L’economia dell’incertezza: il management in tempi di pandemia

di Emanuele Davide Ruffino
e Laura Bertinetti|

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L’imprevedibilità delle conseguenze generate da coronavirus ha inficiato gli equilibri economico finanziari, compromettendo la regolare attività operativa di un’azienda o di un’organizzazione se non si sviluppano attenzioni alla cosiddetta “business continuity”, definibile come la capacità di mantenere l’esecuzione dei processi operativi e la redditività sotto condizioni di stress ed esposizione a minacce esterne, con l’obiettivo di limitare i disservizi e rendere l’impresa resiliente.

Il ripetersi, con sempre maggiore frequenza, di situazioni imprevedibili induce ad elaborare strategie che permettono di gestire le singole crisi e riattivare velocemente l’attività, in modo da garantire continuità all’impresa, evitando così l’inceppamento delle filiere produttive indispensabili per garantire gli equilibri economico-sociali. Al verificarsi di un guasto interno o in presenza di uno shock esterno, le imprese sono chiamate a predisporre misure volte a ripristinare la funzionalità dell’organizzazione: mutuando un termine ampiamente utilizzato in informatica disaster recovery ossia il “Recupero dal Disastro”, per identificare le azioni necessarie per superare la situazione (in informatica, identifica le misure tecnologiche e logistico/organizzative atte a ripristinare sistemi, dati e infrastrutture necessarie all’erogazione dei servizi di business per imprese).

In primo luogo, “imbrigliare” le incertezze

È al momento in cui si verifica un evento avverso che si manifesta nel concreto la capacità di un’azienda di sopportare la situazione o, se era stato predisposto un apposito piano di business continuity, la capacità di questo, non tanto di prevedere il futuro, ma di predisporre tempestivamente i mutamenti organizzativi che la situazione richiede. È evidente che una crisi mette in evidenza i punti critici presenti in un’organizzazione e soprattutto le carenze nelle catene di comando. Se, infatti, si verificano vuoti di potere in un momento di crisi gli effetti che ne possono derivare potrebbero essere deleteri (la caduta del Muro di Berlino ne fu un tipico esempio). Le crisi non sono sempre prevedibili, mentre la capacità di reagire può essere predisposta con razionalità e in anticipo. L’aver predisposto un “Piano di Recupero del Disastro” e il poter disporre di un management in grado di attuarlo, sono le precondizioni per identificare la capacità di un sistema nel reagire ad un evento avverso.

Maggiore è l’inattività riscontrata sia nella fase di preparazione che al verificarsi dell’evento avverso, maggiori possono essere i danni economici e d’immagine, per le possibilità di sopravvivenza dell’impresa: le conseguenze potranno essere valutabili solo al momento della ripresa delle normali attività (il lessico aziendalista definisce il Recovery Time Objective (R.T.O.), il periodo di tempo seguente all’evento dannoso entro cui si è in grado di ripristinare un’attività), ma già nella fase di crisi si può valutare l’efficacia delle reazioni con azioni di benchmarket e di verifica del timing delle reazioni del singolo e dell’organizzazione.

In un’economia globale, sublimata e regolatrice degli eventi del pianeta, senza che nessuno (se non la verifica dei fatti, in ultimo proprio la pandemia) possa esprimere dei giudizi, pone le organizzazioni ad implementare le azioni manageriali in grado di gestire le turbolenze, identificando i rischi e stabilendo come trattarli. Ciò ha portato le aziende a predisporre soluzioni virtuali di sicurezza integrata, finalizzate alla protezione aziendale, ossia una concezione organizzativa che permette di pianificare il ripristino o l’individuazione di un nuovo asset post emergenziale. Questa operazione di continuità operativa si evidenzia nel saper identificare e prevenire le minacce potenziali, individuando i settori chiave da mantenere in funzione in caso di situazioni complesse (tale selezione fornisce uno schema di riferimento per costruire una resilienza organizzativa) rispondendo velocemente agli eventi esogeni.

