Ponte Morandi: la tragedia, il furore, l’oblio
di Claudio Artusi|
|La tragedia del ponte Morandi, 14 agosto 2018, è ancora in noi. E sono in tanti a ricordare
il furore vendicativo nei confronti del presunto responsabile, in attesa di una sentenza della magistratura: la società Autostrade, concessionaria di gran parte della rete autostradale italiana, con relativi proclami ed ultimatum di revoca della concessione e, ovviamente, di ristoro dei danni. Ora, ad oltre due anni da quel dramma, 41 morti, regna l’oblio sui Dcpm e sui media.
L’ultimo “forte” pronunciamento del Presidente del Consiglio Conte risale ad agosto scorso, quando ha solennemente dichiarato che se la società Autostrade ed i suoi principali azionisti non avessero accettato le condizioni di vendita dell’acquirente individuato nella Cassa Depositi e Prestiti, nel giro di una settimana si sarebbe ritirata la concessione.
Nessuno nega che dopo agosto di sia abbattuta la seconda ondata di Coronavirus, ma è altrettanto vero che qualche oncia in più di prudenza negli ultimatum non avrebbe guastato. Facciamo un passo indietro per entrare nel merito della questione che, ricordiamolo, riguarda direttamente la sicurezza degli automobilisti e i risparmi di migliaia di piccoli azionisti e, dunque, non va circoscritta ad un duello rusticano fra l’azionista di maggioranza, la famiglia Benetton, ed alcune forze politiche.
Cos’è l’istituto della concessione che è alla base della convenzione in essere fra Stato e Società Autostrade? È uno strumento molto diffuso nel mondo occidentale che per la realizzazione e gestione di beni pubblici affida responsabilità e potere di “governo” e “controllo” all’ente pubblico e responsabilità di operare ad un soggetto privato. Si tratta del principio di sussidiarietà richiamato in costituzione e ben presente nella dottrina sociale della Chiesa cattolica. Si tratta del principio su cui si basa il project financing che ha avuto grande sviluppo nei paesi anglosassoni. Si tratta più semplicemente di far sì che ogni soggetto faccia ciò che meglio sa fare. Cominciamo dunque a fare giustizia di una prima scorciatoia imboccata dalla politica, o da una parte di essa, dopo l’incidente: in primis, via le concessioni, perché affidano al privato (assetato di profitto) lo sfruttamento di un bene pubblico.
Nessuno, però, ha ricordato nei giorni del furore che l’80% della rete stradale del Paese è gestita da ANAS e dagli enti locali. Una gestione che sia per affidabilità, sia per sicurezza certo non brilla. Occorreva “un mostro”. Così lo si è individuato ed è diventato “il mostro” da sbattere in prima pagina. Sia chiaro, è possibile, anzi probabile, che vi siano stati comportamenti omissivi, negligenti, speculativi. Ma se così fosse, anzi credo che lo sia, dov’era e dov’è l’altra faccia della luna, il concedente (i ministeri delle infrastrutture e dell’economia) che dovevano controllare e disporre? Nessuno li tira in ballo perché l’omissione riguarda decenni, in cui si sono avvicendati ministri di quasi tutte le forze politiche.
Tornando all’incipit, forse non si tratta di oblio! Vi è certamente una corresponsabilità morale ed operativa degli organi di controllo, e volutamente non cito ambiti contrattuali e penali che sono di pertinenza della magistratura. Ed ogni volta che i governi succedutisi nel tempo sono entrati nel merito di soluzioni sanzionatorie, è probabile che questi aspetti abbiano impedito di procedere secondo i proclami sopra citati, che sono stati solo un esercizio muscolare da dare in pasto ad una opinione pubblica che giustamente chiedeva e chiede di sapere. Rappresento questa riflessione perché ha a che fare ad un ambito ben più largo di un episodio, per quanto tragico esso sia. Lo Stato debole ed inefficiente (in alcuni casi complice) è una delle grandi criticità del nostro Paese e paradossalmente ci aspettiamo che questo soggetto riformi e rigeneri se stesso. Il dopo Covid-19 ci chiamerà a molte sfide, ma certamente la madre di queste sarà l’organizzazione statuale con cui affrontare la ricostruzione, anche morale, del Paese.
Posted on: 2020/12/13, by : admin
Cos’è l’istituto della concessione che è alla base della convenzione in essere fra Stato e Società Autostrade? È uno strumento molto diffuso nel mondo occidentale che per la realizzazione e gestione di beni pubblici affida responsabilità e potere di “governo” e “controllo” all’ente pubblico e responsabilità di operare ad un soggetto privato. Si tratta del principio di sussidiarietà richiamato in costituzione e ben presente nella dottrina sociale della Chiesa cattolica. Si tratta del principio su cui si basa il project financing che ha avuto grande sviluppo nei paesi anglosassoni. Si tratta più semplicemente di far sì che ogni soggetto faccia ciò che meglio sa fare. Cominciamo dunque a fare giustizia di una prima scorciatoia imboccata dalla politica, o da una parte di essa, dopo l’incidente: in primis, via le concessioni, perché affidano al privato (assetato di profitto) lo sfruttamento di un bene pubblico.
Nessuno, però, ha ricordato nei giorni del furore che l’80% della rete stradale del Paese è gestita da ANAS e dagli enti locali. Una gestione che sia per affidabilità, sia per sicurezza certo non brilla. Occorreva “un mostro”. Così lo si è individuato ed è diventato “il mostro” da sbattere in prima pagina. Sia chiaro, è possibile, anzi probabile, che vi siano stati comportamenti omissivi, negligenti, speculativi. Ma se così fosse, anzi credo che lo sia, dov’era e dov’è l’altra faccia della luna, il concedente (i ministeri delle infrastrutture e dell’economia) che dovevano controllare e disporre? Nessuno li tira in ballo perché l’omissione riguarda decenni, in cui si sono avvicendati ministri di quasi tutte le forze politiche.
Tornando all’incipit, forse non si tratta di oblio! Vi è certamente una corresponsabilità morale ed operativa degli organi di controllo, e volutamente non cito ambiti contrattuali e penali che sono di pertinenza della magistratura. Ed ogni volta che i governi succedutisi nel tempo sono entrati nel merito di soluzioni sanzionatorie, è probabile che questi aspetti abbiano impedito di procedere secondo i proclami sopra citati, che sono stati solo un esercizio muscolare da dare in pasto ad una opinione pubblica che giustamente chiedeva e chiede di sapere. Rappresento questa riflessione perché ha a che fare ad un ambito ben più largo di un episodio, per quanto tragico esso sia. Lo Stato debole ed inefficiente (in alcuni casi complice) è una delle grandi criticità del nostro Paese e paradossalmente ci aspettiamo che questo soggetto riformi e rigeneri se stesso. Il dopo Covid-19 ci chiamerà a molte sfide, ma certamente la madre di queste sarà l’organizzazione statuale con cui affrontare la ricostruzione, anche morale, del Paese.
Posted on: 2020/12/13, by : admin