Ludopatia: leggi, osservanze e cura

di Stefano Cavalitto |

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Il dibattito sulla normativa ed il relativo contrasto al gioco d’azzardo patologico è tornato in auge negli ultimi mesi, soprattutto in Piemonte con la modifica della legge regionale che disciplina tale ambito. Una modifica voluta dalla maggioranza di centro destra guidata dal presidente Alberto Cirio che ha provocato polemiche, manifestazioni, ostruzionismi e un acceso dibattito in Consiglio Regionale, a Palazzo Lascaris con le opposizioni. Fuori dal contenzioso politico e dalle querelle partitiche, ci preme però condividere alcune riflessioni e sottolineare alcuni aspetti delle leggi che regolano il gioco d’azzardo, in primis quella che – come vedremo che nel testo – dovrebbe essere in sintonia da quanto espresso dal Ministero della Sanità e, in secundis con il parere delle agenzie internazionali di salute pubblica, su tutte ovviamente l’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità.

Aleksej Ivanovic è un giocatore d’azzardo. Ed è il protagonista affrescato da Fëdor Dostoevskij nel suo “Il giocatore”. In uno dei suoi capolavori il genio russo della letteratura ci parla di gioco d’azzardo e ce ne parla dipingendo un mondo sospeso tra il grottesco, a volte addirittura il comico, ma soprattutto preso nel registro tragico della vita. Gli alti e i bassi della malattia del gioco, i sotterfugi della mente che la alimentano e i percorsi esistenziali da essa deformati che scorgiamo nell’opera di Dostoevskij sono una mirabile rappresentazione della debolezza umana, catturata da una dipendenza dolorosa che, se non riconosciuta (e curata, diremmo ora), porta il più delle volte all’autodistruzione.

Uscendo dalla dimensione romanzata, la ludopatia è un problema di salute sociale serio. Possiamo definirla come la mancata capacità di gestire da parte dell’Io gli impulsi che spingono ad attuare condotte finalizzate al gioco. Diventa patologia quando tali condotte persistenti e spesso di intensità crescente interferiscono col funzionamento vitale delle persone, rendendo critici gli altri ambiti di vita quali relazioni sociali, comprese quelle familiari ed affettive in genere, la capacità di lavoro e gli interessi che normalmente si possono sviluppare. Il temine ludopatia, in realtà – seppur usato anche in letteratura specialistica – andrebbe sostituito con Disturbo da gioco d’azzardo, definizione che troviamo nel Manuale Diagnostico Statistico, il nomenclatore internazionale dei disturbi mentali, nella sua ultima versione, la quinta (DSM V) che lo descrive come un comportamento problematico e duraturo legato appunto al gioco d’azzardo tale da portare disagio psichico clinicamente significativo.

Il Ministero della Salute da anni segnala esplicitamente nei cosiddetti LEA, i livelli essenziali di assistenza sanitaria da esso emanati, il comportamento ludopatico come un problema clinico, in accordo peraltro coi dettami dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Stiamo dunque nell’attualità. Direttamente dal sito del Ministero della Salute ( www.salute.gov.it) leggiamo:

Comunicato n. 52 – Data del comunicato 17 luglio 2021

Gioco d’azzardo: il Ministero della Salute adotta le linee d’azione per prevenzione, cura e riabilitazione.

Il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato il decreto recante il regolamento per l’adozione delle “Linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dal gioco d’azzardo patologico”.

Come previsto dal decreto, le Regioni provvederanno a dare attuazione a tali linee d’azione attraverso misure che favoriscano l’integrazione tra i servizi pubblici e le strutture private accreditate, gli enti del Terzo settore e le associazioni di auto-aiuto della rete territoriale locale. Il Disturbo da gioco d’azzardo (DGA) è una patologia che produce effetti sulle relazioni sociali o sulla salute seriamente invalidanti. Può assumere la connotazione di un vero e proprio disturbo psichiatrico ed è a tutti gli effetti una dipendenza patologica. Secondo il precedente DSM-IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), la prevalenza tra la popolazione adulta varia dall’1 al 3% della popolazione, con una maggiore diffusione tra familiari e parenti di giocatori. L’Istituto Superiore di Sanità stima che in Italia l’azzardo è un’attività che coinvolge una popolazione di circa 5,2 milioni ‘abitudinari’ di cui circa 1,2 milioni sono considerati problematici, ovvero con dipendenza. La ludopatia è una dipendenza pericolosa che colpisce anche i più giovani. Il primo passo è riconoscerla ma poi è necessario intervenire. Per questo ho firmato oggi un decreto per l’adozione di un regolamento nazionale per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle persone affette dal gioco d’azzardo patologico.


