La ricerca della Pace impone il rispetto degli avversari
di Vice|
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Nella trasmissione “Controcorrente“ su Rete4 di ieri, 8 giugno, il generale della riserva Paolo Capitini (l’esperto militare ospite permanente della conduttrice Veronica Gentili) ha provato a rimettere sui giusti binari il confronto bellico che oppone lo stoico esercito ucraino all’invasore russo. L’alto ufficiale, infatti, è stato esplicito nell’affermare che il racconto della guerra tende ad accreditare un esercito russo mal equipaggiato, ignorante, senza logistica. “Non è così”, ha concluso senza mezzi termini il generale.
Un’affermazione che dà l’impressione di integrarsi perfettamente con quanto sostiene dall’inizio dello scontro sul campo il generale dell’aeronautica militare della riserva Vincenzo Camporini, fino al 2011 consulente dell’allora ministro degli Esteri Franco Frattini. Camporini è un solido sostenitore del principio di non alterare i confini stabiliti dopo la Seconda guerra mondiale, per evitare di aprire un vaso di Pandora dagli effetti incontrollabili. Primo tra tutti, la convinzione di risolvere con la forza le diatribe internazionali. E ancora di recente ha aggiunto che la strada perseguita dall’Occidente, di convincere Putin che la sua “operazione speciale” è senza via d’uscita, è quella giusta.
In sostanza, le due posizioni unite suggeriscono all’Occidente e in particolare all’Europa di favorire i negoziati per la Pace e non sottovalutare la forza militare di Mosca che è e rimane una quella di una superpotenza, contrariamente alla “narrazione” dominante di esercito in declino, che improvvisati strateghi hanno fin qui divulgato in un vortice di informazione e controinformazione a 360 gradi, mentre la guerra continua a distruggere la vita di milioni di persone e a mietere vittime.
Sottovalutare gli avversari è pericoloso, sempre e comunque. Ma provare poi a ridicolizzarli è autolesionismo demenziale, che ci allontana dall’approccio serio che richiede la questione. Settimane fa, per esempio, è stato affermato che nei mezzi corazzati distrutti dagli ucraini, i componenti elettromeccanici sono simili a quello della lavatrice di casa. L’immediato commento, propagandato con grande enfasi, è stato che i russi erano “alla frutta” nella manutenzione dei sistemi di armamento.
Per la verità, il commento non ha avuto che è lo spazio di un mattino, immediatamente oscurato dal saggio intervento sommesso (molto sommesso, s’immagina…) degli esperti (quelli veri) che avranno ricordato in maniera sommessa due elementi fondamentali della scienza militare: 1) la conoscenza di sistemi di armamento moderni non si improvvisa e occorrono anni di studi per seguire la continua evoluzione degli stessi, in ambito terrestre, navale e aeronautico; 2) quando si parla di attrezzature, è bene considerare che devono poter funzionare sempre in condizioni limite quali quelli dei vari teatri operativi. Non a caso Browning, uno dei più insigni geni armieri amava ripetere che “una cosa che non c’è non si può rompere” con chiara allusione al rendere il più possibile semplice il disegno progettuale per non subire improvvise rotture, perdite accidentali di parti o malfunzionamenti.
Se prendiamo per esempio l’arma per eccellenza del combattente, il fucile d’assalto, vediamo come l’Occidente ha scelto dalla fine della Seconda guerra mondiale numerosi progetti di calibri diversi con il risultato che se oggi un soldato italiano e un inglese dovessero sostituire l’otturatore cambiandolo con le relative armi lunghe in dotazione, sarebbe loro impossibile. Tra l’altro, non sempre il progetto acquistato è il migliore: in molti casi esigenze di carattere economico e interesse delle società produttrici sono prevale sulla qualità del prodotto.
Il fucile russo è, all’opposto, il paradigma della semplicità associata alla funzionalità di un’arma. Anzi, il fucile d’assalto è l’icona stessa del combattente, pur nell’universo di più sigle e numeri. L’AK, che si compone di poche parti virtualmente indistruttibili, è stato prodotto in oltre cento milioni di esemplari è può essere utilizzato in qualunque situazione ambientale, dai ghiacci alle sabbie e al fango, l’organizzazione meccanica dell’AK rimane praticamente perfetta. Ed è un’arma usata sia da russi, sia da ucraini, il che per alcuni versi ci fa comprendere quanto siano inutili i fondi di magazzino di armi promessi dagli stati europei, il cui munizionamento non è, tra l’altro, compatibile con le dotazioni dell’esercito di Kiev. Inoltre fucile, mitragliatrice leggera e fucile da tiratore scelto dotati della stessa meccanica di base favoriscono l’addestramento nei vari corpi. Un vantaggio per la Russia, nell’integrazione delle forze armate di paesi alleati, non secondario.
