“Ora, subito, Ucraina candidata nell’Europa”
di Mercedes Bresso |
|In questi giorni di pressanti richieste da parte del presidente Volodymyr Zelensky di avviare la procedura di ingresso nell’Unione Europea del suo paese, molti commentatori hanno sostenuto che l’allargamento rischia di essere in contrasto con l’obiettivo di approfondire l’Unione politica dell’Europa, aumentandone i poteri nel campo della politica estera e di difesa, e su altri temi essenziali per avviare un processo federale, quali l’introduzione del voto a maggioranza qualificata almeno in tutti i campi strategici. Come avrebbe dimostrato il precedente allargamento a molti paesi dell’ex impero sovietico, che stanno dando molte delusioni agli europeisti.
Ora è certamente vero che l’ingresso di paesi piuttosto euroscettici come Polonia, Ungheria, Slovacchia e ora anche Slovenia ha rallentato il processo di approfondimento dell’Unione ma dovremmo ricordare che molti di essi non lo erano al momento del loro ingresso e che hanno avuto una evoluzione conservatrice in questi ultimi anni, ma che ciò non è avvenuto soltanto in quei paesi. Non dimentichiamo che furono la Francia e l’Olanda a bloccare l’approvazione del trattato costituzionale e non i paesi dell’est e che i cosiddetti “frugali” sono collocati nel nord ovest del continente. La stessa Italia di Spinelli, si è trovata pochi anni fa ad avere un governo anti europeo. In molti di questi casi l’essere nell’Ue non solo non è stato un danno, ma ha favorito, o potrà favorire, il ritorno a posizioni più democratiche e europeiste.
Ricordo di essermi trovata, come presidente del Comitato delle Regioni al Consiglio Europeo informale che si tenne a Vilnius nel 2011, quando l’Ucraina doveva firmare un accordo di associazione con l’Unione Europea e ne fu bloccata da un intervento russo fortemente contrario che provocò un arresto del processo. Non era ancora uno status di paese candidato ma ne era, speravano gli ucraini, un avvicinamento.
Davanti all’ingresso del castello in cui si teneva la riunione centinaia di cittadini ucraini erano venuti con le bandiere dell’UE a chiederci di non abbandonarli. Fu un momento emozionante che ci disse, una volta di più, come l’Europa sia considerata un luogo della democrazia, dei diritti dei cittadini, di mutua assistenza. E, naturalmente, come l’Unione Europea fosse anche ritenuta la porta di ingresso per la Nato, cioè per la protezione militare. Se allora avessimo avuto più coraggio l’attacco di Putin sarebbe forse stato evitato.
Anche ora, in uno dei momenti più drammatici della loro storia, gli ucraini ci chiedono di avviare la procedura di ingresso concedendo loro, da subito, lo status di paese candidato, disposti a rinunciare alla Nato, ma non alla casa comune europea. Credo che sarebbe un grave errore rispondere come fa di solito l’UE con un rinvio: “certo, vi faremo entrare, ma servono tempo, garanzie, esami…”. Ma come si fa a dire a chi, sotto le bombe russe, chiede di dare forma concreta al suo sogno: aspettate, dobbiamo riflettere, discutere, forse fra qualche anno…, prima ci sono altri paesi da esaminare…?
Ci sono momenti della storia in cui servono coraggio e rapidità di decisione, due cose per cui l’Europa purtroppo non brilla. Come dovremmo rispondere per essere all’altezza del ruolo che dall’esterno ci attribuiscono? Anzitutto dovremmo da subito accettare di attribuire all’Ucraina la posizione di paese candidato. Lo ha meritato sul campo il suo Presidente, parlando ai parlamenti nazionali e a quello europeo come “uno di noi”, per i valori che difende e per il rapporto straordinario che ha saputo costruire con i suoi concittadini sostenendoli e motivandoli nella loro disperata resistenza.
