Strage di Vienna: ritorna l’estremismo “cumulativo”
di Germana Tappero Merlo |
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La cronaca ci ripropone l’ennesima strage islamista nel cuore d’Europa. I fatti sono noti, anche se l’elenco dei morti e feriti è in continuo aggiornamento. Le indagini si stanno concentrando anche sui protagonisti. Uno di questi aveva un account Twitter (ora, anche se tardivamente, rimosso) che conteneva le rivendicazioni degli attacchi e video che mostravano come uccidere le persone con il coltello. Evidente la difficoltà a monitorare l’azione di questi soggetti sui social media, ma anche carenze nell’intelligence. Saranno le indagini a chiarire parecchi punti.
Si è trattato comunque di una operazione coordinata, in diversi luoghi, anche affollati, della città con armi automatiche. Ciò, di solito, presuppone organizzazione e capacità di coordinamento non da lupo solitario, e dalle testimonianze dell’azione vicino alla Sinagoga, il terrorista aveva “un modo di muoversi da professionista”, aprendo così supposizioni su una possibile azione di un commando addestrato. Ma siamo ancora nelle ipotesi investigative. L’obiettivo Vienna, comunque, non deve sorprendere, in particolare se le indagini dimostreranno che si tratta di terroristi ben addestrati all’azione militare. L’Austria ha una numerosa popolazione musulmana, non sempre pacifica, dato che proprio quella nazione, nel 2015, era seconda al Belgio come foreign fighters partiti per Siria e Iraq. Si conta circa 300 unità, per lo più di origine cecena. Non è escluso che si sia trattato di returnees, ossia di combattenti di ritorno, l’incubo da alcuni anni delle forze di contrasto al terrorismo islamista. Ma sono solo, per ora, supposizioni di indagine. Si attende anche una rivendicazione.
Ma l’Austria è anche molto di più: è una via di accesso all’Europa. Un portone non sempre aperto all’immigrazione quanto invece a penetrazioni più subdole, ma efficaci, come agli aiuti finanziari ed ‘umani’ dalla Turchia e dall’Arabia Saudita alle comunità islamiche presenti sul suo territorio. Non solo con l’invio di imam (Turchia), da cui la reazione del governo austriaco con una misura, ora copiata da Macron, per cui gli imam devono essere ufficialmente formati (e controllati) nel Paese europeo in cui operano e parlare correttamente anche la lingua, nel qual caso tedesca e ora francese. La penetrazione turca e saudita riguarda anche la costruzione di moschee, centri di cultura; è il supporto ad asili e scuole per i giovani della comunità musulmana austriaca. È quel tentativo di islamizzazione del mondo occidentale di cui si vantano gli islamisti radicali supportati da potenze come la Turchia di Erdogan o da ricchi e potenti privati della Penisola arabica, ma che diventa, però, obiettivo prioritario dell’estremismo di segno opposto, quello etno-nazionalista, in cui, fra l’altro, l’Austria eccelle per numero di gruppi e simpatizzanti. È necessario che la politica europea ponga grande attenzione a questi due fenomeni estremi, contrapposti ma che finiscono violentemente per alimentarsi a vicenda, in quello che il politologo britannico Roger Eatwell definì, già nel 2006, estremismo cumulativo.
Fenomeno ora che non è nemmeno così nascosto. Però bisogna avere il coraggio di prenderne coscienza senza troppe cautele. Anche perché, questi attacchi violenti e sanguinari possono trovare sostegno locale (e certamente l’organizzazione per quanto avvenuto ha avuto supporto logistico locale, per armi e conoscenza degli obiettivi) proprio in soggetti nati e cresciuti nelle nostre comunità occidentali, indottrinati e radicalizzati attraverso innumerevoli strumenti ora a disposizione, da internet ad appunto moschee o centri di cultura, soprattutto se questi ultimi sono gestiti da soggetti estremi non controllati adeguatamente. Cittadini islamici quindi residenti in questa Europa che potrebbero presto venire a scontrarsi violentemente con altri cittadini europei per la difesa della loro identità. Una eventualità non così remota, come dimostrano i recenti scontri fra estremisti islamisti e etno-nazionalisti in Svezia. Ma questo è un altro capitolo ancora, tutto da leggere, meditare, le cui lezioni, si spera, e in nome della nostra sicurezza collettiva, dobbiamo fare nostre, e al più presto.
