Sentenze di Mafia: ora lo Stato deve una risposta

di Menandro|

|

Un senso di inquietudine, tutt’altro che vago, ha invaso il Paese, quello reale, con la sentenza della Corte d’Appello di Palermo. Secondo i giudici, la trattativa “Stato-mafia”, diventata campo di battaglia tra giustizialisti e garantisti, non ha oltrepassato l’asticella del codice penale. Di conseguenza, cade l’accusa della Procura di Palermo ad organi istituzionali di aver avviato un dialogo con i corleonesi di Totò Riina per bloccare le stragi ordinate nei primi anni Novanta. Stragi di mafia. La sentenza è netta: da una parte conferma le condanne alle famiglie di Cosa Nostra, dall’altra assolve gli ex ufficiali dell’Arma dei Carabinieri (responsabili dei Ros), dai generali Mario Mori e Antonio Subranni (12 anni la pena in primo grado) al colonnello Giuseppe De Donno (8 anni), e l’ex senatore di Forza Italia e stretto collaboratore di Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri (condannato per concorso esterno in associazione mafiosa).

La delusione dei familiari dei morti per mano della mafia è comprensibile e legittima. Non è qui necessario ricordarli tutti, se non altro per aumentare il dolore e il disagio di chi legge. Ma la giustizia non è soltanto giusta quando punisce. Lo è anche quando assolve. Rimane però un senso di sconforto, quando la giustizia dà l’impressione di contribuire (involontariamente) a infittire i misteri d’Italia, i numerosi passaggi melmosi e oscuri che fanno da contrappunto alla storia contemporanea del nostro Paese dal secondo dopoguerra. Permane la difficoltà a sottrarsi dalla sensazione opprimente che sentenze come quella della Corte d’Appello di Palermo gettino nel buio più profondo l’anelito che unisce tutti coloro che desiderano cambiare radicalmente il nostro Paese, evitando pericolose scorciatoie, mediazioni al ribasso, o peggio connivenze e complicità.

Da Palermo, infatti, è arrivato il chiaro messaggio, per quanto semplicistico, in attesa di leggere le motivazioni della sentenza, che con i criminali si può trattare, perché “il fatto non costituisce reato”. Al che, è d’obbligo laicamente domandarsi, senza che questo costituisca fonte di polemiche, che cosa costituisca reato durante una trattativa, che cosa potrebbe giustificare lo scendere a patti con i criminali, e in ultimo, che cosa la potrebbe far scivolare, mentre procede su un oggettivo precario equilibrio, sul versante penale. Su ciò, lo Stato ha l’obbligo di dare una risposta ai suoi cittadini.




Posted on: 2021/09/24, by :