La pandemia detta nuove regole: inflazione e burocrazia al minimo

di Emanuele Davide Ruffino|

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La persistenza della Covid-19 impone di uscire dalla logica dei provvedimenti emergenziali per impostare soluzioni strutturali di lungo periodo. Un campanello di allarme è dato dalle cause che hanno provocato una repentina crescita dell’inflazione, compresa la sottovalutazione di chi si affrettò a dire che si trattava di un fenomeno passeggero (sempre diffidare di chi crede di conoscere il futuro). Rassegnati a dover convivere con un virus ormai endemico, che continuerà a condizionare la vita, i commerci e l’economia, occorre ridefinire non solo alcune regole, ma l’approccio stesso al problema.

I suggerimenti della WTO

A rallentare la ripresa è, secondo l’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization, WTO), l’eccesso di burocrazia che caratterizza la possibilità di sviluppare gli scambi internazionali in un momento dove gli intoppi generati dalla pandemia rallentano la disponibilità di alcune materie (dai microchips ai ponteggi dell’edilizia). Emblematiche sono le immagini delle file di navi cargo che stazionano nelle rade di porti in attesa di scaricare.

L’organizzazione internazionale nella sua attività di supervisione sugli accordi commerciali tra i 164 stati membri, che rappresentano oltre il 97% del commercio mondiale di beni e servizi, ha più volte richiamato l’attenzione sui rallentamenti causati da un eccesso di regolamentazione che in periodo pandemico risultano ancora più insopportabili. Per porre rimedio le superpotenze Unione Europea, Cina, Russia, Stati Uniti e altri 63 paesi nel mese di dicembre hanno concluso a Bruxelles un accordo per ridurre la burocrazia negli scambi di servizi.

L’auspicio perseguito è quello di ridurre gli ostacoli procedurali negli scambi, in particolare per le PMI (Piccole e Medie Imprese) quelle più esposte alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Si tratta di un primo accordo siglato in ambito WTO che può fare da apripista ad altri accordi simili ed infondere una cultura efficientista che, almeno in periodo pandemico, permetta una maggiore manovrabilità dei soggetti economici.

Gli interventi delle Banche centrali

Per fronteggiare i danni provocati dalla pandemia, pressoché tutte le banche centrali hanno provveduto a mettere in circolazione grandi quantità di moneta e a tenere molto bassi (addirittura negativi) i tassi di interesse:

Banca Centrale Europea (ECB) 0,00%
Federal Reserve (FED) 0,00%-0,25%
Banca d’Inghilterra (BOE) 0,10%
Banca Nazionale Svizzera (SNB) -0,75%
Reserve Bank of Australia (RBA) 0,10%
Banca del Canada (BOC) 0,25%
Reserve Bank of New Zealand (RBNZ) 0,75%
Banca del Giappone (BOJ) -0,10%
Banca Centrale della Federazione Russa (CBR) 7,50%
Reserve Bank of India (RBI) 4,00%
Banca Popolare Cinese (PBOC) 3,85%
Banca Centrale del Brasile (BCB) 7,75%
Una curva gaussiana con agli estremi Russia (+7,50) e Svizzera (-0,75): valori che vanno confrontati con le oscillazioni, sempre più marcate dei tassi di cambio.

Liquidità in eccesso e aumento dei prezzi

Sicuramente il provvedimento ha aiutato le economie a sopravvivere, ma ogni cosa ha il suo prezzo e oggi la gran massa di moneta immessa sul mercato (al punto da far retrocedere le capacità imprenditoriali di fronte all’attitudine di recuperare sovvenzioni) rischia di generare ventate inflazionistiche difficilmente controllabili (come già anticipato in “E se dovesse tornare l’incubo inflazione?” del 19.06.2021). La tempesta perfetta: tanta liquidità, poche merci disponibili e crescita della domanda conseguenza della ripresa. Inevitabile la risalita dei prezzi.

L’attenzione politica, sempre alle prese con le scadenze elettorali e sensibile agli umori popolari si concentra su quelle tariffe che impattano direttamente sulle possibilità di spesa di un normale cittadino (elettricità e riscaldamento), ma altre incognite sono in agguato: le tariffe pubbliche sono rimaste invariate durante la pandemia, ma alcuni costi sono cresciuti a dismisura. Il mantenimento delle distanze e gli obblighi di prevenzione hanno aumentato l’impegno di risorse per produrre la stessa quantità di beni e servizi (in primis in sanità, dove le attenzioni e il materiale monouso sarebbero, da sole sufficienti a rivedere le tariffe applicate).

Alla ripresa delle attività tutto costerà leggermente di più: di qui l’importanza delle iniziative dello WTO e la necessità di esaminare i possibili miglioramenti di produttività che si possono realizzare, come quello offerto dall’applicazione razionale dello smart work che ha dimostrato ampie possibilità di sviluppo in più settori. Un discorso quanto mai interessante per Paesi come l’Italia, tradizionalmente con un bassissimo livello di produttività.

L’insegnamento pragmatico che offrono gli andamenti economici rilevano come non sia sufficiente distribuire soldi a pioggia (helicopter money) o nascondere il costo reale dei beni di consumo o delle prestazioni offerte dal pubblico: tutte misure utili per superare i momenti di emergenza ma, proprio perché di natura straordinaria, non offrono una prospettiva di lungo periodo, come invece possono offrire i provvedimenti offerti dal WTO volti a razionalizzare e a rendere più funzionali i mercati.

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