Le scommesse sul ballu tundu per palazzo Chigi
di Mauro Nebiolo Vietti|
| Le consultazioni sono iniziate. Si assiste ai riti abituali, tra l’altro noiosi e ripetitivi, dove il più fesso è un doppiogiochista e dove tutti sembrano indossare il tutù pur di apparire più aggraziati nelle danze rituali. Una volta, un’era fa, erano preghiere, cantilene e movimenti ritmici. Oggi, più prosaicamente, sono dichiarazioni criptiche, sorrisi e minacce, mentre si procede, così pare, con il ballu tundu, l’antica danza sarda in cui si forma un cerchio, ove nessuno si distingue dagli altri, fino a quando uno “punta” al centro per figurare con movimenti propri, per poi rientrare e favorire altri al suo posto.
E come nel ballu tundu, in cui tutti sanno che qualcuno deve dire qualcosa, ma non si sa in anticipo cosa sarà detto e soprattutto se qualcosa verrà detto, anche nel “ballo” delle consultazioni non è obbligatorio uscire dal cerchio per figurare. E lo si percepisce a Roma, nelle segreterie di partito o nei salotti che contano, dove ci si muove, ma non ci si espone. Si prenda il PD: partecipa al cerchio, ma non figura, meglio sparire tra gli altri perché uscire per disegnare movimenti e figure potrebbe essere impegnativo. Il bello del ballu tundu, del resto, è che lo si può usare per seminare piste false: tutti dicono cosa vogliono, ma nessuno dice il vero. Esattamente ciò che leggiamo tutti i giorni sul giornale e ascoltiamo da radio e tv, da cui si cerca di uscire concentrandoci per un attimo sul vero.
Non è difficile identificare l’oggetto del contendere. Quando Conte dichiarò che il Recovery Plan pari a 200 miliardi di euro sarebbe stato gestito da un gruppo di manager, la politica in coro, e Renzi tra i primi, eccepì che le scelte non potevano essere appaltate. Senonché, quando emerse che la Commissione Parlamentare, deputata ad interfacciarsi con il governo nella gestione dei fondi, era presieduta da un deputato 5 Stelle con la Licenza media inferiore, l’iniziativa di Conte apparve dettata dal timore di affidare compiti gravosi a personaggi modesti con buona pace dei risultati finali. E non si tratta della terza media della ministra ed ex sindacalista Teresa Bellanova da Ceglie Messapica in provincia di Brindisi, di fronte alla quale anche un laureato può sentirsi un nano per la storia di lotte contro lo sfruttamento secolare dei braccianti meridionali che l’accompagna, ma di una scuola media interrotta per essere sostituita da una carriera (pur lodevole, sia chiaro) di DJ.
E così inizia il ballu tundu. Ma noi, estranei alla logica dei rituali, sappiamo che questo continuerà fino a che non si deciderà chi avrà il compito di gestire i 200 miliardi del Recovery Plan ed allora si accettano scommesse. E saranno in molti a puntare tutto sulla creazione di un apposito ministero per gestire buona parte dei fondi (es. infrastrutture) affidato ad un soggetto di fiducia di Renzi (che sono soltanto due, Boschi o Rosato); se ciò avverrà domani, dopodomani si riparte. In caso contrario, dovremo subire ancora giornate di ballu tundu. Chissà che allora, però, qualcuno (alias Zingaretti?), restio per conformazione politica ad uscire dal cerchio, decida di piazzarsi al centro, muoversi, parlare e così scoprire che esistono orizzonti per cui vale la pena di impegnarsi.
Posted on: 2021/02/01, by : admin
E come nel ballu tundu, in cui tutti sanno che qualcuno deve dire qualcosa, ma non si sa in anticipo cosa sarà detto e soprattutto se qualcosa verrà detto, anche nel “ballo” delle consultazioni non è obbligatorio uscire dal cerchio per figurare. E lo si percepisce a Roma, nelle segreterie di partito o nei salotti che contano, dove ci si muove, ma non ci si espone. Si prenda il PD: partecipa al cerchio, ma non figura, meglio sparire tra gli altri perché uscire per disegnare movimenti e figure potrebbe essere impegnativo. Il bello del ballu tundu, del resto, è che lo si può usare per seminare piste false: tutti dicono cosa vogliono, ma nessuno dice il vero. Esattamente ciò che leggiamo tutti i giorni sul giornale e ascoltiamo da radio e tv, da cui si cerca di uscire concentrandoci per un attimo sul vero.
Non è difficile identificare l’oggetto del contendere. Quando Conte dichiarò che il Recovery Plan pari a 200 miliardi di euro sarebbe stato gestito da un gruppo di manager, la politica in coro, e Renzi tra i primi, eccepì che le scelte non potevano essere appaltate. Senonché, quando emerse che la Commissione Parlamentare, deputata ad interfacciarsi con il governo nella gestione dei fondi, era presieduta da un deputato 5 Stelle con la Licenza media inferiore, l’iniziativa di Conte apparve dettata dal timore di affidare compiti gravosi a personaggi modesti con buona pace dei risultati finali. E non si tratta della terza media della ministra ed ex sindacalista Teresa Bellanova da Ceglie Messapica in provincia di Brindisi, di fronte alla quale anche un laureato può sentirsi un nano per la storia di lotte contro lo sfruttamento secolare dei braccianti meridionali che l’accompagna, ma di una scuola media interrotta per essere sostituita da una carriera (pur lodevole, sia chiaro) di DJ.
E così inizia il ballu tundu. Ma noi, estranei alla logica dei rituali, sappiamo che questo continuerà fino a che non si deciderà chi avrà il compito di gestire i 200 miliardi del Recovery Plan ed allora si accettano scommesse. E saranno in molti a puntare tutto sulla creazione di un apposito ministero per gestire buona parte dei fondi (es. infrastrutture) affidato ad un soggetto di fiducia di Renzi (che sono soltanto due, Boschi o Rosato); se ciò avverrà domani, dopodomani si riparte. In caso contrario, dovremo subire ancora giornate di ballu tundu. Chissà che allora, però, qualcuno (alias Zingaretti?), restio per conformazione politica ad uscire dal cerchio, decida di piazzarsi al centro, muoversi, parlare e così scoprire che esistono orizzonti per cui vale la pena di impegnarsi.
Posted on: 2021/02/01, by : admin