Scuola, sport e integrazione sociale: i giovani alla prova del post covid

di Emanuele Davide Ruffino
e Luca Alpozzi|

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I giovani sono i soggetti che hanno maggiormente bisogno di socializzare e, di conseguenza, sono quelli che hanno sofferto più degli altri le limitazioni del lock down. Non deve quindi stupirci se si è registrato un preoccupante incremento della depressione: a soffrirne è un soggetto su quattro e percentuali analoghe per quanto concerne le problematiche legate all’ansia, alla fobia sociale e problematiche. Forse ancor più pericoloso è l’aumento del cyberbullismo, deprecabile surrogato per contrastare la noia dello stare in casa. Scuola e sport hanno costituito un antidoto, ma se non supportate, anche questi rimedi rischiano di perdere la loro efficacia.

La trasformazione delle abitudini e delle modalità di comunicare tra i giovani ha ridisegnato la sfera emotiva, alimentando le incertezze e facendo emergere ancor più la vulnerabilità. Il primo e più grave impatto lo si è riscontrato nell’abbandono degli studi da parte di molti giovani.

Abbandoni scolastici in crescita

Mediamente, già prima del lockdown, più del 20% degli studenti abbandonava l’Università dopo un solo anno di corso, percentuale che s’incrementava ulteriormente negli anni successivi. A dieci anni di distanza dall’immatricolazione, la maggioranza degli studenti ha definitivamente abbandonato gli studi (a laurearsi è solo il 30% degli iscritti). La situazione in Italia è decisamente peggiore rispetto la media degli altri Paesi OCSE e i disagi provocati dal lockdown lasciano prevedere un ulteriore e drammatico peggioramento.

Le aspirazione delle precedenti generazioni di vedere figli e nipoti istruiti e laureati si scontrano con una difficoltà delle nuove generazioni a rimanere concentrati su un obiettivo e di perseguirlo con costanza. È il problema non si ferma qui: i suicidi tra i giovani aumentano in modo impressionante e non si può ritardarne l’intervento. Il problema riguarda il futuro stesso della società in quanto la crescita culturale e professionale, non rappresenta solo una prospettiva individuale, ma una necessità da cui dipende la stessa sopravvivenza della nostra civiltà.

Tra le varie sfide che ci attendono quella “educativa”, volta a creare le condizioni ideali per aiutare i soggetti più fragili (e i giovani in fase di formazione rappresentano sicuramenti una coorte d’immediato interesse) rappresenta un passaggio cruciale affinché non si disperdano potenzialità ancora inespresse, indispensabili per la crescita sociale.

Il disagio non risparmia l’attività fisica

Le pratiche sportive sono e devono essere associate ad una concetto di svago e di rispetto del proprio corpo soprattutto in chiave salutistica. Le scienze mediche ricordano come l’attività fisica migliora la tolleranza al glucosio, diminuisce il rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2, previene l’ipercolesterolemia e l’ipertensione, riduce i livelli della pressione arteriosa e del colesterolo.

L’economia sanitaria rileva come l’investimento individuale e collettivo nella cura del corpo viene abbondantemente ricompensato sia in termini di risparmio nella spesa sanitaria che nel miglioramento della qualità della vita. Affinché lo sport esprima però tutte le sue potenzialità e diventi un servizio reale per le persone, occorre predisporre le basi culturali affinché le infrastrutture necessarie non siano solo meri erogatori di servizi, ma scelgano consapevolmente di diventare momenti di formazione (o più ancora ad essere comunità di persone che condividano, nello sport e oltre lo sport, importanti percorsi di vita orientati ai medesimi valori).

Per raggiungere questo scopi è necessario che gli allenatori trasmettano uno spirito decoubertiniano prevenendo le degenerazioni faziose in cui le manifestazioni sportive possono degenerare (cyberbullismo compreso). D’altronde, già Plinio il vecchio non riusciva a capire il fervore smisurato per la tunica e non per il gesto atletico.

Sale la curva del sostegno psicologico

La realtà segnala adolescenti che, già a partire dalla prima ondata pandemica manifesta una richiesta di maggiori reti di ascolto e supporto psicologico (Unicef Italia, 2020). Le indagini successive (“I care” dell’Università di Palermo) hanno ulteriormente evidenziato come il lock down abbia provocato sentimenti di ansia e disagio e questo atteggiamento non si cancellerà con un decreto come quello che sospende l’obbligo dell’uso delle mascherine.

Se lo strumento della didattica a distanza ha offerto una possibilità alternativa, superando in parte i disagi della carenza di connessioni veloci, contribuendo ad accrescere il livello di alfabetizzazione informatica, per lo sport il problema, seppur con caratteri meno emergenziali, si presenta ancor più complesso. La chiusura di impianti sportivi, parchi e in generale dei luoghi dove fare sport, se prolungato nel tempo, può provocare danni antropologici e sociali dalle conseguenze difficili da immaginare.

In tutti i paesi europei, l’educazione fisica è considerata materia scolastica obbligatoria (rapporto Eurydice, 2013) ma, nonostante la prescrizione, già prima della pandemia, il 18,6% dei giovani tra 6 e 24 anni non praticava nessuno sport o attività fisica. Peggio ancora per i bambini di 3-5 anni, dove la percentuale degli inattivi sale al 40%): percentuali drammaticamente ancora scese per le costrizioni dettate per dover realizzare il cordone sanitario (e Torino non fa eccezione, dove sono sempre meno i soggetti ad effettuare attività sportive per più ore alla settimana).

Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’attività fisica, fin dai primi anni di vita, deve essere svolta quotidianamente, mentre il lockdown ha provocato una preoccupante abbandono della pratica sportiva, causato anche dal mutare delle aspettative causa una forma di eremitaggio urbano, facendo mancare il divertimento offerto dal vivere in collettività e nell’instaurare relazioni con i coetanei e gli adulti, in un contesto di gioco.

Educare attraverso lo sport e assicurarsi che ogni adolescente possa effettivamente fruirne diventa così, insieme all’educazione, un aspetto da non sottovalutare per assicurare lo sviluppo fisico, psicologico e sociale della società.




Posted on: 2022/02/13, by :