibattito e gli stilemi della discussione, cui hanno fatto riscontro nei giorni antecedenti il convegno stesso due notizie uscite in contemporanea: da la comunicazione del raggiungimento di un nuovo traguardo per la ricerca scientifica nella lotta alla SLA, dall’altro la constatazione, evidenziata da freddi numeri, che negli ultimi tre anni si sono persi, nel nostro paese, circa 9000 posti letto come conseguenza di programmi di ristrutturazione e razionalizzazione della rete ospedaliera. Esempi che, uniti dalla casualità temporale, sono in grado di far comprendere i diversi, contrastanti stimoli a cui è sottoposto oggi il sistema sanitario.
Innegabile che la Città della salute e della scienza di Torino rappresenta un osservatorio incomparabile sul futuro della sanità pubblica, e ciò in considerazione delle professionalità presenti all’interno, delle patologie affrontate e della connessa ricerca, della complessità e l’articolazione dei presidi, delle difficoltà organizzative e strutturali. In sostanza un laboratorio scientifico ed organizzativo di rilievo internazionale. Per tali ragioni, l’esperienza porta ad alcune riflessioni che trasformiamo in sintetiche domande, che presuppongono sintetiche risposte: medicina impossibile, se considerata in una versione positiva, lascia immaginare una sanità “no limits”, spinta in maniera esasperata dalla ricerca verso una risposta certa e definitiva per tutte le patologie, per tutti i malanni, per quelle situazioni che possano anche solo incrinare l’obiettivo del benessere.
In questo quadro chiediamoci:
- in una medicina del futuro quanto conterà, se conterà, il fattore umano? A nostro parere il fattore umano sarà sempre centrale nel rapporto medico-paziente, anzi sempre più sarà necessario un ruolo attivo, di sostegno e di condivisione della cura, da parte dell’operatore sanitario. Centralità della persona quindi non solo come paziente ma anche come operatore.
- Come inciderà sulla trasformazione del sistema sanitario la crisi economica? Daniel Callahan, filosofo americano e premio Pulitzer, nel suo libro, proprio intitolato “la medicina impossibile “, sosteneva nel 1998:”la medicina moderna ha costi così elevati da apparire difficilmente sostenibili. Sta diventando troppo cara per poter durare”. La pressione finanziaria cui sono sottoposti i sistemi di welfare del mondo occidentale dimostra in tutta la sua forza la verità di questa affermazione, con la drammaticità di una contrapposizione tra costi e bisogni del cittadino: oggi non a caso si parla di universalismo selettivo quale principio di prospettiva della nostra sanità, intendendosi con selettività non la giusta strada della appropriatezza ma la possibilità che non a tutti possa essere garantita la pienezza della tutela sanitaria. Si ha oggi la consapevolezza che la non sostenibilità del sistema sanitario certamente pregiudicherebbe la complessità sostenibilità del sistema politico e sociale del paese e che non sarebbe solo la sanità ad essere messa in discussione ma tutta l’articolazione sociale?
- Quali sono ruolo e confini della ricerca biomedica? Come è possibile affrontare la crescente spesa farmaceutica, seguendo il modello inglese basato sul rapporto(qualy) tra costi della singolo ciclo terapeutico e periodo di sopravvivenza del paziente, oppure continuare a garantire , come fa il nostro sistema, la più completa risposta ai bisogni del paziente? Emblematica è la situazione determinata dal nuovo farmaco per la epatite C. Di certo la questione non si riduce ad una contrapposizione teorica tra i differenti ambiti del sapere, la scienza medica ed il diritto, ma coinvolge il complesso sistema sociale di tutela della salute. Nuovi farmaci innovativi che hanno rivoluzionato da un punto di vista teorico l’approccio medico ad alcune patologie, basti pensare alla già citata epatite C o al melanoma, rendono inevitabile una riflessione e conseguenti scelte collegate alla sostenibilità reale delle cure. Non a caso la “colpa professionale medica” è tra le “grandi questioni della modernità” come simbolo di un’evoluzione del sapere scientifico che ridisegna continuamente i confini dell’attività.
