“Storia della sanità”, capitolo III:
Dall’acqua alle piante, i primi elementi di cura

di Emanuele Davide Ruffino
e Germana Zollesi |

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In questo terzo appuntamento Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi ci trasportano allo scoperta degli elementi naturali, dall’acqua alle piante, ai minerali, che l’uomo fin dalle civiltà più antiche usa come rimedio per prevenire e curarsi.

L’esperienza umana elaborata dall’uomo nel corso dei millenni ha permesso d’individuare un universo simbolico in grado di elaborare i primi elementi attivi per la guarigione: gli studi antropologici rilevano come le modalità di cura affermatesi e conservatasi nel tempo rispondono a specifiche particolarità, ancorché non propriamente scientifiche ma rispondenti alle necessità e alle aspettative del periodo. Erodoto sintetizza l’attitudine dell’uomo nella ricerca di nuovi rimedi descrivendo come “i Babilonesi portano il malato in un luogo di mercato, perché essi non fanno uso di medici. Così le persone vanno dal malato e gli danno consigli circa la sua malattia se qualcuno ha sofferto di qualche cosa di simile a ciò che il malato ha, o ha veduto qualcuno che ne ha sofferto; ed avvicinatisi gli consigliano e raccomandano quei mezzi che li hanno liberati da una malattia simile o per mezzo dei quali hanno veduto altri liberarsene” (Storia I, VI, 197). Il tentare di sistematizzare le prime conoscenze sulle opportunità terapeutiche offerte dalla natura, si basavano essenzialmente sulla conoscenza e sulla fiducia in una sostanza considerata terapeutica, il cui effetto terapeutico accresceva se la sostanza veniva posta a contatto o fatto ingerire al paziente o se somministrato all’intero di un sito considerato fautore di proprietà terapeutiche o con la presenza di un intermediario tra “bisogno” e “rimedio”. Dall’esperienza acquisita nel corso dei millenni si possono tentare di isolare alcuni elementi caratteristici ricorrenti.

L’acqua come farmaco che rigenera

Facilmente intuibili anche dall’uomo primitivo erano le proprietà rigeneratrici dell’acqua, anzi, è proprio nell’H2O che si può ravvisare il primo tentativo di farmaco individuando due livelli simbolici dell’acqua: purificazione (bagno) e sorgente di vita (fonte). L’acqua è, infatti, l’elemento rituale per eccellenza, ritrovabile praticamente in tutte le popolazioni primitive nel compiere i primi riti simbolici. Nella vita quotidiana e nella speculare riscrittura effettuata dall’inconscio, tutto ciò che vive ha origine nelle acque e pertanto la vita e la salute erano collegate alla carenza di acqua. In particolare le fonti ebbero un ruolo importante nella dimensione sacrale: se l’acqua era l’origine della vita ne derivava che la fonte fosse un luogo particolare da cui non fu esente la tradizione cristiana con la fonte battesimale o con l’immagine miracolare di Lourdes e delle cosiddette “acque mariane”, oppure la “fontana della vita” o “della giovinezza”, presenti in quasi tutte le civiltà. L’acqua entrò fin dalle origini nella tradizione curativa come si può rintracciare negli apocrifi Atti di Pietro (III secolo) e negli Atti di Tommaso (circa metà III secolo): è comunque accertato che in Oriente, già nel III secolo era usata un’acqua consacrata per curare i malati ed effettuare degli esorcismi. L’acqua benedetta, venne poi inserita all’interno iter sacrali sofisticati, accrescendo ulteriormente il suo potere taumaturgico (o placebo, come diremmo oggi), assumendo valenze simboliche molto precise anche in seno alla cultura laica (ex pagana).

L’energia emanata dalla natura

L’idea che, all’interno della natura, potesse esistere un qualche cosa che permetta di dare la vita ai fiori e ai frutti deve aver appassionato i primi pensatori della storia. E dalla ciclicità delle stagioni ne derivò l’intuizione di poter ricavare dalle piante una sostanza in grado di ridare vita o salute in base alle necessità. Come l’acqua anche gli alberi e le piante, appositamente trattati e conservati, divennero parte integrale dei rituali di guarigione in relazione e non disponendo di cognizioni chimiche acquisirono particolare valore i fenomeni considerati straordinari come le apparizioni o le fioriture fuori stagione. In tutte le culture l’uomo ha avvertito l’energia emanata dalla natura, traendone insegnamenti e indicazioni poi sublimati nelle religioni e nelle mitologie. Inizialmente la natura ha rappresentato la base per la sopravvivenza (alimenti, fuoco per riscaldarsi, materiale da costruzione etc.), gli stessi elementi hanno determinato un valore e un ordine cosmico della natura da cui ricavare regole di comportamento o sostanze terapeutiche. L’importanza della natura per una possibilità di conservazione della vita è già presente in molte società antiche: il principio viene poi quasi sancito nell’Apocalisse in cui è detto che al suono della quinta tromba, quando sulla terra si abbatteranno le cavallette, Dio ordinerà loro “di non recar danno né a erba della terra né a pianta né ad albero alcuno” (9, 4). Nel centro del Paradiso Terrestre si trovava l’Albero della Vita, cui il Creatore aveva conferito il potere di conservare la vita dell’uomo, preservandolo dalla morte (Genesi 2, 9). In questa metafora si scorge l’archetipo dell’albero depositario dei segreti della medicina, capace di offrire all’uomo i mezzi per guarire dalle malattie.

