Nel centenario di Enrico Berlinguer: il comizio di Cuneo del 1° aprile 1984

di Livio Berardo |

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Stasera, 25 maggio, alle 21 a Cuneo, avrà luogo presso presso il Centro Congressi della Provincia (Sala Falco) l’incontro-dibattito “Berlinguer e il mondo del lavoro”, che ruota attorno al ricordo del comizio che il leader del Pci tenne nel capoluogo della “Granda” il 1° aprile del 1984. L’iniziativa, promossa dal “Comitato cuneese per il centenario berlingueriano”, è al suo secondo appuntamento, dopo quello del 9 maggio che si è svolto a Mondovi sul tema “Berlinguer e la questione ambientale”. All’incontro parteciperanno Liba Riba, all’epoca segretario provinciale del Pci, Marcello Faloppa e Mario Borgna, già segretari della Camera del lavoro, Noemi Pumetta, lavoratrice precaria della sanità, Giorgio Airaudo, segretario regionale Cgil-Piemonte, e Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana. La Porta di Vetro ospita un articolo di Livio Berardo, già presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Cuneo, membro del Comitato cuneese.

I due mesi intercorsi fra il comizio tenuto a Cuneo sulla piazza del municipio e la morte avvenuta a Padova l’11 giugno 1984 in conseguenza di un ictus che l’aveva colpito quattro giorni prima sul palco furono spesi da Enrico Berlinguer in un instancabile peregrinare attraverso l’Italia per motivare i militanti del Pci nelle due battaglie in cui il partito era impegnato. La prima era quella contro il taglio della scala mobile, vale a dire il meccanismo di indicizzazione dei prezzi che risarciva, con qualche ritardo, i lavoratori dipendenti dalla perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione (nel 1980 aveva raggiunto il 21,2%).

La battaglia contro il taglio della scala mobile

Non era più inflazione da incremento della domanda alimentata dai miglioramenti salariali, come era stata all’inizio degli anni ’60, ma una vera e propria inflazione da costi, iniziata nel 1973, a seguito della prima crisi petrolifera, e proseguita nel 1979, con la seconda crisi energetica. Si era poi innescata la cosiddetta spirale inflazionistica, un meccanismo perverso, per cui produttori e venditori si comportano come se i prezzi dovessero continuare ad aumentare. A ciò si aggiunse un crescente deficit (e poi debito) nel bilancio dello Stato e la mancata riforma fiscale che consegnava intere classi sociali all’evasione. Ma in questo contesto, i lavoratori dipendenti non avevano nessuna responsabilità né per la spirale inflazionistica, né per i buchi di bilancio. Così il 14 febbraio 1984 un decreto (detto non a caso di San Valentino) – approvato dal governo Craxi – tagliò 3 punti percentuali della scala mobile. Scioperi spontanei scoppiarono qua e là nel paese. Divenne legge il giorno dopo la morte di Enrico Berlinguer. Come aveva dichiarato il governatore onorario della Banca d’Italia Paolo Baffi, la sua efficacia in politica economica era prossima allo zero. Segnò invece una sconfitta per il movimento operaio e l’inizio dello smantellamento delle conquiste sociali degli anni ’70.

Pace e disarmo, la lungimiranza di un leader

Gli ultimi mesi di vita furono spesi da Berlinguer per un’altra grande campagna, quella per la pace e il disarmo. Nel 1977 l’Unione Sovietica aveva installato nella sua parte europea i missili SS-20, o missili a corta gittata, in grado di raggiungere molto velocemente gli obiettivi oltre la frontiera e senza lasciare il tempo di una risposta simmetrica. Così nel dicembre 1979 la NATO decideva di dispiegare un certo numero di Pershing e Cruise, le cui caratteristiche li rendevano simili agli SS20.
I missili dovevano essere istallati in Germania e Gran Bretagna. In Italia, Francesco Cossiga e Bettino Craxi offrirono agli USA la base di Comiso in Sicilia. Una decisione contro la quale si sviluppò un ampio movimento pacifista, di cui il PCI fece parte. Attorno all’aeroporto si tennero grandi raduni. Per mano della mafia, che aveva posto gli occhi sugli appalti per il riadattamento, perse la vita Pio La Torre, segretario regionale del PCI, già estensore con il ministro Rognoni della legge che introduceva il sequestro dei beni dei malavitosi. Berlinguer fu accusato di fare il gioco dell’URSS. La sua proposta in realtà non mirava al disarmo unilaterale, bensì bilaterale. Dichiarava l’11 maggio 1984: “Se si è creato con gli SS-20 uno squilibrio, ebbene si smantellino i missili che risultano aver alterato l’equilibrio e non se ne installino altri. Secondo: si vada subito ad un negoziato reale e per tutto il tempo necessario a conseguire l’obiettivo di una riduzione… Gli Usa e la Nato dovrebbero dichiararsi e dimostrarsi disposti a ritirare gli euromissili già installati. L’Urss e il Patto di Varsavia dovrebbero dichiararsi e dimostrarsi disposti a ritirare i nuovi missili”. Posizioni analoghe esprimevamo il primo ministro svedese, il socialdemocratico Olof Palme (verrà assassinato due anni più tardi) e l’allora presidente della Spd Willy Brandt, già cancelliere della Germania Ovest dalla 1969 al 1974. Sarà su questi presupposti che l’8 dicembre 1987 Reagan e Gorbaciov, nell’accordo per l’eliminazione di 2000 testate nucleari, inseriranno innanzi tutto lo smantellamento degli “euromissili”.

Il senso dell’equilibrio internazionale

Berlinguer non poté vedere l’affermazione di una linea lungimirante, di pacifismo al contempo sostanziale e giuridico. Fa specie ascoltare in questi giorni commenti di giornalisti o di esponenti di forze politiche, che dovrebbero aver conservato, sia pur diluita, qualche traccia dell’eredità di Berlinguer, farne un’apologeta della NATO. Si cita spesso a sproposito l’intervista rilasciata il 15 giugno 1976 al «Corriere della Sera». Berlinguer non ha mai usato la parola “ombrello”.

È stato invece l’intervistatore, Giampaolo Pansa, a chiedergli: «Il Patto Atlantico può essere uno scudo utile per costruire il socialismo nella libertà…». La risposta fu: «Io voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico anche per questo, e non solo perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento più sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per limitare la nostra autonomia». Quindi Pansa aggiunse: «Comunque, lei non crede che il socialismo nella libertà sia più realizzabile nel sistema occidentale che in quello orientale?». Berlinguer precisò: «Sì, certo, il sistema occidentale offre meno vincoli. Però stia attento. Di là, all’Est, forse, vorrebbero che noi costruissimo il socialismo come piace a loro. Ma di qua, all’Ovest, alcuni non vorrebbero neppure lasciarci cominciare a farlo, anche nella libertà».

Il PCI aveva rinunciato a chiedere l’uscita dell’Italia dalla NATO: se l’obiettivo era il superamento contestuale dell’Alleanza atlantica e del Patto di Varsavia, uscite unilaterali avrebbero incrinato l’equilibrio fra gli schieramenti. Berlinguer sapeva benissimo che il Patto di Varsavia aveva significato i carri armati a Budapest e a Praga, ma non ignorava che all’ombra della NATO si era consumato il golpe dei colonnelli greci, erano stati intrapresi i conati di De Lorenzo e Borghese, ordite le trame di Licio Gelli. La sua analisi era intrisa al contempo di grande tensione ideale e di razionale realismo.




Posted on: 2022/05/25, by :