Lo sbarco. Un bilancio nel silenzio da coronavirus
di Mercedes Bresso
in dialogo con Claude Raffestin |
Il 21 aprile, dopo infiniti negoziati, il battello errante ha finalmente ottenuto l’autorizzazione a sbarcare a Genova il giorno successivo. E i ritmi di vita da lenti sono diventati vertiginosi. Tutti dovevamo preparare i bagagli, che ci sarebbero stati portati a casa la settimana seguente, e organizzare le cose essenziali da portare con sé. Muniti di guanti e mascherine, saremmo poi sbarcati per salire su bus, dove gli autisti erano separati da una barriera di plastica, che ci avrebbero portati fin sotto casa. Così è avvenuto nel tipico caos all’italiana.
Un ritorno nel buio e nel deserto della montagna ligure prima e della pianura padana poi, come mai avremmo immaginato di vedere. L’illuminazione pubblica dei paesi ridotta al minimo, lucine flebili nelle case, strade e autostrade deserte, percorse solo da qualche tir. Dopo quattro mesi di assenza, la realtà di un paese sotto assedio ci ha colpito come un pugno in faccia, malgrado ci fossimo preparati psicologicamente.
Ma ritorniamo a riflettere sui quaranta giorni di confinamento sulla nave. Quando sono iniziati abbiamo pensato che sarebbe stato difficile sopportare quell’errare per mare senza poter sbarcare. Le cose sono invece andate in modo diverso. Partiti con l’intento di punteggiare il lungo percorso con scali regolari, obiettivo del viaggio, la crociera si è trasformata in un percorso ininterrotto da un oceano all’altro, che ci ha fatto percepire tutto il fascino del mare. Contrariamente a quello che si poteva immaginare non è stato monotono: il mare si è mostrato come il paesaggio per eccellenza, capace di cambiare in continuazione e di suscitare emozioni ogni volta nuove. Ci vorrebbe un tempo più lungo per trovare le parole per esprimere questi cambiamenti; non a caso gli uomini di mare hanno elaborato un vocabolario molto ricco per rappresentare questi infiniti aspetti del loro mondo.
Abbiamo conosciuto la vastità degli oceani, ma anche osservato l’influenza pesante delle attività umane sulle loro trasformazioni: gli inquinamenti certo ma anche l’aumento delle temperature dell’acqua (quasi sempre superiori a quelle dell’aria) che fanno temere la fine della loro resilienza. Abbiamo visto fisicamente l’inquinamento da carburanti e prodotti chimici, nella persistenza della schiuma prodotta dal rompersi delle onde. E abbiamo constatato i rischi per la vita marina, vegetale e animale. Questo spettacolo ci ha fatto capire che malgrado la loro l’immensità, questi spazi sono minacciati e che il loro complesso equilibrio è fragile.
L’acqua del mare, tramite l’evaporazione, è strettamente collegata con l’atmosfera e quindi con le piogge e insieme costituiscono le condizioni essenziali per la sopravvivenza delle terre e dei loro abitanti, eppure così poco sappiamo e ci curiamo dei mari. Per troppo tempo abbiamo considerato il mare come uno spazio di pura circolazione senza preoccuparci della sua natura. Ad esempio, le profondità oceaniche sono le zone ancora inesplorate del pianeta e solo da quando esistono i sottomarini è possibile immaginare queste esplorazioni. Ma nel nostro errare spesso senza trovare porti disposti ad accoglierci abbiamo anche capito quanto sia importante il diritto del mare e quanto sia necessario ripensarlo completamente. E il mare che ci lega gli uni agli altri e ormai troppo spesso chi ha bisogno di soccorso non lo riceve e viene lasciato errare in palese violazione delle norme marittime.
