Punture di spillo: Facebook/Meta, un impero che scricchiola?

a cura di Pietro Terna|

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A giugno del 2019 Facebook annunciava la nascita di un’associazione tra enti di grande rilievo economico, per creare una moneta mondiale, denominata Libra; virtuale, ma stabile. La libbra – la bilancia in latino – o pound, ha insieme il significato di unità di misura di peso e di unità monetaria, come per la nostra lira o per la sterlina, il cui nome ufficiale è pound sterling. Libra era un nome ben scelto, dunque. Il 28 giugno 2019 si leggeva sul Sole 24 Ore1 che all’indirizzo di Ginevra, indicato come sede dell’associazione dotata di 280 milioni e 28 soci eccellenti, l’ente non c’era. Ci vuole tempo, dissero dalla casa madre di Facebook. Il tempo è trascorso e ci ha fatto scordare la Libra.

Quella falsa partenza mi è tornata alla memoria perché in questi giorni Facebook ha lanciato il suo nuovo nome come compagnia2: Meta. Con quel nome, ha anche annunciato un progetto che si propone di far nascere la nuova internet, tramite il metaverso. Il metaverso3, termine che ci arriva dalla fantascienza dura, quella cyberpunk, è una realtà virtuale (un bell’ossimoro, che non notiamo più) operante nell’internet; ciascuno compare lì in tre dimensioni, con una propria sembianza corporea, l’avatar4. Un progetto in cui Meta prevede di investire miliardi di dollari, come ha scritto Reuters5 con un titolo cattivissimo: “Facebook invests billions in metaverse efforts as ad business slows”; in sostanza, Reuters ci dice che Facebook cerca una nuova fonte di ricavi perché il gettito pubblicitario rallenta.

Meta non è sola nel campo, già oggetto delle mire di Microsoft6 per il suo sistema di conferenze. Ancor più realistica, la presenza di chi sviluppa giochi interattivi online7. E allora? Un’altra grande millanteria su cui calerà il silenzio, come è successo per la Libra?

Come mai allora questa operazione? La prima risposta è che Facebook sta attraversando un momento difficile in termini di immagine e di sostanza, con critiche severe dall’interno e dall’esterno, per le interferenze politiche, anche se non imputabili direttamente all’azienda; per la scarsa trasparenza nell’uso dei dati che raccoglie; anche per un crash tecnico molto recente. Un grande rimescolamento di carte, con un nome nuovo in cima alla piramide, ma mantenendo il nome ben noto agli utenti del servizio principale, può servire a allontanare la pressione.

La seconda è quella di Reuters: la ricerca di nuovi ricavi sostitutivi di quelli che hanno fatto la fortuna dell’azienda. La terza risposta, usando una parolona, sta nella hýbris, cioè nella tracotanza e nella prepotenza che in questo caso hanno le radici nell’enorme successo conseguito con meriti tutto sommato opinabili o comunque disarmonici rispetto ai risultati. Ecco che incontriamo la logica dell’impero, che immagina di potere tutto, perché sovrappone ciò conosce al mondo nella sua interezza. Un recente libro8 – The Heavens and the Earth: Graeco-Roman, Ancient Chinese, and Mediaeval Islamic Images of the World – del sociologo Vittorio Cotesta mi ha fatto pensare alla rappresentazione imperiale di cui le big tech si ammantano nel proprio campo, estendendola a quelli che suppongono essere i limiti del conoscibile; cioè sino a dove, nelle mappe, si scriveva “hic sunt leones”.

In questo momento forse i leoni ai confini stanno minando il senso della realtà nell’impero. Provate a guardare online qualche esempio di riunione nel metaverso, usando metaverse e meeting oppure meetup come parole di ricerca; poi pensate che cosa avrebbe detto Fantozzi di quel che state vedendo! _______