“Storia dell’Antindrangheta” chiude il Festival della Legalità di Chivasso
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Si chiude stasera il Festival della Legalità della città di Chivasso, emanazione della Libera Università della Legalità sostenuta dall’amministrazione comunale. Alle 21, sul palco del Teatrino civico ci sarà al centro Danilo Chirico autore del libro “Storia dell’Antindrangheta” (prefazione di Enzo Ciconte).
Il libro, oltre 250 pagine, circostanziato nelle sue note, ricostruisce – come si legge nella seconda di copertina – per la prima volta i movimenti per l’occupazione delle terre, le lotte politiche e per il lavoro, le vertenze ambientaliste, le denunce della Chiesa, i conflitti sociali, i cortei studenteschi, le vicende personali e collettive di tutti coloro che in Calabria hanno combattuto una dura e riscossa battaglia contro la crminimalità organizzata dal secondo dopoguerra ad oggi.
È l’ultimo appuntamento di un percorso che si è iniziato nel novembre scorso con una serata dedicata alla lotta alle mafie, cui parteciparono Stefania Pellegrini, docente all’Università di Bologna che da dieci anni tiene corsi sulla storia e il contrasto alla mafia, e Roberto Sparagna, magistrato della DNA (Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
Dibattiti con giornalisti, magistrati, uomini e donne di fede religiosa, cittadini impegnati nelle professioni, testimonianze di studenti e insegnanti delle scuole chivassesi, proiezioni cinematografiche e pièce teatrali hanno caratterizzato il Festival nello specifico e l’iniziativa nel suo insieme, coordinata da Giuseppe Busso e condotta da Michele Ruggiero. Festival e Libera Università hanno ricevuto l’attenzione continuativa del settimanale di Chivasso La Nuova Periferia, media partner degli eventi.
In chiusura, lo spazio, anche fotografico (nella foto in alto), è riservato allo spettacolo teatrale portato in scena lunedì sera “Figlia di tre madri. La passione politica dalle madri costituenti a oggi”. Il testo di Gabriella Bordin e di Elena Ruzza, che ne è l’interprete, con la giovane Bianca De Paolis al contrabbasso, racconta la storia di tre delle 21 donne elette (su 556 membri) con le elezioni del 2 giugno 1946 alla Costituente. Un testo “sentito” dal pubblico, in maggioranza femminile, apprezzato per gli echi di forte attualità che ha saputo emanare rispetto al rapporto donna-politica, donna-lavoro, donna-famiglia. Un rapporto nei suoi capitoli e sfaccettature rimane instabile, oscillatorio, per alcuni versi mai del tutto conquistato e riconosciuto da una società che si riserva il meglio sempre declinato al maschile.
Tre donne torinesi, Rita Montagnana, Teresa Noce, Angiola Minella, dalle parabole personali diverse: “rivoluzionarie di professione” le prime due, partigiana nelle valli del Cuneese l’ultima, la più giovane e la meno famosa, sebbene sia stata parlamentare per quattro legislature, due da senatrice, fino al 1972.
Rita Montagnana e Teresa Noce, comuniste, hanno rappresentato l’archetipo di figure femminili forti, coraggiose, autonome e dal comune destino nell’epilogo tormentato dei loro matrimoni. E nelle vicende che intrecciarono e incrociarono inevitabilmente la politica e il partito scaturite dal rapporto (sofferto) con i rispettivi mariti, Palmiro Togliatti e Luigi Longo, cioè il gotha del Partito comunista italiano. Uomini non qualunque, ma che nell’affannosa ricerca di soluzioni famigliari, in alcuni casi contorte, inesplicabili, si comportarono né meglio, né peggio di altri uomini, scegliendo di abdicare a quella etichetta politica che li definiva “i migliori”.
Posted on: 2022/05/19, by : admin
È l’ultimo appuntamento di un percorso che si è iniziato nel novembre scorso con una serata dedicata alla lotta alle mafie, cui parteciparono Stefania Pellegrini, docente all’Università di Bologna che da dieci anni tiene corsi sulla storia e il contrasto alla mafia, e Roberto Sparagna, magistrato della DNA (Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
Dibattiti con giornalisti, magistrati, uomini e donne di fede religiosa, cittadini impegnati nelle professioni, testimonianze di studenti e insegnanti delle scuole chivassesi, proiezioni cinematografiche e pièce teatrali hanno caratterizzato il Festival nello specifico e l’iniziativa nel suo insieme, coordinata da Giuseppe Busso e condotta da Michele Ruggiero. Festival e Libera Università hanno ricevuto l’attenzione continuativa del settimanale di Chivasso La Nuova Periferia, media partner degli eventi.
In chiusura, lo spazio, anche fotografico (nella foto in alto), è riservato allo spettacolo teatrale portato in scena lunedì sera “Figlia di tre madri. La passione politica dalle madri costituenti a oggi”. Il testo di Gabriella Bordin e di Elena Ruzza, che ne è l’interprete, con la giovane Bianca De Paolis al contrabbasso, racconta la storia di tre delle 21 donne elette (su 556 membri) con le elezioni del 2 giugno 1946 alla Costituente. Un testo “sentito” dal pubblico, in maggioranza femminile, apprezzato per gli echi di forte attualità che ha saputo emanare rispetto al rapporto donna-politica, donna-lavoro, donna-famiglia. Un rapporto nei suoi capitoli e sfaccettature rimane instabile, oscillatorio, per alcuni versi mai del tutto conquistato e riconosciuto da una società che si riserva il meglio sempre declinato al maschile.
Tre donne torinesi, Rita Montagnana, Teresa Noce, Angiola Minella, dalle parabole personali diverse: “rivoluzionarie di professione” le prime due, partigiana nelle valli del Cuneese l’ultima, la più giovane e la meno famosa, sebbene sia stata parlamentare per quattro legislature, due da senatrice, fino al 1972.
Rita Montagnana e Teresa Noce, comuniste, hanno rappresentato l’archetipo di figure femminili forti, coraggiose, autonome e dal comune destino nell’epilogo tormentato dei loro matrimoni. E nelle vicende che intrecciarono e incrociarono inevitabilmente la politica e il partito scaturite dal rapporto (sofferto) con i rispettivi mariti, Palmiro Togliatti e Luigi Longo, cioè il gotha del Partito comunista italiano. Uomini non qualunque, ma che nell’affannosa ricerca di soluzioni famigliari, in alcuni casi contorte, inesplicabili, si comportarono né meglio, né peggio di altri uomini, scegliendo di abdicare a quella etichetta politica che li definiva “i migliori”.
Posted on: 2022/05/19, by : admin