REACT-EU a confronto: dal metodo italiano (in ordine sparso) alle scelte degli altri
di Enrico Martial |
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Si parla molto del PNRR (o Recovery Plan), ma un buon banco di prova del governo Draghi sui fondi europei è REACT-EU, il programma urgente attivato dalla Commissione europea come risposta alla crisi Covid 19. Anche se si salirà a 47,5 miliardi in pluriennale, si tratta di 37,5 mld per il solo 2021 a prezzi 2018. Il maggior beneficiario è l’Italia, con 10,7 mld, insieme alla Spagna con il 10,2 mld. Il nome stesso evoca lo scopo, una reazione ai danni più manifesti della pandemia. Le assegnazioni sono concentrate sui Paesi in cui, quando è stato concepito, era stato rilevato un più forte impatto socio-economico: i circa 10 mld di Italia e Spagna vanno infatti confrontati con i 2,9 mld della Francia e i 1,7 mld della Germania (sempre per il 2021 e a prezzi 2018).
Si voleva uno strumento facile d’esecuzione, per esempio usando i programmi europei (in sigla POR e PON) già in corso nei Paesi membri, oppure con un nuovo programma dedicato. Poiché ogni Paese ha vissuto la crisi con caratteristiche specifiche, è stata lasciata buona libertà sui contenuti e senza vincoli tematici stretti, pur nella scia delle transizioni digitali-ambientali e della resilienza, quindi con investimenti capaci di “rigenerare” lavoro e attività, per esempio con l’innovazione. Vi era poi il principio del partenariato regionale e sociale.
Già alle origini del regolamento REACT-EU del 23 dicembre 2020, la Commissaria aveva sottolineato questi criteri in una lettera del 29 luglio a ogni ministro nazionale, per noi a Giuseppe Provenzano, a capo del dicastero per il Sud e la coesione territoriale. Le risorse devono “chiaramente focalizzarsi sulle zone geografiche la cui economia è stata maggiormente danneggiata dalla pandemia e che sono meno attrezzate per reagire da sole”, pur mantenendo un riferimento anche per le zone meno sviluppate e ultraperiferiche (come le Azzorre o le Canarie). Oltre alla transizione ecologica e digitale e alle raccomandazioni per Paese, la lettera ribadiva il principio del partenariato, cioè il coinvolgimento delle Regioni e delle organizzazioni della società civile.
Centralizzazione e Mezzogiorno in Italia
Si voleva uno strumento facile d’esecuzione, per esempio usando i programmi europei (in sigla POR e PON) già in corso nei Paesi membri, oppure con un nuovo programma dedicato. Poiché ogni Paese ha vissuto la crisi con caratteristiche specifiche, è stata lasciata buona libertà sui contenuti e senza vincoli tematici stretti, pur nella scia delle transizioni digitali-ambientali e della resilienza, quindi con investimenti capaci di “rigenerare” lavoro e attività, per esempio con l’innovazione. Vi era poi il principio del partenariato regionale e sociale.
Già alle origini del regolamento REACT-EU del 23 dicembre 2020, la Commissaria aveva sottolineato questi criteri in una lettera del 29 luglio a ogni ministro nazionale, per noi a Giuseppe Provenzano, a capo del dicastero per il Sud e la coesione territoriale. Le risorse devono “chiaramente focalizzarsi sulle zone geografiche la cui economia è stata maggiormente danneggiata dalla pandemia e che sono meno attrezzate per reagire da sole”, pur mantenendo un riferimento anche per le zone meno sviluppate e ultraperiferiche (come le Azzorre o le Canarie). Oltre alla transizione ecologica e digitale e alle raccomandazioni per Paese, la lettera ribadiva il principio del partenariato, cioè il coinvolgimento delle Regioni e delle organizzazioni della società civile.
Centralizzazione e Mezzogiorno in Italia
In Italia, invece, il governo giallo-rosso ha scelto la centralizzazione statale, favorito dalle polemiche Stato-Regioni e da una relativa debolezza delle capacità regionali. Inoltre, la distribuzione delle risorse si è focalizzata sul sud piuttosto che sulle zone maggiormente danneggiate dalla pandemia. A metà gennaio 2021, lo schema di programma italiano aveva sollevato alcune e limitate proteste delle Regioni, che si sono infine rassegnate all’esclusione dall’elaborazione e dalla gestione. Al netto dei 500 milioni (che sono parecchi) assegnati al funzionamento del programma (circa il 5%), dopo aver incrementato la dotazione con un paio di miliardi di fondi statali, dei 13 miliardi di REACT-EU sarebbe andato al Mezzogiorno il 67%, cioè 8,7mld.