Partendo da queste considerazioni, le industrie russe hanno sempre prodotto copiosamente materiali prima di tutto funzionali nel loro impiego e gestione, oltretutto prodotti con numeri da far rabbrividire qualunque blocco militare avversario. Il carro armato sovietico è sicuramente meno sofistico dei carri occidentali, ed è più semplice dal punto di vista concettuale e di realizzazione, ma ciò si è sempre tradotto in affidabilità totale nell’impiego, a cominciare dal T34, definito spesso “rozzo”, fino agli attuali serie 70, 80 e 90. Il comune denominatore rimane comunque la manutenzione, semplice, che non richiede apparecchiature o interventi sofisticati al servizio di mezzi dalla sagoma bassa e sfuggente, rivestiti di materiali ottimi per le blindature motori e con artiglierie micidiali.
L’ammiraglio Alfred von Tirpitz, fondatore della moderna marina da guerra tedesca all’inizio del Novecento, sosteneva che i requisiti base di una nave da battaglia erano soltanto tre : galleggiare, galleggiare e ancora galleggiare. Il naviglio russo è basato su navi di superficie e sottomarini di prim‘ordine potentemente armate e ben realizzate (una strategia avviata sul finire degli anni Settanta). A differenza degli Usa, che hanno privilegiato una marina subacquea totalmente a propulsione nucleare, i russi conservano ancora battelli a propulsione convenzionale, eppure un classe Kilo è ancora tra i più silenziosi in assoluto. La semplicità continua ad esser sintomo di efficienza.
Ultima, ma non meno importante, è l’arma aerea formata da velivoli prestanti, semplici e soprattutto numerosi. Infine, ricordiamo che l’uomo è portato nello spazio da oltre oltre 10 anni solo più da navicelle Soyuz, tecnologia russa degli anni Settanta, in continua aggiornamento. Certo, il progetto Soyuz potrebbe anche non aver messo in soffitta l’interruttore di una lavatrice. Ma se funziona, perché non continuare a utilizzarlo?
Posted on: 2022/06/09, by : admin
Un’affermazione che dà l’impressione di integrarsi perfettamente con quanto sostiene dall’inizio dello scontro sul campo il generale dell’aeronautica militare della riserva Vincenzo Camporini, fino al 2011 consulente dell’allora ministro degli Esteri Franco Frattini. Camporini è un solido sostenitore del principio di non alterare i confini stabiliti dopo la Seconda guerra mondiale, per evitare di aprire un vaso di Pandora dagli effetti incontrollabili. Primo tra tutti, la convinzione di risolvere con la forza le diatribe internazionali. E ancora di recente ha aggiunto che la strada perseguita dall’Occidente, di convincere Putin che la sua “operazione speciale” è senza via d’uscita, è quella giusta.
In sostanza, le due posizioni unite suggeriscono all’Occidente e in particolare all’Europa di favorire i negoziati per la Pace e non sottovalutare la forza militare di Mosca che è e rimane una quella di una superpotenza, contrariamente alla “narrazione” dominante di esercito in declino, che improvvisati strateghi hanno fin qui divulgato in un vortice di informazione e controinformazione a 360 gradi, mentre la guerra continua a distruggere la vita di milioni di persone e a mietere vittime.
Sottovalutare gli avversari è pericoloso, sempre e comunque. Ma provare poi a ridicolizzarli è autolesionismo demenziale, che ci allontana dall’approccio serio che richiede la questione. Settimane fa, per esempio, è stato affermato che nei mezzi corazzati distrutti dagli ucraini, i componenti elettromeccanici sono simili a quello della lavatrice di casa. L’immediato commento, propagandato con grande enfasi, è stato che i russi erano “alla frutta” nella manutenzione dei sistemi di armamento.
