Recovery Fund: ricordatevi di Jean de La Fontaine!

di Pietro Terna|

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Stamane stavo dedicando attenzione ad altro mentre la televisione ronzava, ma son sicuro che ho di nuovo sentito il ragionamento secondo cui possiamo utilizzare il Recovery Fund per ridurre le tasse. Mi pare fosse attribuito alla viceministra dell’Economia e delle Finanze Laura Castelli, ma non potrei giurarlo; del resto, è una argomentazione diffusa in una parte della maggioranza di Governo. Per chiarire: dopo mille discussioni, stiamo ricevendo un fondo per realizzare investimenti e qualcuno propone di distribuire il capitale ricevuto in sconti e donazioni.

Per chiarezza: sono tra quelli che proponevano la terapia shock della elicopter money, producendo moneta per metterla nelle tasche degli europei, con lo scopo di sbloccare la domanda delle famiglie congelata dalla paura della crisi. Ne ho scritto su La porta di vetro in marzo1, proprio nel momento della massima preoccupazione per il blocco totale delle attività e per il crollo dei consumi. Invece, proporre di usare per quel fine i fondi che ci sono stati dati a prestito per gli investimenti, provoca una infrazione dell’articolo 123 ter del regolamento del Recovery Fund.

La formica e la cicala

Non lo avete letto? Dice (traduzione mia): “I paesi beneficiari sono tenuti a consegnare alle istituzione educative del Regno dei Paesi Bassi i ministri, i viceministri e gli esponenti politici di ogni ordine, nel caso presentino proposte al di fuori delle schema del presente regolamento; i personaggi in questione saranno trattati con il massimo rispetto, ma dovranno ascoltare più volte al giorno la lettura del testo de “La cicala e la formica” nella versione di Jean de La Fontaine (1621-1695) in una delle lingue comunitarie a scelta, ma anche nelle versione originaria di Esopo, in greco antico. Inoltre, seguiranno ogni giorno una conferenza di due o più ore del primo ministro Mark Rutte”. Noi abbiamo firmato convinti: siamo o non siamo il paese di Dante e del contrappasso?

Ripeto, non sono sicurissimo che stamane fosse Laura Castelli a proporre l’uso ardito del Fondo europeo. La persona in questione, comparsa nel governo Conte I come sottosegretario e poi divenuta viceministro, spiegò che aveva “fatto esperienza con il CAF”. No, non con la collaborazione con il CAF come patto Craxi-Andreotti-Forlani del 1989, come ingenuamente pensai con un senso di rispetto, salvo sorprendermi leggendo l’età (nel 1989 aveva tre anni). No, molto più semplice, esperienza lavorando in un CAF inteso come Centro di Assistenza Fiscale: mestiere utile e rispettabilissimo. Lì che cosa sono le tasse lo si impara! Oppure no?



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