Le misure erano concepite per essere gestite dai ministeri romani. Erano assegnati interamente al Sud i fondi per la fiscalità di vantaggio per il lavoro (4mld, ma la proposta iniziale era di 7mld), gli interventi per la transizione energetica e l’economia circolare (800mln), l’esenzione dalle tasse universitarie con Isee fino a 13mila euro e le borse di studio per gli studenti universitari meridionali (128 mln), le smart grid (180 mln). Vi si leggeva anche uno stratagemma, peraltro assai in voga nella programmazione italiana dei fondi europei. Per la sanità, dei 13 mld di REACT-EU, erano previsti 1,7 mld, di cui 400 mln per i vaccini e 1,1 mld per le spese straordinarie di personale durante la pandemia. Si trattava di spese già rendicontabili: dunque, se da un lato si dichiarava di mettere un paio di miliardi in più, dall’altro si inserivano – legittimamente – spese sanitarie già effettuate o finanziate. Il vantaggio (politico) consisteva nell’iscrivere una voce “sanità” (raccomandata da Bruxelles) in un programma nazionale che nella pratica non la finanziava perché l’aveva già fatto.
In Spagna, Germania e Francia: regioni e pandemia
Le misure erano concepite per essere gestite dai ministeri romani. Erano assegnati interamente al Sud i fondi per la fiscalità di vantaggio per il lavoro (4mld, ma la proposta iniziale era di 7mld), gli interventi per la transizione energetica e l’economia circolare (800mln), l’esenzione dalle tasse universitarie con Isee fino a 13mila euro e le borse di studio per gli studenti universitari meridionali (128 mln), le smart grid (180 mln). Vi si leggeva anche uno stratagemma, peraltro assai in voga nella programmazione italiana dei fondi europei. Per la sanità, dei 13 mld di REACT-EU, erano previsti 1,7 mld, di cui 400 mln per i vaccini e 1,1 mld per le spese straordinarie di personale durante la pandemia. Si trattava di spese già rendicontabili: dunque, se da un lato si dichiarava di mettere un paio di miliardi in più, dall’altro si inserivano – legittimamente – spese sanitarie già effettuate o finanziate. Il vantaggio (politico) consisteva nell’iscrivere una voce “sanità” (raccomandata da Bruxelles) in un programma nazionale che nella pratica non la finanziava perché l’aveva già fatto.
In Spagna, Germania e Francia: regioni e pandemia
Invece, in Spagna, in conformità con le indicazioni della Commissione, dei 10,2 mld la spesa è stata invece assegnata per 10 miliardi alle Regioni (le Comunità autonome), e ripartita con criteri territoriali legati alla pandemia analoghi a quelli scelti da Bruxelles per la ripartizione tra gli Stati. Le somme sono attribuite per 2/3 in proporzione all’impatto della crisi Covid sulla ricchezza di ogni regione, mentre il restante terzo è assegnato sull’andamento negativo dell’occupazione, in parte considerando quella giovanile. In questo modo, dei 10 mld per il 2021, il 25% è stato assegnato alle regioni di Madrid e della Catalogna, che sono state maggiormente colpite dalla pandemia, per quanto economicamente più sviluppate.
In Germania, con analoghi criteri, la distribuzione delle risorse avviene a livello dei Länder: ad esempio, dei 1,4 mld per il 2021 di REACT-EU, 202mln vanno alla Bassa Sassonia (Niedersachsen). Anche in Francia il ruolo delle regioni è riconosciuto: in un’audizione al Senato del 12 giugno 2020, Amélie de Montchalin, allora segretaria di Stato per gli affari europei, aveva sottolineato che REACT-EU passava “per la strada delle regioni” e che la spesa andava concentrata dove la pandemia aveva fatto più danni.
La continuità amministrativa nel segno dell’urgenza
In Germania, con analoghi criteri, la distribuzione delle risorse avviene a livello dei Länder: ad esempio, dei 1,4 mld per il 2021 di REACT-EU, 202mln vanno alla Bassa Sassonia (Niedersachsen). Anche in Francia il ruolo delle regioni è riconosciuto: in un’audizione al Senato del 12 giugno 2020, Amélie de Montchalin, allora segretaria di Stato per gli affari europei, aveva sottolineato che REACT-EU passava “per la strada delle regioni” e che la spesa andava concentrata dove la pandemia aveva fatto più danni.
La continuità amministrativa nel segno dell’urgenza
Se viene applicato il metodo migliorativo esposto dal ministro Daniele Franco nell’audizione parlamentare dell’8 marzo scorso, non ci sarà decisiva discontinuità nel testo aggiornato del REACT-EU italiano rispetto alla bozza del governo Conte-Boccia-Provenzano. D’altra parte, a parziale giustificazione, oltre alla continuità amministrativa, va ricordato il criterio dell’urgenza. Infatti, se in Italia tutto sembra sospeso e il REACT-EU pare un lavoro ancora da fare, un po’ marginale rispetto alle maggiori risorse del PNRR, in altri Stati europei sono già all’attuazione, dopo aver anticipato i fondi. Ad esempio, il 14 gennaio 2021 la Regione Haut-de-France ha pubblicato un bando per un esperto di gestione del programma REACT-EU. Nella Regione della Finlandia Sud-Occidentale (il capoluogo è Turku, 193mila abitanti) già dal 5 marzo è aperto un bando REACT-EU per aiuti fino a 50mila euro per piccole e medie imprese, per progetti digitali, ambientali o di innovazione.
Posted on: 2021/03/15, by : admin
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