Per la verità, il commento non ha avuto che è lo spazio di un mattino, immediatamente oscurato dal saggio intervento sommesso (molto sommesso, s’immagina…) degli esperti (quelli veri) che avranno ricordato in maniera sommessa due elementi fondamentali della scienza militare: 1) la conoscenza di sistemi di armamento moderni non si improvvisa e occorrono anni di studi per seguire la continua evoluzione degli stessi, in ambito terrestre, navale e aeronautico; 2) quando si parla di attrezzature, è bene considerare che devono poter funzionare sempre in condizioni limite quali quelli dei vari teatri operativi. Non a caso Browning, uno dei più insigni geni armieri amava ripetere che “una cosa che non c’è non si può rompere” con chiara allusione al rendere il più possibile semplice il disegno progettuale per non subire improvvise rotture, perdite accidentali di parti o malfunzionamenti.
Se prendiamo per esempio l’arma per eccellenza del combattente, il fucile d’assalto, vediamo come l’Occidente ha scelto dalla fine della Seconda guerra mondiale numerosi progetti di calibri diversi con il risultato che se oggi un soldato italiano e un inglese dovessero sostituire l’otturatore cambiandolo con le relative armi lunghe in dotazione, sarebbe loro impossibile. Tra l’altro, non sempre il progetto acquistato è il migliore: in molti casi esigenze di carattere economico e interesse delle società produttrici sono prevale sulla qualità del prodotto.
Il fucile russo è, all’opposto, il paradigma della semplicità associata alla funzionalità di un’arma. Anzi, il fucile d’assalto è l’icona stessa del combattente, pur nell’universo di più sigle e numeri. L’AK, che si compone di poche parti virtualmente indistruttibili, è stato prodotto in oltre cento milioni di esemplari è può essere utilizzato in qualunque situazione ambientale, dai ghiacci alle sabbie e al fango, l’organizzazione meccanica dell’AK rimane praticamente perfetta. Ed è un’arma usata sia da russi, sia da ucraini, il che per alcuni versi ci fa comprendere quanto siano inutili i fondi di magazzino di armi promessi dagli stati europei, il cui munizionamento non è, tra l’altro, compatibile con le dotazioni dell’esercito di Kiev. Inoltre fucile, mitragliatrice leggera e fucile da tiratore scelto dotati della stessa meccanica di base favoriscono l’addestramento nei vari corpi. Un vantaggio per la Russia, nell’integrazione delle forze armate di paesi alleati, non secondario.
Partendo da queste considerazioni, le industrie russe hanno sempre prodotto copiosamente materiali prima di tutto funzionali nel loro impiego e gestione, oltretutto prodotti con numeri da far rabbrividire qualunque blocco militare avversario. Il carro armato sovietico è sicuramente meno sofistico dei carri occidentali, ed è più semplice dal punto di vista concettuale e di realizzazione, ma ciò si è sempre tradotto in affidabilità totale nell’impiego, a cominciare dal T34, definito spesso “rozzo”, fino agli attuali serie 70, 80 e 90. Il comune denominatore rimane comunque la manutenzione, semplice, che non richiede apparecchiature o interventi sofisticati al servizio di mezzi dalla sagoma bassa e sfuggente, rivestiti di materiali ottimi per le blindature motori e con artiglierie micidiali.
L’ammiraglio Alfred von Tirpitz, fondatore della moderna marina da guerra tedesca all’inizio del Novecento, sosteneva che i requisiti base di una nave da battaglia erano soltanto tre : galleggiare, galleggiare e ancora galleggiare. Il naviglio russo è basato su navi di superficie e sottomarini di prim‘ordine potentemente armate e ben realizzate (una strategia avviata sul finire degli anni Settanta). A differenza degli Usa, che hanno privilegiato una marina subacquea totalmente a propulsione nucleare, i russi conservano ancora battelli a propulsione convenzionale, eppure un classe Kilo è ancora tra i più silenziosi in assoluto. La semplicità continua ad esser sintomo di efficienza.
Ultima, ma non meno importante, è l’arma aerea formata da velivoli prestanti, semplici e soprattutto numerosi. Infine, ricordiamo che l’uomo è portato nello spazio da oltre oltre 10 anni solo più da navicelle Soyuz, tecnologia russa degli anni Settanta, in continua aggiornamento. Certo, il progetto Soyuz potrebbe anche non aver messo in soffitta l’interruttore di una lavatrice. Ma se funziona, perché non continuare a utilizzarlo?
Posted on: 2022/06/09, by : admin