Per il sultano Erdogan la storia ritorna: 1936, quando Hitler militarizzò la Renania
di Mauro Nebiolo Vietti |
| Chi studia la storia sostiene che non accade nulla di nuovo, ma che le dinamiche del passato tendono a ripetersi cosicché chi confronta un fatto di oggi con quanto accaduto ieri può anche prevedere con ragionevole approssimazione quali potranno esserne gli sviluppi futuri. Ovviamente si tratta di un’analisi che prescinde dalle modalità temporali, dalla strumentazione tecnologica e da quant’altro differenzia un’epoca da un’altra, concentrandosi invece sui modelli comportamentali e sull’analisi psicologica dei personaggi.
Ci si riferisce quindi agli scenari, non alle dinamiche che possono essere influenzate da elementi diversi per ogni situazione e che non devono alterare il lavoro dell’analista, figura che dovrebbe essere presente nel team di ogni politico di rilievo perché fondamentale nel valutare non solo il contesto in cui avviene un fatto, ma anche la dinamica storica che può permettere di immaginare, con ragionevole approssimazione, quali potrebbero essere gli sviluppi di un determinato accadimento.
Avviene ora che la Turchia di Erdogan aggredisca la fascia territoriale ove sono insediate le comunità curde, evento che deve essere valutato anche alla luce di una situazione contraddittoria:
– la Turchia partecipa ad un contesto europeo ed è parte integrante del suo tessuto economico ed, a parole, dichiara il proprio interessamento a far parte della UE;
– la Turchia sta gradualmente disapplicando i principi europei quali la laicità dello stato ed il rispetto delle regole democratiche; emerge un preciso indirizzo finalizzato a restaurare come preminenti i valori religiosi intesi come criteri per la guida della nazione, ove il progetto finale, eliminati gli oppositori, soppressa la libertà di stampa e condizionata la magistratura con un’ondata di arresti è quello di riportare alla luce il vecchio sultanato dove, ovviamente, Erdogan si vede nei panni del futuro sultano.
Se è vero quanto sopra, Erdogan ha agito in linea di coerenza con la sua politica ad invadere le zone di insediamento delle comunità curde perché esse sono antitetiche allo sviluppo del suo progetto; l’organizzazione politica dei curdi è laica, l’istruzione è considerata un passaggio essenziale nello sviluppo della comunità e la donna è vista in termini paritari; in altre parole i curdi sono indipendenti, moderni e democratici come qualunque popolazione europea ed è ovvio che una contaminazione sui confini con tali modelli non poteva non determinare rischi per i progetti turchi. Ovviamente l’Europa ha reagito con molte e vibrate proteste verbali, e la disponibilità dei governi a interrompere la vendita di armi (rinviata), ma che ha fatto emergere una verità, con cui si convive nell’indifferenza più ipocrita all’insegna del pecunia non olet, che alcuni stati (tra cui l’Italia) armano in modo continuativo la Turchia.
Quando poi Erdogan è riuscito a spostare lontano dai confini le comunità curde, ha fatto finta di accettare un cessate il fuoco (nel senso che non c’era bisogno di stipulare un accordo perché l’obiettivo era raggiunto) e delle proteste europee non se ne è più sentito parlare.
Se è vero che la storia si ripete e, ripetendosi, ci anticipa ciò che avverrà, la memoria corre al 1936 quando Hitler, violando il trattato di Versailles, militarizzò la Renania, zona tedesca, ma vincolata ad essere priva di ogni armamento difensivo.
Come oggi in Turchia, in allora in Germania era al potere un personaggio che considerava libertà e democrazia valori deboli e che non riteneva gli accordi oggetto di possibili revisioni attraverso un serrato confronto, ma preferiva l’aggressione, irridendo chi non ne condivideva l’opportunità.
In Europa la reazione fu quasi patetica; la Francia fu l’unica a chiedersi se era il caso di reagire, ma poi concluse che era meglio farlo in unione con Gran Bretagna ed Italia; il Belgio si dichiarò neutrale e la Gran Bretagna manifestò dubbi anche sull’opportunità di applicare sanzioni di cui si discusse a lungo in sede di Società delle Nazioni.
Alla fine non se ne parlò più, in Renania si insediarono in modo definitivo guarnigioni militari ed Hitler capì che la comunità occidentale era debole e non era in grado di esprimere opposizione ai suoi obiettivi.
Posted on: 2019/11/16, by : admin
Avviene ora che la Turchia di Erdogan aggredisca la fascia territoriale ove sono insediate le comunità curde, evento che deve essere valutato anche alla luce di una situazione contraddittoria:
– la Turchia partecipa ad un contesto europeo ed è parte integrante del suo tessuto economico ed, a parole, dichiara il proprio interessamento a far parte della UE;
– la Turchia sta gradualmente disapplicando i principi europei quali la laicità dello stato ed il rispetto delle regole democratiche; emerge un preciso indirizzo finalizzato a restaurare come preminenti i valori religiosi intesi come criteri per la guida della nazione, ove il progetto finale, eliminati gli oppositori, soppressa la libertà di stampa e condizionata la magistratura con un’ondata di arresti è quello di riportare alla luce il vecchio sultanato dove, ovviamente, Erdogan si vede nei panni del futuro sultano.
Se è vero quanto sopra, Erdogan ha agito in linea di coerenza con la sua politica ad invadere le zone di insediamento delle comunità curde perché esse sono antitetiche allo sviluppo del suo progetto; l’organizzazione politica dei curdi è laica, l’istruzione è considerata un passaggio essenziale nello sviluppo della comunità e la donna è vista in termini paritari; in altre parole i curdi sono indipendenti, moderni e democratici come qualunque popolazione europea ed è ovvio che una contaminazione sui confini con tali modelli non poteva non determinare rischi per i progetti turchi. Ovviamente l’Europa ha reagito con molte e vibrate proteste verbali, e la disponibilità dei governi a interrompere la vendita di armi (rinviata), ma che ha fatto emergere una verità, con cui si convive nell’indifferenza più ipocrita all’insegna del pecunia non olet, che alcuni stati (tra cui l’Italia) armano in modo continuativo la Turchia.
Quando poi Erdogan è riuscito a spostare lontano dai confini le comunità curde, ha fatto finta di accettare un cessate il fuoco (nel senso che non c’era bisogno di stipulare un accordo perché l’obiettivo era raggiunto) e delle proteste europee non se ne è più sentito parlare.
Se è vero che la storia si ripete e, ripetendosi, ci anticipa ciò che avverrà, la memoria corre al 1936 quando Hitler, violando il trattato di Versailles, militarizzò la Renania, zona tedesca, ma vincolata ad essere priva di ogni armamento difensivo.
Come oggi in Turchia, in allora in Germania era al potere un personaggio che considerava libertà e democrazia valori deboli e che non riteneva gli accordi oggetto di possibili revisioni attraverso un serrato confronto, ma preferiva l’aggressione, irridendo chi non ne condivideva l’opportunità.
In Europa la reazione fu quasi patetica; la Francia fu l’unica a chiedersi se era il caso di reagire, ma poi concluse che era meglio farlo in unione con Gran Bretagna ed Italia; il Belgio si dichiarò neutrale e la Gran Bretagna manifestò dubbi anche sull’opportunità di applicare sanzioni di cui si discusse a lungo in sede di Società delle Nazioni.
Alla fine non se ne parlò più, in Renania si insediarono in modo definitivo guarnigioni militari ed Hitler capì che la comunità occidentale era debole e non era in grado di esprimere opposizione ai suoi obiettivi.
Posted on: 2019/11/16, by : admin