- Il crescente fenomeno anche in Italia della medicina difensiva, che consiste proprio nella pratica di misure terapeutiche condotte principalmente, oltre che per assicurare la salute del paziente, anche come garanzia delle responsabilità medico legali seguenti alle cure mediche prestate, si sta manifestando in particolare nell’ambito farmaceutico: la possibilità di prescrivere e di impiegare farmaci off label (fuori dall’indicazione di registrazione), anche in presenza di un farmaco autorizzato ed in commercio per quelle indicazioni terapeutiche è disciplinata ancora dalla Legge Di Bella (D.L. n. 23/1998 convertito in L. n. 94/1998) che necessita quindi di un aggiornamento che tenga conto di tutti questi aspetti venendo incontro alle esigenze dei professionisti della sanità ma soprattutto dei pazienti. Facciamo alcuni esempi:
- noto a tutti perchè portato all’attenzione del grande pubblico è stato lo scandalo del caso “Lucentis / avastin”: quest’ultimo, prescritto anche per un uso diverso da quello per cui è stato creato, viene definito off label perchè nel foglietto illustrativo di Avastin, non viene menzionato l’uso per il trattamento della maculopatia.
- il trattamento dell’anemia da ribavirina come previsto dalla L. 94/648: oggi l’evoluzione della medicina ha apportato una grande rivoluzione nel trattamento dell’epatite C con nuove molecole che si associano alla “vecchia” ribavirina. Nel caso del trattamento di anemia, come effetto da ribavirina, si crea da un punto di vista normativo un “controsenso”, poichè il medico nell’attenersi alla prescrizione secondo indicazione risulta uscire dall’appropriatezza prescrittiva poiché le nuove molecole non sono previste nell’associazione con la ribavirina da una legge ormai datata.
- La “terapia ponte” o “bridging therapy”: terapia anticoagulante pre intervento chirurgico (warfarin vs eparine a basso peso molecolare) consolidata nella pratica clinica è supportata da evidenze scientifiche che però non trovano riscontro nella normativa vigente, che non è al passo con l’innovazione continua è sempre più aggressiva. Quindi nell’ambito della farmaceutica, se in passato la tutela della salute del paziente era fondata sulle indicazioni di registrazione del farmaci con le relative autorizzazioni all’immissione in commercio oggi invece tale procedura non riesce più a stare al passo con la continua innovazione delle evidenze scientifiche: c’è ormai una crescente discrasia, come squilibrio tra la normativa corrente e la reale pratica clinica.
- Quali sono i limiti che si possono o devono porre nel ricorso alle cure da parte del paziente, soprattutto nei casi indotti da facili illusioni derivanti da una medicina impossibile o meglio improbabile?. Spesso comunicazioni ed apparenze diventano il contrario dell’etica nella facile illusioni che alla scienza medica tutto sia possibile.
Questi alcuni degli aspetti che portano a riflettere sulle prospettive della medicina, sull’evoluzione della ricerca, su una medicina intesa come impossibile nel senso di aspirazione utopica e disordinata del benessere generale.
Esiste però una medicina, che definisco impossibile, in quanto è la medicina che non voglio, la medicina da evitare, la medicina non ideale ma quotidianamente offesa, che non deve trovare spazio in una società che si presume avanzata.
È la medicina, seppur avanzata e moderna, dove manca il senso di responsabilità dei professionisti verso il paziente e dei cittadini verso le istituzioni, viene negato il diritto del singolo al rispetto ed alla dignità, non esiste equilibrio tra diritti e doveri, cade l’oblio sulla centralità del fattore umano.
E qui ritorna la necessità di un respiro etico nell’azione delle istituzioni e dei singoli, in un nuovo, moderno rapporto tra etica, come elemento connaturato all’uomo, e la responsabilità che nasce dal vivere in un contesto sociale.
Il filosofo tedesco Hans Jonas, nel testo ” il principio responsabilità “, aggiorna, alla nuova e moderna realtà, lanciata verso nuovi obiettivi di scienza biomedica, il concetto di responsabilità: a fronte del Prometeo scatenato della tecnologia che sta minacciando la sopravvivenza del globo è assolutamente indispensabile procedere alla definizione di una nuova etica della responsabilità, diversa dal passato; perché il mondo odierno non è solo antropocentrico, occorre considerare il mondo extra umano, l’ambiente, e soprattutto le generazioni future.
Un’etica per la civiltà tecnologica deve farsi carico delle conseguenze concrete degli atti e deve portare a che ogni uomo così ragioni: “includi nella tua scelta attuale l’integrità futura dell’uomo come oggetto della tua volontà “. Se questo concetto viene trasferito nell’ambito sanitario, la ricerca del benessere non potrà più essere un obiettivo egoistico ed esclusivo, ma dovra’ puntare ad una crescita equilibrata, garantita per la generalità della compagine sociale.
Credo che in questo modo avremo una sanità “possibile”.
Posted on: 2015/07/03, by : admin