Il farmaco vegetale

La fitoterapia è, infatti, una scienza molto antica: probabilmente si tratta dell’unica pratica medica che per millenni ha accompagnato la storia dell’uomo. Le prime certe testimonianze ricavabili dalle fonti più antiche e soprattutto dall’archeologia, dimostrano come già i Cinesi (10.000 anni prima di Cristo) e poi gli Egizi si servissero di ricette a base vegetale per curare alcune malattie. La scoperta delle potenzialità terapeutiche dei vegetali costituisce uno dei più importanti sistemi della medicina, che seppe affrancarsi dai limiti della magia e della superstizione per andare oltre, verso modelli empiristici e dominati dal metodo scientifico. Come straordinari e inarrestabili laboratori alchemici, i vegetali, con il contributo dell’acqua e dell’ossigeno, dell’anidride carbonica, dei sali del terreno e dei raggi del sole, trasformano, scindono, sublimano per dare vita ai Principi Attici che hanno il potere di agire attivamente sul nostro organismo, regolandone la fisiologia e influenzandolo positivamente per mantenerlo in salute e curarlo quando si ammala. Singolarmente, nella stessa pianta possono essere presenti Principi Attivi anche in contrasto tra loro: alcune parti hanno peculiarità anestetiche, altre energizzanti etc. Questi Principi Attivi possono essere ovunque, dai fiori ai rami, dalla corteccia alle radici: ognuno con proprie peculiarità in relazione alla morfologia della parte del vegetale utilizzato ed è stato (ed è ancora) solo un problema di tempo, di conoscenze e di tecniche portarle a disposizione dell’uomo. La chimica moderna, dopo aver studiato con l’ausilio di tutti gli strumenti scientifici di cui dispone, quelle peculiarità, si è spesso trovata a confermare le formule create dall’alchimia dei vegetali riproducendole spesso in laboratorio, dando forma a medicamenti di sintesi che hanno costituito la struttura portante della farmacologia.

Il minerale terapeutico

Numerose sono le leggende e le tradizioni sorte intorno a pietre di vario tipo, considerate dotate di proprietà terapeutiche: la forma, il colore la collocazione di alcune pietre hanno suggerito un legame tra la materia litica e le possibilità d’influenzare gli eventi dell’uomo. Si può quasi affermare che ogni linguaggio religioso ha avuto bisogno della pietra, in quanto materiale “eterno”, segno concreto in grado di testimoniare l’immortalità della materia. Dalle tante credenze e leggende provenienti dal patrimonio mitico comune intorno ai massi considerati terapeutici, si può constatare che esistono due “cause” ricorrenti alla base del trasferimento di una data pietra tra i parametri del sacro e/o del terapeutico: la forma del masso (la sua morfologia poteva essere considerata un “segno”) e il ricordo di un evento particolare (la morte di un avo nelle sue vicinanze e la conseguenza credenza che nelle vicinanze aleggi ancora il suo spirito). Per assicurarsi un certo effetto o semplicemente per identificarlo con maggiore facilità, la tradizione popolare suggeriva d’intervenire direttamente sulla pietra. Si cominciarono così a lasciare delle tracce sui massi prescelti: ancor oggi un’infinità di incisioni rupestri di epoche diverse, testimoniano questo approccio. Tra le diverse pratiche di guarigione tramite la pietra la più comune era quella di apporre il minerale alla ferita. Il lapis pregnans, nominale e stato usato come facilitatore durante il parto: testimonianze di questa pratica si trovano già in Teofrasto (III secolo a.C.), Plinio (I secolo d.C.) e Galeno (II secolo).

I fenomeni atmosferici

Il manifestarsi di particolari fenomeni climatici (uragani, temporali, eclissi) inevitabilmente sollecitarono la fantasia degli uomini attribuendo ai medesimi i significati più strani. In particolare il luogo dove cadeva un fulmine e i siti naturalmente posti al riparo dalle intemperie fornivano spunti per la consacrazione del luogo medesimo a diverse pratiche tra cui quelle terapeutiche. In particolare, l’interno delle grotte, oltre ad evitare lunghi lavori di edificazione, poteva facilmente essere “attrezzato” con elementi per favorire i rituali; la presenza di stalattiti e stalagmiti potevano inoltre assumete un valore simbolico nei processi terapeutici in ragione della loro forma (in genere fallica o mammelliforme).




Posted on: 2020/06/28, by :