La vita ritrovata di Karl Marx
di Stefano Marengo |
|All’inizio degli anni Novanta sembrava che il crollo del blocco sovietico avrebbe comportato l’archiviazione del pensiero di Marx. Di fronte all’ormai incontrastata egemonia statunitense, alcuni intellettuali conservatori si spinsero addirittura a parlare di “fine della storia”: il capitalismo aveva vinto la guerra contro il socialismo e il nuovo ordine mondiale centrato su Washington aveva tutte le caratteristiche di qualcosa di definitivo. Non restava che prenderne atto e adattarsi. Marx e i sogni del marxismo potevano essere mandati in soffitta.
Sulle prime sembrò che i profeti nel neoliberismo ci avessero visto giusto. Ma la loro era un’illusione destinata ad avere vita breve. Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 certificarono tutta la fragilità del progetto di un “nuovo secolo americano”. Il crack finanziario di Lehman Brothers, nel 2008, fu invece la dimostrazione che il capitalismo finanziario era un gigante dai piedi d’argilla, un colosso incapace di sostenersi. La storia, evidentemente, aveva ripreso il suo cammino. Ma che in quale direzione?
È alla luce di questi traumi che Marx, confinato per quasi vent’anni nei meandri più angusti del discorso accademico, è tornato sulla scena del dibattito politico e intellettuale. Fallito il programma neoliberista, il suo pensiero è stato riscoperto in tutta la sua attualità come formidabile laboratorio di concetti per comprendere il mondo e di idee per cambiarlo. “Marx aveva dunque ragione?”: a chiederselo non è una ristretta cerchia di radicali, ma il settimanale tedesco Die Zeit, di orientamento liberale, che alcuni anni fa dedicò al filosofo di Treviri una memorabile prima pagina. Ma l’aspetto più interessante di questa vicenda è che la nuova centralità assunta da Marx non implica in alcun modo la nostalgia del Novecento, il desiderio malinconico di ritornare al passato. Al contrario, proprio il crollo dei cosiddetti socialismi reali ha consentito di superare le ortodossie del secolo scorso e di elaborare interpretazioni innovative e non dogmatiche del pensiero marxiano.
Prendiamo, a titolo esemplificativo, la questione della storia, del suo significato e del suo scopo. Secondo il marxismo “tradizionale”, com’è noto, la storia sarebbe governata da leggi ferree che ci dicono che il capitalismo è inevitabilmente destinato a crollare e a essere soppiantato dal socialismo. Il dubbio non è se, ma quando, sorgerà il “sol dell’avvenir”. Si tratta di una concezione che, per tutto il Novecento, ha caratterizzato la visione del mondo prevalente del movimento operaio e dei partiti socialisti e comunisti su entrambi i lati della cortina di ferro. La sua prima elaborazione avvenne tuttavia in seno alla Seconda Internazionale (Parigi, 1889), in una temperie in cui a predominare erano orientamenti evoluzionisti e scientisti per i quali la storia, esattamente come la natura, era un ambito sottoposto a norme perfettamente conoscibili. Proprio alla luce di questa assunzione è molto interessante osservare come negli scritti di Marx non si trovino prese di posizione altrettanto nette. Egli, in effetti, non parlò mai di norme storiche, ma di tendenze, o al più di “leggi tendenziali”, che è come dire che, certo, in ogni momento si possono individuare degli specifici orientamenti delle forze sociali, ma questo non significa che il corso degli eventi sia deciso in anticipo. “La storia, chiosava l’amico fraterno Engels, non fa niente”. A determinare l’avvenire, per Marx, sono sempre i concreti conflitti sociali e l’impegno strategico che richiedono e che esclude ogni certezza a priori. O, per dirla con Gramsci, l’unica certezza che possiamo avere è quella della lotta.
