Quel giorno a Rodallo e a Vercelli: ricordo personale di Piero Angela

di Giovanna Pentenero|

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Ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere Piero Angela in due occasioni. La prima a Caluso, quando gli venne consegnata insieme alla sorella Sandra la cittadinanza onoraria. I nonni materni, infatti, di origine contadina, erano di Rodallo, una frazione di Caluso, e il papà, il dottor Carlo Angela, aveva lavorato per anno a San Maurizio Canavese nella struttura psichiatrica che rappresentò per lui il luogo dove riuscì a mettere in salvo numerosi ebrei durante l’occupazione nazista tra il 1943 e il 1945. Una scelta coraggiosa che fu ricordata il 29 agosto del 2001 con il conferimento alla memoria di “Giusto tra le nazioni”, l’onorificenza di Yad Vashem (l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme) riservata ai non ebrei di diverse nazioni che rischiarono le loro vite per aiutare gli ebrei durante la Shoah.

In quella giornata a Rodallo, di cui si conserva un filmato, artigianale, ma estremamente toccante, Piero Angela ringraziò commosso il sindaco per averlo riportato nella sua terra di origine e di avergli ricostruito, nel consegnare a lui e alla sorella Sandra la cittadinanza onoraria, il suo albero genealogico. Poi, si soffermò a parlare del padre Carlo, della sua famiglia, con gli stessi accenti che ho rivisto nell’intervista che la Rai ha riproposto ieri sera, realizzata per i suoi 90 anni. E ciò che gli era stato trasmesso in casa, trovava sintesi in poche frasi: schiena dritta, rispetto, onesta e solidarietà, valori non da ostentare, ma da vivere nell’agire quotidiano. Mi colpì anche una sottolineatura che oggi assume maggiore rilievo: disse che aveva e avrebbe ancora desiderato lavorare per il pubblico, fare il giornalista divulgativo per il pubblico, e non prestare la propria professione per il privato.

La scuola di Vercelli intitolata a Carlo Angela

La seconda volta lo incontrai a Vercelli (nella foto in alto), quando l’amministrazione comunale con a capo la sindaca Maura Forte decise di intitolare una scuola al padre, che invece era originario di Olcenengo, un minuscolo comune del Vercellese, dove era nato il 9 gennaio del 1875. In quella circostanza, mi suonarono davvero chiare le parole udite anni prima da Piero Angela che aveva descritto il padre come “un uomo dell’Ottocento”. Compresi che si trattava davvero di un elemento non secondario nella formazione caratteriale e intellettuale di Piero Angela, considerata anche la notevole differenza di età che intercorreva tra i due, ben 53 anni.

Carlo Angela
A Vercelli, dinanzi a decine e decine di studenti che gli si erano stretti intorno in palestra, Piero Angela esercitò ancora una volta il suo magnetismo nel raccontare la storia, trasmettere le emozioni, divulgare la scienza. Quei giovani stettero in silenzio per circa 40 minuti, come affascinati da quell’uomo di novant’anni che li trascinava nella macchina del tempo, che faceva loro rivivere un passato ormai remoto con i suoi ricordi sulla famiglia e sulla durezza e crudeltà della guerra, sull’antisemitismo che era sfociato nei rastrellamenti, negli arresti e nelle deportazioni nei campi di concentramento, come si seppe nel dopoguerra con le testimonianze dei sopravvissuti, in primis di Primo Levi.

E a quegli stessi giovani, attenti non per disciplina, ma per il piacere di non perdersi nessuna sfumatura di quel sapiente eloquio con cui Piero Angela saliva e scendeva dalla macchina del tempo per incontrare e far incontrare il presente della scienza, non sfuggì anche che la semplicità del racconto è propria soltanto dell’uomo di cultura che sa maneggiare il sapere.

Negli ultimi tempi, era stato ancora invitato per partecipare a eventi ufficiali in suo onore, ma con l’abituale garbo aveva declinato gli inviti, scusandosi per le sue difficoltà di movimento. Ora sento un vuoto enorme, ma so con certezza che il suo esempio camminerà tra noi.




Posted on: 2022/08/14, by :