E poi? Non c’è dubbio che le procedure complesse che sono previste dovranno essere seguite, ma sarebbe troppo domandare che la Commissione lo faccia senza lungaggini burocratiche e inutili perdite di tempo? Cosa che peraltro meriterebbero anche altri paesi candidati che sono da tempo lasciati in un limbo melmoso senza che si offra loro una prospettiva seria di una futura adesione, anche mettendo in chiaro perché il processo è bloccato e che cosa ci attendiamo da loro per riattivarlo.
Posted on: 2022/03/26, by : admin
Ora è certamente vero che l’ingresso di paesi piuttosto euroscettici come Polonia, Ungheria, Slovacchia e ora anche Slovenia ha rallentato il processo di approfondimento dell’Unione ma dovremmo ricordare che molti di essi non lo erano al momento del loro ingresso e che hanno avuto una evoluzione conservatrice in questi ultimi anni, ma che ciò non è avvenuto soltanto in quei paesi. Non dimentichiamo che furono la Francia e l’Olanda a bloccare l’approvazione del trattato costituzionale e non i paesi dell’est e che i cosiddetti “frugali” sono collocati nel nord ovest del continente. La stessa Italia di Spinelli, si è trovata pochi anni fa ad avere un governo anti europeo. In molti di questi casi l’essere nell’Ue non solo non è stato un danno, ma ha favorito, o potrà favorire, il ritorno a posizioni più democratiche e europeiste.
Ricordo di essermi trovata, come presidente del Comitato delle Regioni al Consiglio Europeo informale che si tenne a Vilnius nel 2011, quando l’Ucraina doveva firmare un accordo di associazione con l’Unione Europea e ne fu bloccata da un intervento russo fortemente contrario che provocò un arresto del processo. Non era ancora uno status di paese candidato ma ne era, speravano gli ucraini, un avvicinamento.
Davanti all’ingresso del castello in cui si teneva la riunione centinaia di cittadini ucraini erano venuti con le bandiere dell’UE a chiederci di non abbandonarli. Fu un momento emozionante che ci disse, una volta di più, come l’Europa sia considerata un luogo della democrazia, dei diritti dei cittadini, di mutua assistenza. E, naturalmente, come l’Unione Europea fosse anche ritenuta la porta di ingresso per la Nato, cioè per la protezione militare. Se allora avessimo avuto più coraggio l’attacco di Putin sarebbe forse stato evitato.
Anche ora, in uno dei momenti più drammatici della loro storia, gli ucraini ci chiedono di avviare la procedura di ingresso concedendo loro, da subito, lo status di paese candidato, disposti a rinunciare alla Nato, ma non alla casa comune europea. Credo che sarebbe un grave errore rispondere come fa di solito l’UE con un rinvio: “certo, vi faremo entrare, ma servono tempo, garanzie, esami…”. Ma come si fa a dire a chi, sotto le bombe russe, chiede di dare forma concreta al suo sogno: aspettate, dobbiamo riflettere, discutere, forse fra qualche anno…, prima ci sono altri paesi da esaminare…?
Ci sono momenti della storia in cui servono coraggio e rapidità di decisione, due cose per cui l’Europa purtroppo non brilla. Come dovremmo rispondere per essere all’altezza del ruolo che dall’esterno ci attribuiscono? Anzitutto dovremmo da subito accettare di attribuire all’Ucraina la posizione di paese candidato. Lo ha meritato sul campo il suo Presidente, parlando ai parlamenti nazionali e a quello europeo come “uno di noi”, per i valori che difende e per il rapporto straordinario che ha saputo costruire con i suoi concittadini sostenendoli e motivandoli nella loro disperata resistenza.
E poi? Non c’è dubbio che le procedure complesse che sono previste dovranno essere seguite, ma sarebbe troppo domandare che la Commissione lo faccia senza lungaggini burocratiche e inutili perdite di tempo? Cosa che peraltro meriterebbero anche altri paesi candidati che sono da tempo lasciati in un limbo melmoso senza che si offra loro una prospettiva seria di una futura adesione, anche mettendo in chiaro perché il processo è bloccato e che cosa ci attendiamo da loro per riattivarlo.
Posted on: 2022/03/26, by : admin