L’importanza del dibattito su Marx, molto partecipato, oggi, nel mondo anglosassone, in Sud America e in Asia, è testimoniata da diverse pubblicazioni. Fondamentale, a questo proposito, è “Marx revival”, libro curato da Marcello Musto, docente alla canadese York University. Concetti essenziali e nuove letture (ed. it. Donzelli 2019, pp.470, € 30), che si compone dei contributi di oltre venti studiosi di caratura internazionale. Si tratta di interpretazioni innovative che sviscerano molteplici aspetti della riflessione marxiana. Di particolare importanza per il nostro presente, ad esempio, è quanto emerge rispetto all’orientamento profondamente democratico del filosofo tedesco, che fu vicino al movimento cartista e in più occasioni difese appassionatamente la libertà di stampa e di espressione (segno, questo, che egli intendeva i diritti sociali, “sostanziali”, rivendicati dal socialismo non come sostitutivi, ma necessariamente complementari a quelli civili, “formali”).
Altrettanto attuale è poi il Marx critico del colonialismo e dell’eurocentrismo: la migliore testimonianza è fornita, in questo caso, dalle “lettere da Algeri”, dove si trova una critica senza appello del dominio francese in Nord Africa. Si tratta di scritti che correggono finalmente il secolare pregiudizio di un Marx tacitamente schierato a favore dell’espansionismo europeo, se non proprio fautore di una forma di “suprematismo bianco”. A questo proposito, altre pagine marxiane (ad esempio quelle dedicate alla guerra civile negli Stati Uniti o quelle sull’Irlanda e la Polonia) chiariscono come la questione nazionale e quella razziale (e, bisognerebbe aggiungere, la questione femminile e quella ecologica) siano essenziali nel configurare gli orientamenti della società e gli esiti delle lotte. Non è vero, in altri termini, che esiste solo il conflitto economico; quest’ultimo, anzi, nella sua pur innegabile centralità, è sempre sovradeterminato da altre lotte che lo intersecano e, appunto, lo orientano. La sfida del socialismo, di conseguenza, è quella di tenere insieme tutte queste molteplici istanze, di tradurle in visione strategica del futuro e dare corpo a un progetto complesso di emancipazione e uguaglianza. Ma questa, in fondo, è la sfida di una sinistra capace di fare i conti con il XXI secolo. Ecco, in definitiva, la vera ragione del ritorno di Marx nel mondo odierno. C’è da scommettere che non uscirà presto di scena.
Posted on: 2021/03/02, by : admin
Sulle prime sembrò che i profeti nel neoliberismo ci avessero visto giusto. Ma la loro era un’illusione destinata ad avere vita breve. Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 certificarono tutta la fragilità del progetto di un “nuovo secolo americano”. Il crack finanziario di Lehman Brothers, nel 2008, fu invece la dimostrazione che il capitalismo finanziario era un gigante dai piedi d’argilla, un colosso incapace di sostenersi. La storia, evidentemente, aveva ripreso il suo cammino. Ma che in quale direzione?
È alla luce di questi traumi che Marx, confinato per quasi vent’anni nei meandri più angusti del discorso accademico, è tornato sulla scena del dibattito politico e intellettuale. Fallito il programma neoliberista, il suo pensiero è stato riscoperto in tutta la sua attualità come formidabile laboratorio di concetti per comprendere il mondo e di idee per cambiarlo. “Marx aveva dunque ragione?”: a chiederselo non è una ristretta cerchia di radicali, ma il settimanale tedesco Die Zeit, di orientamento liberale, che alcuni anni fa dedicò al filosofo di Treviri una memorabile prima pagina. Ma l’aspetto più interessante di questa vicenda è che la nuova centralità assunta da Marx non implica in alcun modo la nostalgia del Novecento, il desiderio malinconico di ritornare al passato. Al contrario, proprio il crollo dei cosiddetti socialismi reali ha consentito di superare le ortodossie del secolo scorso e di elaborare interpretazioni innovative e non dogmatiche del pensiero marxiano.