Posted on: 2020/11/03, by : admin
Si è trattato comunque di una operazione coordinata, in diversi luoghi, anche affollati, della città con armi automatiche. Ciò, di solito, presuppone organizzazione e capacità di coordinamento non da lupo solitario, e dalle testimonianze dell’azione vicino alla Sinagoga, il terrorista aveva “un modo di muoversi da professionista”, aprendo così supposizioni su una possibile azione di un commando addestrato. Ma siamo ancora nelle ipotesi investigative. L’obiettivo Vienna, comunque, non deve sorprendere, in particolare se le indagini dimostreranno che si tratta di terroristi ben addestrati all’azione militare. L’Austria ha una numerosa popolazione musulmana, non sempre pacifica, dato che proprio quella nazione, nel 2015, era seconda al Belgio come foreign fighters partiti per Siria e Iraq. Si conta circa 300 unità, per lo più di origine cecena. Non è escluso che si sia trattato di returnees, ossia di combattenti di ritorno, l’incubo da alcuni anni delle forze di contrasto al terrorismo islamista. Ma sono solo, per ora, supposizioni di indagine. Si attende anche una rivendicazione.
Ma l’Austria è anche molto di più: è una via di accesso all’Europa. Un portone non sempre aperto all’immigrazione quanto invece a penetrazioni più subdole, ma efficaci, come agli aiuti finanziari ed ‘umani’ dalla Turchia e dall’Arabia Saudita alle comunità islamiche presenti sul suo territorio. Non solo con l’invio di imam (Turchia), da cui la reazione del governo austriaco con una misura, ora copiata da Macron, per cui gli imam devono essere ufficialmente formati (e controllati) nel Paese europeo in cui operano e parlare correttamente anche la lingua, nel qual caso tedesca e ora francese. La penetrazione turca e saudita riguarda anche la costruzione di moschee, centri di cultura; è il supporto ad asili e scuole per i giovani della comunità musulmana austriaca. È quel tentativo di islamizzazione del mondo occidentale di cui si vantano gli islamisti radicali supportati da potenze come la Turchia di Erdogan o da ricchi e potenti privati della Penisola arabica, ma che diventa, però, obiettivo prioritario dell’estremismo di segno opposto, quello etno-nazionalista, in cui, fra l’altro, l’Austria eccelle per numero di gruppi e simpatizzanti. È necessario che la politica europea ponga grande attenzione a questi due fenomeni estremi, contrapposti ma che finiscono violentemente per alimentarsi a vicenda, in quello che il politologo britannico Roger Eatwell definì, già nel 2006, estremismo cumulativo.
Fenomeno ora che non è nemmeno così nascosto. Però bisogna avere il coraggio di prenderne coscienza senza troppe cautele. Anche perché, questi attacchi violenti e sanguinari possono trovare sostegno locale (e certamente l’organizzazione per quanto avvenuto ha avuto supporto logistico locale, per armi e conoscenza degli obiettivi) proprio in soggetti nati e cresciuti nelle nostre comunità occidentali, indottrinati e radicalizzati attraverso innumerevoli strumenti ora a disposizione, da internet ad appunto moschee o centri di cultura, soprattutto se questi ultimi sono gestiti da soggetti estremi non controllati adeguatamente. Cittadini islamici quindi residenti in questa Europa che potrebbero presto venire a scontrarsi violentemente con altri cittadini europei per la difesa della loro identità. Una eventualità non così remota, come dimostrano i recenti scontri fra estremisti islamisti e etno-nazionalisti in Svezia. Ma questo è un altro capitolo ancora, tutto da leggere, meditare, le cui lezioni, si spera, e in nome della nostra sicurezza collettiva, dobbiamo fare nostre, e al più presto.
Posted on: 2020/11/03, by : admin