Macron e il “divieto”… di ammalarsi di Covid-19

di Giuseppina Viberti
e Germana Zollesi |

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Nel giorno del 242° anniversario della Rivoluzione, della presa della Bastiglia, dello spirito dell’eguaglianza e della libertà conquistato dal popolo francese, il movimento protestatario dei gilet gialli è ritornato in azione, con scontri anche accesi con la polizia, invocando la disobbedienza civile dopo la linea dura anti pandemia decisa dal presidente Emmanuel Macron. L’Eliseo ha deciso di vietare i viaggi in treno, i centri commerciali e culturali, i cinema e i musei per coloro che non sono vaccinati. In alternativa i cittadini, che dovranno avere il cosiddetto dovranno dimostrare di essere in possesso di un test negativo, che non sarà più gratuito. Ci sarà, inoltre, l’obbligo di vaccinazione per il personale medico e per chi lavora con le persone fragili. La Francia, dunque, patria dell’Illuminismo e da sempre difensore del più alto livello di libertà si trova ora ad avere un Presidente accusato di ridurre la libertà degli stessi cittadini. Il provvedimento del presidente Macron ha fatto proseliti in Italia, dove più esponenti del governo e lo stesso Commissario per l’Emergenza, il generale Francesco Figliuolo, sono stati espliciti nell’affermare che il sistema del Green Pass potrebbe essere la spallata decisiva contro l’indecisione al vaccino.

Quando i problemi escono dall’alveo della scienza e cadono nelle grinfie della demagogia si rischia di falsare la realtà. Purtroppo gli indicatori sul contagio stanno fornendo informazioni allarmanti: il problema è che non si è ancora deciso esattamente sul come rilevarli e su questo le discipline mediche-epidemiologiche e amministrative dovrebbero raggiungere velocemente una sintesi, altrimenti continuiamo a parlare del nulla.

La libertà può contemplare la libertà di contagiare?

La questione di base è stabilire se lo Stato Francese (così come gli altri Stati) è legittimato, davanti ad una sospetta ripresa della pandemia, di estendere misure precauzionali (in Olanda il le infezioni da Coronavirus sono cresciute del 500% portando il tasso di positività al 13,4%) e come gestirne l’attuazione. Macron ci ha come si suol dire “messo la faccia” apparendo direttamente alla TV francese a rete unificate annunciando l’estensione del Green Pass per accedere in luoghi pubblici al chiuso. La reazione dei francesi si è concretizzata in un boom di richieste di vaccinazioni (960.000 per la precisione). La domanda che sorge spontanea è se tale comportamento è stato dettato da un accresciuto senso civico o dalla voglia di andare nei bistrot…?

Che cosa è necessario per contrastare la pandemia è ancora in parte da definire e dipende anche dalle condizioni locali. Non a caso, la Commissione Europea si limita a consigliare, ma precisa che non rientra nella sue competenze gestire le campagne vaccinali, decisione di competenza degli Stati membri. Certamente quello che si fa in Francia non può non essere preso in considerazione vuoi, per la vicinanza di confine, vuoi per le affinità culturali.

Personale sanitario al bivio: o vaccino o busta paga zero

Il ministro della salute Olivier Véran ha stabilito che il personale sanitario che non si sarà completamente vaccinato entro il 15 settembre non potrà più lavorare e privato del salario. Ciò genera alcune riflessioni sulla validità dei provvedimenti presi in base alle conoscenze epidemiologiche in possesso. Conoscenze inevitabilmente destinate a modificarsi nel volgere di pochi giorni, per cui risulta ieratico chi è sempre a favore di “chiudere” o “riaprire”. In altre parole, si fa ciò che serve, non ciò che piace, ma ancor più appetibile per il burocrate di turno è discutere se sia legittimo togliere lo stipendio a chi non si vaccina. Sotto un profilo sanitario non si può non sottolineare che un operatore non vaccinato accresce la possibilità di contagiare non giovani tifosi, ma soggetti deboli già portatori di altre patologie (quali sono i pazienti che frequentano gli ospedali e gli ambulatori). La libertà di non vaccinarsi del personale sanitario deve quindi conciliarsi con il diritto di non essere contagiato da chi si trova già con anamnesi più o meno preoccupanti e che non può verificare il grado di pericolosità di chi lo ha in cura.

A questo punto, dovrebbe essere chiaro che il virus è indifferente ai dibattiti…

I In questo contesto il ruolo dello Stato, così come lo conosciamo, è certamente quello di garantire di libertà, ma di chi? Del paziente che già soffre di altre patologie o di chi ritiene di essere depositario delle conoscenze medico-epidemiologiche in contrasto con quanto asserisce la comunità scientifica? La storia della scienza è cosparsa di errori e sicuramente anche quello che sta dicendo oggi la comunità scientifica può presentare imperfezioni, ma siamo sicuri che il pensare che ognuno si comporti a suo piacimento riduca le possibilità di contagio? Questo non è un problema secondario socio-politico. Anzi. Detto fuori dai denti, il caos informativo dominante non giustifica in alcun modo l’evitare risposte o, al peggio, contraddire a priori ciò che l’esecutivo decide con la scusa di amputazioni alla libertà. Se si teme questo, ben più di una realtà internazionale saziano questi timori…

Per tentare di arginare lo sviluppo delle mutazioni del Coronavirus, che comunque saranno sempre presenti, è un obbligo civile nei confronti di sé stessi e degli altri cittadini provvedere alla vaccinazione che, come abbiamo già sottolineato in un recente articolo1, deve essere diffusa a livello globale se non vogliamo favorire l’esplosione del virus e renderlo endemico nelle aree più povere e meno sviluppare del pianeta. Soltanto così potremo sperare di riprendere in mano la nostra vita da cittadini liberi.

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1“Covid-19, la varianza delle variabili” in:https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2021/07/model_-vz.pdf




Posted on: 2021/07/15, by :