Passato e presente tra scienza e cialtroneria

di Emanuele Davide Ruffino
e Germana Zollesi |

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Mantenere spirito critico e senso della misura per non cadere in un delirio interpretativo sta diventando un esercizio sempre più complesso: la difficoltà, presente anche negli ambienti più acculturati della nostra società, consiste nel discernere tra cos’è scienza e cos’è cialtroneria (e se non si risolve il busillis difficilmente si riuscirà ad uscire dall’impasse in cui è istericamente caduta la nostra società). Alcuni giornali dicono che non ci sono vaccini a sufficienza, altri giornali dicono che è tutta colpa dell’organizzazione… in pochi però s’interrogano sulla veridicità delle notizie (pressoché nessuno s’interroga sugli effetti delle notizie divulgate).

Sugli effetti dei vaccini è pleonastico mettere a rapporto i dati, che confermerebbero inequivocabilmente un’indubbia validità a fronte di rischi le cui percentuali sono rappresentate da una serie di zeri, prima di arrivare ad un numero significativo, mentre a maggior effetto risultano i confronti tra i rischi, fino ad oggi accertati, di complicanze derivanti dalla somministrazione del vaccino (rarissimi) e qualsivoglia altro farmaco, ben più pericolosi, che quotidianamente ingeriamo (aspirina, anticoncezionali… a scelta del lettore).

Per esempio, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità esiste una relazione comprovata tra il consumo eccessivo e inappropriato di antibiotici e l’insorgenza del fenomeno della resistenza, presente sia nel mondo umano, sia in quello animale e ciò provoca, ogni anno, circa 700 mila decessi per infezione dovute a batteri resistenti agli antibiotici. Di queste, secondo le stime del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) 33 mila si registrano in Europa (UE) e oltre 10 mila riguardano in specifico l’Italia. Una strage che però non fa clamore, schiacciati come siamo dal dominio della “monomalattia” del coronavirus.

Per un pugno di vaccini in più

All’inizio della pandemia si era detto che ci sarebbero voluti 10 anni per mettere a punto un vaccino (calcolo effettuato in base alle serie storiche): invece si sono impiegati solo 10 mesi per sintetizzare le prime dosi da inoculare, grazie alla massa di risorse impiegate e alla rete di laboratori che hanno potuto esaminare rapidamente milioni di casi. Dieci mesi contro 10 anni: situazione che un anno fa sarebbe stata implorata da ognuno di noi! Eppure oggi si registrano dei dubbi atroci, anche da parte delle autorità che ne devono autorizzare la somministrazione sul loro utilizzo, mentre l’opinione pubblica si dilania in sperticate osservazioni senza nessuna evidenza scientifica.

Non solo i farmaci, ma qualsivoglia sostanza alimentare che ingeriamo deve essere sottoposta a controllo e, una volta appurata la qualità, occorre continuare a monitorare nel tempo tutte le possibili conseguenze per verificare (cosa già verificatasi per molti farmaci) che, nel corso degli anni, non si producano controindicazioni. Ciò succede da decenni in ogni laboratorio e succederà anche negli anni a venire perché, come insegnava Galileo Galilei (rischiando di finire sul rogo per frasi del tipo: “Io stimo più il trovare un vero di cosa leggera ch’el disputare lungamente delle massime questioni senza conseguire verità nessuna”), la scienza procede per tentativi ed errori: il vero metodo scientifico non ha paura dell’errore, ma lo accetta, lo supera e impara da esso e ciò ha permesso, nel corso dei secoli, di acquisire maggiore conoscenze e di sviluppare soluzioni affidabili. Bisogna essere grati a chi, partendo dall’uomo primitivo agli scienziati dei giorni nostri continua a provare e a sperimentare.

Per capire come si è giunti alle attuali conoscenze bisogna infatti tornare ai primi espedienti, quando nel tentativo di curare le febbri, di cauterizzare le ferite o di drenare la parte malata si provò letteralmente di tutto: dal coprire le ferite con foglie di ampie dimensioni, ad impacchi di erbe, nel delegare il compito alle larve, cui seguì l’apporre pezzi di legno o pietre incandescenti. Esperimenti che non sembrano avere un granché di scientifico, ma se non si fossero provate queste soluzioni non vi sarebbe stato lo start up delle scienze mediche. Con l’andare del tempo, si raffinarono le tecniche: le più comuni consistevano nell’appoggiare sostanze quali il nitrato di potassio (utilizzato anche come detergente) o lo zolfo (cui veniva dato fuoco per facilitare la cicatrizzazione), l’uso di aghi vegetali (come quelli di acacia) o di piume d’uccello per cercare di rimarginare le ferite.

Quanti errori sono stati commessi e quante morti dovremmo contare per poter disporre delle attuali conoscenze. Ma oggi il meccanismo sembra essersi rotto: la scienza deve dare immediatamente risposte assolute… altrimenti andiamo dai ciarlatani! Gli uomini di scienza sanno che le risposte assolutamente ed incontrovertibilmente valide non esistono (ma, visto l’isterismo che contraddistingue la nostra società è bene non parlarne per non generare altre paure).

Ostacoli e smarrimenti nel cammino della scienza

Gli imbonitori sono sempre esistiti, anzi in passato avanzavano pure delle rivendicazioni. La Storia ricorda come i “ciarlatani” manifestarono le loro “rivendicazioni” per poter essere autorizzati ad esercitare la loro professione: così nel 1718 furono legittimati a vendere i loro prodotti nei territori della Serenissima, e prima ancora di Venezia furono autorizzati ad operare a Roma nel 1656. Anticipando così lo stile da azzeccagarbugli, tipico della cultura italiana, dove nessuno si assume il compito di controllare la natura dei prodotti o di verificare i loro effetti, ma il tutto si concentrò in una disputa in termini di diritto (nel mentre, l’Inghilterra ha praticamente azzerato i decessi). D’altronde come poteva il Cardinal Bonelli resistere a suppliche del tipo: «Ill.mo e Rev.mo Signore, li poveri ciarlatani o circolatori umilmente espongono a SS. Ill.ma come che per l’accidente del contaggio li fu da Mons.Ill.mo Bonelli allora governatore con ordine in voce proibito il circolare nelle solite piazze; pertanto supplicano SS.Ill.ma che essendo per la Dio gratia cessato ogni sospetto di male conceder licentia di poter circolare come facevano prima che il tutto» (all’epoca i ciarlatani erano una categoria organizzata con proprie rappresentanze).

Risulta sicuramente prudenziale effettuare ogni tipo di controllo e di verificare l’affidabilità dei prodotti in commercio, ma i vaccini rappresentano una strana forma di mercato: non è vincente chi produce (spesso realizzati da lavoratori sfruttati in qualche parte del mondo) ma chi detiene/concede i diritti di brevetto; non possono essere messi in commercio se non dopo iter lunghissimi (dove inevitabilmente si finisce per avvantaggiare un prodotto rispetto agli altri); ma soprattutto è sufficiente una fake news per decretare il successo o meno di un prodotto. E tutto ciò indipendentemente dal reale beneficio che il singolo prodotto può offrire.




Posted on: 2021/05/06, by :