Migranti: al confine tra Bosnia e Croazia, ritorna la violenza della storia
di Menandro|
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La cronaca riagguanta capitoli oscuri e terribili della storia, mentre Bruxelles è impegnata… a girarsi dall’altra parte: al confine con la Bosnia, gruppi paramilitari croati, cioè di un paese che fa parte dell’Unione Europea, vigilano al confine per impedire “manu militari” di oltrepassarlo ai migranti del campo profughi di Lipa. Un campo, a trenta chilometri da Bihac (nord della Bosnia-Erzegovina) che viene definito “un inferno”, denunciano agenzie e quotidiani, bruciato due giorni prima di Natale, in cui vivono al gelo e alla fame un migliaio di persone. Uno stridente contrasto con il senso della Natività e della bontà che viene rimandato dagli stereotipi occidentali, ma in perfetta coerenza con la storia di Gesù bambino rifiutato e di una Madonna costretta ad allattare suo figlio in una stalla. Quei profughi sono il simbolo di una storia millenaria che si ripete con allucinante puntualità, perché alimentata da un clima di odio che è stato diffuso in Europa e nel mondo, e dalla paura inoculata goccia a goccia nelle nostre menti. Esattamente come duemila anni fa.
Ma fa sobbalzare il nostro istinto di conservazione, conservazione dell’amore per la libertà, quando si presta l’orecchio agli allarmi per la presenza di gruppi paramilitari in Croazia, che con la violenza hanno il compito di respingere i migranti, di dissuaderli a cercare di sfuggire ad un destino che nella neve e senza cibo è comunque una sentenza di morte. E allora ritorna l’eco prepotente della guerra nei Balcani, insieme alla sensazione di percepire l’odore del sangue innocente che scorre a fiumi per i massacri ed eccidi di popolazioni inermi. Nell’andare all’indietro, le lancette dell’orologio raccolgono ancora immagini di violenza: le foto degli ustascia croati, le milizie di Ante Pavelić, punta di diamante nel massacrare partigiani ed ebrei durante l’occupazione nazifascista in Jugoslavia nella Seconda guerra mondiale. Di quanti anni e secoli, allora dovremo camminare all’indietro nel tempo per richiamare l’attenzione dell’Europa all’ennesimo grido di dolore degli ultimi?
(Foto di Paolo Siccardi)
Posted on: 2020/12/29, by : admin
Ma fa sobbalzare il nostro istinto di conservazione, conservazione dell’amore per la libertà, quando si presta l’orecchio agli allarmi per la presenza di gruppi paramilitari in Croazia, che con la violenza hanno il compito di respingere i migranti, di dissuaderli a cercare di sfuggire ad un destino che nella neve e senza cibo è comunque una sentenza di morte. E allora ritorna l’eco prepotente della guerra nei Balcani, insieme alla sensazione di percepire l’odore del sangue innocente che scorre a fiumi per i massacri ed eccidi di popolazioni inermi. Nell’andare all’indietro, le lancette dell’orologio raccolgono ancora immagini di violenza: le foto degli ustascia croati, le milizie di Ante Pavelić, punta di diamante nel massacrare partigiani ed ebrei durante l’occupazione nazifascista in Jugoslavia nella Seconda guerra mondiale. Di quanti anni e secoli, allora dovremo camminare all’indietro nel tempo per richiamare l’attenzione dell’Europa all’ennesimo grido di dolore degli ultimi?
(Foto di Paolo Siccardi)
Posted on: 2020/12/29, by : admin