Questo ciò che scrive il nostro governo nazionale, sia pur facendo riferimento ad un’edizione precedente (la quarta) del Manuale Statistico Diagnostico, già citato precedentemente. Una pubblicazione dell’Organizzazione mondiale della Sanità del giugno 2017 definisce il gioco d’azzardo patologico un comportamento che ha, cito testualmente dall’inglese, “un lungo pedigree che si perde nei millenni e pervade molte culture e società[…]”1 e stima attualmente nel mondo ci siano 350 milioni di persone con tale problema (ibidem). Stiamo parlando dunque di qualcosa che è universalmente riconosciuto come “malattia”.

Il pregiudizio della volontà

La coscienza collettiva tuttavia sembra ancora fare un po’ fatica ad inserire il gioco d’azzardo patologico in un contesto di natura esclusivamente “socio-sanitaria”, probabilmente poiché sotto traccia rimane il pregiudizio che tale “vizio” (il gioco) se solo si volesse lo si può sconfiggere. In altri termini, per dirla con un moto popolare “si tratta solo di volerlo. Chi non lo fa è perché non si impegna e quindi quantomeno un po’ se lo cerca…”. Riecheggia qui la stessa antifona che decenni addietro aleggiava per quel riguardava le tossicodipendenze e considerava tale disturbo alla stregua di un vizio anch’esso.

A chiarire che per ciò che concerne il gioco d’azzardo patologico siamo sullo stesso livello (clinico) delle dipendenze da sostanza ci aiuta il linguaggio specialistico che infatti definisce il gioco patologico una dipendenza “senza sostanza”. Potremo tuttavia dire, in qualche modo, che anche nel caso del gioco la sostanza ci sia: è il denaro, una sostanza illusoria e quasi allucinata dal giocatore patologico tanto da cercare paradossalmente proprio nel gioco la risoluzione a tale mancanza, tale astinenza, fino a permettere che il gioco travolga vita stessa.

Interventi preventivi

La prevenzione Per prevenzione possiamo intendere un atteggiamento a-prioristico, un’idea precostituita, formulata al di là di una verifica con la realtà. Proprio come nel caso del pregiudizio sopra citato. Tuttavia ben sappiamo che nel linguaggio medico consiste nell’adozione di misure e provvedimenti atti ad impedire o limitare l’insorgenza di pericoli o patologie di natura disparata.

È in questa seconda accezione che ci interessa ovviamente di più in relazione al discorso imbastito fin ora sulla ludopatia. Al di là delle disposizioni di trattamento che si possono attuare nel momento in cui si constata l’insorgenza di un disturbo conclamato di gioco d’azzardo, la letteratura di settore è concorde nel puntare soprattutto sulla dimensione preventiva rispetto a tale problematica. In tal senso, l’esposizione e soprattutto la vicinanza e la facilità di accesso di luoghi di rischio quali locali che offrano la possibilità del gioco d’azzardo costituisce uno dei criteri preventivi primari in assoluto.

Non entro nel merito del giudizio della legge emanata dalla Regione Piemonte, ma ripeto, uno dei fattori decisivi nel contrasto alla piaga della ludopatia è giocato con la carta della prevenzione, intesa anche con la non esposizione a fattori di rischio, soprattutto da parte di fette di popolazione, scusate il gioco di parole, ad alto rischio di sviluppo di condotte ludopatiche. Aggiungo tuttavia ancora una considerazione: prevenzione come non esposizione a fattori di rischio è sicuramente un grosso aiuto a tal riguardo, ma non mi accontenterei. Prevenzione è anche avere un piano di intervento ampio e strutturale per salute psichica dei cittadini, cosa che sembra essere sempre più un miraggio per gli italiani.

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