Prendiamo, a titolo esemplificativo, la questione della storia, del suo significato e del suo scopo. Secondo il marxismo “tradizionale”, com’è noto, la storia sarebbe governata da leggi ferree che ci dicono che il capitalismo è inevitabilmente destinato a crollare e a essere soppiantato dal socialismo. Il dubbio non è se, ma quando, sorgerà il “sol dell’avvenir”. Si tratta di una concezione che, per tutto il Novecento, ha caratterizzato la visione del mondo prevalente del movimento operaio e dei partiti socialisti e comunisti su entrambi i lati della cortina di ferro. La sua prima elaborazione avvenne tuttavia in seno alla Seconda Internazionale (Parigi, 1889), in una temperie in cui a predominare erano orientamenti evoluzionisti e scientisti per i quali la storia, esattamente come la natura, era un ambito sottoposto a norme perfettamente conoscibili. Proprio alla luce di questa assunzione è molto interessante osservare come negli scritti di Marx non si trovino prese di posizione altrettanto nette. Egli, in effetti, non parlò mai di norme storiche, ma di tendenze, o al più di “leggi tendenziali”, che è come dire che, certo, in ogni momento si possono individuare degli specifici orientamenti delle forze sociali, ma questo non significa che il corso degli eventi sia deciso in anticipo. “La storia, chiosava l’amico fraterno Engels, non fa niente”. A determinare l’avvenire, per Marx, sono sempre i concreti conflitti sociali e l’impegno strategico che richiedono e che esclude ogni certezza a priori. O, per dirla con Gramsci, l’unica certezza che possiamo avere è quella della lotta.
L’importanza del dibattito su Marx, molto partecipato, oggi, nel mondo anglosassone, in Sud America e in Asia, è testimoniata da diverse pubblicazioni. Fondamentale, a questo proposito, è “Marx revival”, libro curato da Marcello Musto, docente alla canadese York University. Concetti essenziali e nuove letture (ed. it. Donzelli 2019, pp.470, € 30), che si compone dei contributi di oltre venti studiosi di caratura internazionale. Si tratta di interpretazioni innovative che sviscerano molteplici aspetti della riflessione marxiana. Di particolare importanza per il nostro presente, ad esempio, è quanto emerge rispetto all’orientamento profondamente democratico del filosofo tedesco, che fu vicino al movimento cartista e in più occasioni difese appassionatamente la libertà di stampa e di espressione (segno, questo, che egli intendeva i diritti sociali, “sostanziali”, rivendicati dal socialismo non come sostitutivi, ma necessariamente complementari a quelli civili, “formali”).
Altrettanto attuale è poi il Marx critico del colonialismo e dell’eurocentrismo: la migliore testimonianza è fornita, in questo caso, dalle “lettere da Algeri”, dove si trova una critica senza appello del dominio francese in Nord Africa. Si tratta di scritti che correggono finalmente il secolare pregiudizio di un Marx tacitamente schierato a favore dell’espansionismo europeo, se non proprio fautore di una forma di “suprematismo bianco”. A questo proposito, altre pagine marxiane (ad esempio quelle dedicate alla guerra civile negli Stati Uniti o quelle sull’Irlanda e la Polonia) chiariscono come la questione nazionale e quella razziale (e, bisognerebbe aggiungere, la questione femminile e quella ecologica) siano essenziali nel configurare gli orientamenti della società e gli esiti delle lotte. Non è vero, in altri termini, che esiste solo il conflitto economico; quest’ultimo, anzi, nella sua pur innegabile centralità, è sempre sovradeterminato da altre lotte che lo intersecano e, appunto, lo orientano. La sfida del socialismo, di conseguenza, è quella di tenere insieme tutte queste molteplici istanze, di tradurle in visione strategica del futuro e dare corpo a un progetto complesso di emancipazione e uguaglianza. Ma questa, in fondo, è la sfida di una sinistra capace di fare i conti con il XXI secolo. Ecco, in definitiva, la vera ragione del ritorno di Marx nel mondo odierno. C’è da scommettere che non uscirà presto di scena.
Posted on: 2021/03/02, by : admin