Lo sviluppo della cultura e gestione del rischio

Le aziende, per fare la differenza nei momenti di difficoltà e rendersi preparate non appena la situazione lo permette, sono chiamate a ragionare, in termini di problem solving: la crisi pandemica, con i suoi riflessi sulla sanità e sull’economia, ha evidenziato la mancanza di una cultura predittiva, schiacciati, come si è, dalla ricerca dell’utile immediato (del settore privato) e dal rispetto degli arzigogoli burocratici (del settore pubblico). La gestione del rischio diventa una componente sia della strategia che del funzionamento organizzativo, partendo dall’elencare gli eventi che potrebbero verificarsi in futuro, anche se è impossibile prevedere la loro probabilità di verificarsi (incertezza), per definire il rischio, quando si dispone di informazioni che possono permettere di misurare, seppur con approssimazione, la probabilità e le conseguenze del verificarsi di un evento.

Si rende necessaria una visione olistica di tutte le cause che possono intaccare la piena operatività, dove ai manager si affiancano tutti gli stakeholder che possono avere interesse a mantenere in vita l’azienda: è questo un concetto che si è evoluto con lo scoppio della pandemia, obbligando ad individuare le filiere delle produzioni, il cui mantenimento non è solo di interesse per la singola azienda, ma per tutto il sistema sociale chiamato ad intervenire per garantire la sopravvivenza degli asset fondamentali. Questa esigenza diventa facile bandiera per conservare in vita, in una specie di accanimento economico, tutte le imprese (anche quelle palesemente inefficienti) obbligando a spostare il livello decisionale dalla singola impresa al sistema Paese: la variabile determinante diventa la capacità di ricevere contributi o calamitare sovvenzioni, a scapito delle capacità imprenditoriali e della qualità del lavoro, senza rendersi conto che tenere in vita realtà improduttive riduce le risorse per le filiere economicamente convenienti nel lungo periodo.

Gli strumenti forniti dalla letteratura manageriale

L’avanzamento culturale, il progresso economico, il cambiamento delle preferenze dei consumatori, l’evoluzione tecnologica sono eventi esogeni all’impresa, facenti parte dell’ambiente circostante che un’organizzazione recepisce e reagisce di conseguenza, ma che non controlla completamente. Le funzioni aziendali non si devono limitare ad una reazione tecnica ma, predisponendo uno skill (competenza) in grado di gerarchizzare gli interventi da effettuare. La materia trovava già identificazione nella direttiva ISO 22301 (standard di sicurezza), secondo cui un buon approccio di continuità operativa consiste nel saper identificare e prevenire le minacce potenziali, analizzarne il possibile impatto sulle attività, mitigare i rischi affinché gli incidenti non diventino disastri ed implementando le funzioni aziendali chiave, rendendo disponibili maggiori risorse (che vanno preparate attraverso la predisposizione di un magazzino virtuale). La letteratura economico-manageriale fornisce alcuni strumenti per concretizzare questo approccio: dal modello di Deming (plan, do, check, act), agli studi di Knight, March e Simon che per primi hanno formalizzato l’accezione di rischio e dell’incertezza, generati dall’ambiente instabile in cui le imprese operano quotidianamente.

Ma il vero magazzino virtuale si costruisce con l’atteggiamento culturale volto a recepire ogni evento, anche quelli potenzialmente negativi, come un’opportunità da sfruttare e, per realizzare queste condizioni, occorre rinunciare all’illusione che qualche soggetto esterno possa risolvere i tuoi problemi (politica delle sovvenzioni, sicuramente appagante elettoralmente) ma, parafrasando un concetto di Don Milani, quando asseriva che un povero, per emergere, doveva studiare più di un ricco, così in una fase emergenziale maggiore deve essere l’applicazione di una cultura manageriale rispetto ad ogni altro aspetto, nonostante la sistematica sottovalutazione degli aspetti economico-contabili operata dal potentissimo partito dei burocrati.




Posted on: 2021/09/02, by :