Norme che erano state concordate a partire dal XVII secolo, sulla base dei principi fondamentali di umanità e per garantire la sicurezza dei traffici e delle persone. Norme che erano state rispettate quando possibile anche in tempo di guerra, per essere poi violate in tempo di pace a causa degli arrivi dei migranti, addirittura stracciate del tutto in occasione del dilagare del virus. I comandanti delle tante navi che solcavano i mari, mentre il virus dilagava sulla Terra, si sono trovati spesso nell’impossibilità di provvedere ai propri bisogni essenziali o sono stati costretti a lunghi negoziati. Sentiamo continuamente ripetere che dopo questa pandemia nulla sarà più come prima. Non c’è dubbio che ciò sarà vero per i commerci e i viaggi per mare, che avranno bisogno di nuove regole e di nuove certezze.
Posted on: 2020/04/29, by : admin
Ma ritorniamo a riflettere sui quaranta giorni di confinamento sulla nave. Quando sono iniziati abbiamo pensato che sarebbe stato difficile sopportare quell’errare per mare senza poter sbarcare. Le cose sono invece andate in modo diverso. Partiti con l’intento di punteggiare il lungo percorso con scali regolari, obiettivo del viaggio, la crociera si è trasformata in un percorso ininterrotto da un oceano all’altro, che ci ha fatto percepire tutto il fascino del mare. Contrariamente a quello che si poteva immaginare non è stato monotono: il mare si è mostrato come il paesaggio per eccellenza, capace di cambiare in continuazione e di suscitare emozioni ogni volta nuove. Ci vorrebbe un tempo più lungo per trovare le parole per esprimere questi cambiamenti; non a caso gli uomini di mare hanno elaborato un vocabolario molto ricco per rappresentare questi infiniti aspetti del loro mondo.
Abbiamo conosciuto la vastità degli oceani, ma anche osservato l’influenza pesante delle attività umane sulle loro trasformazioni: gli inquinamenti certo ma anche l’aumento delle temperature dell’acqua (quasi sempre superiori a quelle dell’aria) che fanno temere la fine della loro resilienza. Abbiamo visto fisicamente l’inquinamento da carburanti e prodotti chimici, nella persistenza della schiuma prodotta dal rompersi delle onde. E abbiamo constatato i rischi per la vita marina, vegetale e animale. Questo spettacolo ci ha fatto capire che malgrado la loro l’immensità, questi spazi sono minacciati e che il loro complesso equilibrio è fragile.
L’acqua del mare, tramite l’evaporazione, è strettamente collegata con l’atmosfera e quindi con le piogge e insieme costituiscono le condizioni essenziali per la sopravvivenza delle terre e dei loro abitanti, eppure così poco sappiamo e ci curiamo dei mari. Per troppo tempo abbiamo considerato il mare come uno spazio di pura circolazione senza preoccuparci della sua natura. Ad esempio, le profondità oceaniche sono le zone ancora inesplorate del pianeta e solo da quando esistono i sottomarini è possibile immaginare queste esplorazioni. Ma nel nostro errare spesso senza trovare porti disposti ad accoglierci abbiamo anche capito quanto sia importante il diritto del mare e quanto sia necessario ripensarlo completamente. E il mare che ci lega gli uni agli altri e ormai troppo spesso chi ha bisogno di soccorso non lo riceve e viene lasciato errare in palese violazione delle norme marittime.
Norme che erano state concordate a partire dal XVII secolo, sulla base dei principi fondamentali di umanità e per garantire la sicurezza dei traffici e delle persone. Norme che erano state rispettate quando possibile anche in tempo di guerra, per essere poi violate in tempo di pace a causa degli arrivi dei migranti, addirittura stracciate del tutto in occasione del dilagare del virus. I comandanti delle tante navi che solcavano i mari, mentre il virus dilagava sulla Terra, si sono trovati spesso nell’impossibilità di provvedere ai propri bisogni essenziali o sono stati costretti a lunghi negoziati. Sentiamo continuamente ripetere che dopo questa pandemia nulla sarà più come prima. Non c’è dubbio che ciò sarà vero per i commerci e i viaggi per mare, che avranno bisogno di nuove regole e di nuove certezze.
Posted on: 2020/04/29, by : admin