Punture di spillo: Visco e l’una tantum ai lavoratori

a cura di Pietro Terna|

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“L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia alla fine di febbraio segna una drammatica cesura nella storia recente”. Così il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha iniziato la lettura delle Considerazioni finali, la parte più attesa della Relazione Annuale della Banca d’Italia che è stata pubblicata1, come da tradizione, il 31 maggio.

Senza smussare gli angoli: “Il conflitto in Ucraina sta determinando un significativo rallentamento dell’economia mondiale; le recenti misure adottate in Cina per contrastare nuovi focolai epidemici aggravano questa tendenza, riacutizzando i problemi di rifornimento nelle catene globali del valore già osservati nel 2021. Il Fondo monetario internazionale stima un aumento del prodotto mondiale del 3,6 per cento per quest’anno, quasi un punto percentuale in meno della previsione di gennaio e inferiore di circa 1,5 punti a quella dello scorso ottobre.

L’inflazione, che in tutte le economie ha in larga parte riflesso i rialzi dei corsi delle materie prime, rimarrebbe elevata, per poi calare nel 2023. Questo scenario si basa su ipotesi relativamente favorevoli riguardo ai prezzi e alla disponibilità di beni energetici e alimentari, ipotesi che dipendono strettamente dagli sviluppi del conflitto in Ucraina e dalle conseguenti sanzioni nei confronti della Russia”.

C’è chi ha ironizzato con «A me m’ha rovinato la guerra», citando Ettore Petrolini (in Gastone2, nel 1924), come se fossero solo scuse. Purtroppo non sono scuse, ma la chiamata con nome e cognome dei tanti problemi che già c’erano, anche se controllati grazie agli aspetti positivi della ripartenza dopo la pandemia. Aspetti positivi però di poco superiori a quelli negativi.
Petrolini in “Gastone”
In particolare, la carenza di materie prime e di prodotti intermedi (i microprocessori, ad esempio), causata dalla scarsa preveggenza di molti produttori che hanno scommesso su una stagnazione molto lunga, anche dopo la pandemia. Il rimbalzo dell’economia li ha spiazzati e ha arricchito a dismisura chi ha speculato sui prezzi. Una speculazione, ora accelerata dalla guerra, che colpisce soprattutto i produttori seri e i consumatori.

Ed ecco il passaggio cruciale del Governatore: “(…) in alcuni Paesi sono state avanzate richieste di recuperi retributivi di elevata entità. Se queste si risolvessero in aumenti una tantum delle retribuzioni, il rischio di un avvio di un circolo vizioso tra inflazione e crescita salariale sarebbe ridotto”. L’indicazione è stata accolta da più parti come un attacco ai lavoratori.

Premetto che sono convinto da molto tempo che salari e stipendi, soprattutto quelli di ingresso, siano troppo bassi in Italia e che la presunta competizione tra reddito di cittadinanza e lavoro sia dovuta principalmente agli scarsi contenuti economici della maggior parte delle proposte di assunzione. Sono però altrettanto convinto che il Governatore abbia più che ragione nel temere la rincorsa tra prezzi e salari, con la spirale degli aumenti. In Italia l’abbiamo vissuta tra il 1974 e il 1985, anno del referendum che abolì la scala mobile, cioè il meccanismo di indicizzazione automatica dei salari. Impressionante la sequenza3 dell’inflazione: 19,2% nel 1974, poi 17%, 17,7%, 17% e così via sino al 21,2% nel 1980.
Negli anni tra il 1975 e il 1980 lavoravo nell’ufficio studi economici dell’Unione industriale di Torino e ricordo benissimo le telefonate delle aziende associate a inizio anno, nel momento di fissare i listini: “quanto prevedete che sarà l’inflazione” e di conseguenza “di quanti punti scatterà la scala mobile”, cioè l’indicizzazione dei salari? Con le mie risposte, pur prudenti, mi rendevo conto che io, proprio io, contribuivo a trasferire delle aspettative di aumenti salariali a difesa dall’inflazione in aumenti certi e immediati dei prezzi: un meccanismo insopportabile!

Leggendo quel che ha affermato Visco, ho ricordato con la massima chiarezza quella situazione e sono certo che se fossi stato presente alla lettura della relazione, avrei applaudito con foga. Sono anche certo dell’obiezione di molti: è tutta colpa dell’aver creato troppa moneta, non della ricorsa prezzi-salari o della speculazione internazionale sulle materie prime e sui semilavorati. La moneta se ne sta nei cassetti, nei forzieri, soprattutto nelle scritture contabili che la sostanziano nella maggior parte dei casi, e non produce effetti se non ci sono volontà di consumo o investimento.

Il grande problema degli ultimi anni è proprio quello: tutto è rallentato, quasi in ogni campo, prima per la crisi mondiale del 2008 e poi per la diffusione della Covid-19, e ora la ripartenza si blocca prematuramente. Terribile, in questi momenti, il compito di cercare di governare l’economia.

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