Se la vertenza Gkn ci riguarda tutti da vicino

di Stefano Marengo|

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Il Tribunale del Lavoro di Firenze, con una sentenza durissima nei toni e nei contenuti (la foto è tratta dalla prima pagina de il manifesto di oggi, 21 settembre), ha stabilito che i vertici di Gkn hanno adottato comportamenti antisindacali e ha disposto la revoca immediata della lettera di apertura della procedura di licenziamento collettivo e l’obbligo per l’azienda di “porre in essere le procedure di consultazione e confronto” previste dal contratto di lavoro e da specifici accordi aziendali. Ricordiamo i fatti.

Il 9 luglio scorso, senza alcun preavviso, i dipendenti della Gkn di Campi Bisenzio ricevono una mail da parte della proprietà che li informa della chiusura del sito produttivo e notifica il loro immediato licenziamento. Il lavoratori interessati sono circa 500, di cui 422 dipendenti diretti di Gkn, cui vanno aggiunti un’ottantina di impiegati di aziende appaltatrici. Centinaia di persone (e di famiglie) da un giorno all’altro vedono venir meno i propri progetti di vita, per giunta senza alcuna valida motivazione. Lo stabilimento di Campi Bisenzio, infatti, era tutt’altro che una realtà industriale in crisi. Anzi, lavorava a pieno regime per clienti importanti e garantendo i massimi standard di qualità. Se il fondo Melrose – il fondo finanziario britannico che controlla Gkn – ha deciso di chiudere e delocalizzare la produzione, le ragioni vanno evidentemente ricercate altrove.

Gli azionisti, nel caso specifico, appaiono intenzionati unicamente a incrementare i propri profitti senza alcun riguardo per i lavoratori, anzi sfruttando i più classici meccanismi del dumping sociale, ossia con il trasferimento della produzione da paesi con una legislazione molto rigorosa, ad esempio, in materia di sicurezza, diritti sindacali e tutela ambientale, a paesi in cui le normative sono più blande o inesistenti. Immediatamente, lo stesso 9 luglio, i lavoratori Gkn hanno avviato una mobilitazione che ha acquisito sin dall’inizio una chiara rilevanza nazionale e che, nonostante l’estate e le ferie agostane, è andata ampliandosi di settimana in settimana. È un fenomeno a cui in Italia non assistevamo da tempo, forse da decenni.

Una vertenza locale, nel giro di un paio di mesi, è arrivata a riscuotere il sostegno e l’adesione appassionata di tanti lavoratori in tutto il paese, di ampi settori del mondo associativo e anche di singole personalità del mondo della cultura che, visitando i presidi sindacali agli ingressi della fabbrica, hanno messo a disposizione la propria visibilità per fare da cassa di risonanza alla lotta. La marea è andata ingrossandosi costantemente fino a riversarsi, sabato scorso, nelle strade e nelle piazze di Firenze, in una manifestazione di decine di migliaia di persone che, di nuovo, non ha analoghi in tempi recenti.

Tutto ciò è avvenuto (sta avvenendo) nel silenzio quasi totale dei grandi organi di comunicazione, con le maggiori testate italiane che dedicano pochissimo spazio agli aggiornamenti sulla vicenda, quando non li omettono del tutto. Non è davvero necessario coltivare qualche forma morbosa di retropensiero per vedere in questo atteggiamento una precisa strategia dei grandi gruppi editoriali (controllati dall’industria e dalla finanza) per dare meno spazio possibile alle rivendicazioni dei lavoratori.

Ma se la stampa tace, meno comprensibile è il profondo imbarazzo che attraversa la politica. Da una parte, l’intera vicenda sarebbe stata impensabile senza l’improvvido sblocco dei licenziamenti approvato dal governo nel giugno scorso in ossequio alle pressanti sollecitazioni di Confindustria (e si tratta di un provvedimento che, nel mese di luglio, aveva già provocato la perdita di 23.000 posti di lavoro). Dall’altra, la vertenza Gkn sta facendo emergere tutte le ambiguità e i ritardi della nostra classe dirigente, soprattutto a sinistra, che avrebbe più di un motivo, anche elettorale, per assicurare il sostegno ai lavoratori.

Nei due mesi che abbiamo alle spalle non è stato avviato concretamente nessun percorso di gestione della crisi. Abbiamo assistito soltanto a qualche timido annuncio, per lo più smentito o corretto in un secondo tempo. Soprattutto, è stata presentata una proposta di legge che, pur proponendosi di combattere le delocalizzazioni, in realtà si limita a costruire una procedura, non diversamente da quanto prevede la legge Florange introdotta in Francia nel 2014, alla quale la bozza italiana si richiama e che è ormai nota per la sua inefficacia.

Ma adesso governo e Parlamento non possono più tergiversare. Con il pronunciamento del Tribunale del Lavoro di Firenze la partita diviene quello che è sempre stata, ossia una questione politica. Il tema, nei suoi termini elementari, è il seguente: si intende davvero intraprendere la strada della lotta alle delocalizzazioni e ai licenziamenti o alla fine si chinerà di nuovo il capo di fronte a un capitalismo cinico e spregiudicato che spolpa territori e lavoratori lasciando dietro di sé, quando la convenienza viene meno, deserti industriali e povertà crescente? È piuttosto difficile, nella situazione in cui siamo, immaginare una terza alternativa.

La risposta che lo Stato vorrà (o non vorrà) dare chiarirà in via definitiva i reali orientamenti di questo governo. E li chiarirà non solo ai dipendenti Gkn, che oggi sono in prima linea, ma a tutti i lavoratori italiani. Al termine di questo autunno, che si preannuncia molto caldo, sapremo più precisamente che cosa aspettarci dal futuro, se proseguiremo la discesa sempre più veloce sul piano inclinato del liberismo selvaggio o se inizieremo la risalita per mettere nuovamente al centro la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori. È per questo che la lotta dei lavoratori Gkn oggi riguarda tutti noi, nessuno escluso. Industriali illuminati inclusi.




Posted on: 2021/09/21, by :