Superati i divieti, un’agenda per la montagna
di Mercedes Bresso|
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Nei giorni scorsi un grave vulnus si è verificato di confronti delle popolazioni e le località di montagna del nostro paese. L’ulteriore rinvio della apertura delle piste per lo sci, senza motivazioni chiare e deciso all’ultimo minuto, segna probabilmente la perdita definitiva di tutta la stagione invernale, con poche eccezioni per le stazioni in alta quota che, forse, riusciranno ad avere ancora un po’ di neve per Pasqua, sempre che possano aprire gli impianti. Le ragioni di questa affrettata e mal motivata decisione mi appaiono un po’ discutibili. Partono però dalla strana idea, che si è radicata soprattutto in Italia, che si debbano a tutti i costi evitare gli spostamenti di persone da un comune all’altro o da una regione all’altra. Quando, come è noto, la priorità è il controllo degli assembramenti, ovunque essi avvengano e non c’è dubbio che siano maggiori nelle città come si vede tutti i giorni nelle immagini televisive, dunque nei luoghi dove vive la maggior parte della popolazione. Al contrario, le località di montagna sono poco popolate, ma hanno tutte grandi spazi. Forse una più approfondita riflessione sull’utilità di decongestionare le zone urbane, soprattutto col ritorno del bel tempo e quindi della voglia di stare all’aperto sarebbe utile. Come l’estate scorsa la montagna ha aiutato a ridurre la concentrazione sulle spiagge, anche in primavera potrebbe aiutare le persone a uscire di casa senza creare assembramenti pericolosi.
Superato l’aspetto di cronaca, vorrei però fornire un suggerimento per la revisione del Recovery plan: dare attuazione alla risoluzione che approvammo al Parlamento Europeo nel 2019, per una Agenda Europea della montagna, redigendola per l’Italia e magari rilanciando l’idea anche a livello UE. La montagna è certamente fra i territori dove gli effetti del cambiamento climatico sono più evidenti e ha bisogno di ripensare totalmente il proprio futuro: meno sci (sarà possibile solo in zone molto elevate e poco soleggiate), più sport alternativi anche in inverno (e già molte iniziative interessanti sono state avviate), più turismo estivo e di randonnée, gare di fondo, e anche in questo caso serve lo sviluppo di attività e servizi alternativi.
Ma la montagna non è solo turismo, la politica per la transizione ecologica potrebbe aiutarla a diventare anche un luogo di progettazione per lo sviluppo sostenibile: dallo sviluppo di energie rinnovabili che potrebbe portare a una autonomia energetica delle terre alte, a una politica forestale che combini fissazione di CO2 e produzione legnosa, alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua per la difesa idrogeologica, a una maggiore valorizzazione di produzioni agroalimentari-pastorali tipiche e alla loro commercializzazione diretta, a centri di ricerca sulla biodiversità e sulle tecnologie Green che il telelavoro potrebbe rendere più attrattivi, alla offerta da parte delle università urbane di corsi di specializzazione estivi in montagna, allo sviluppo di una offerta formativa specifica per il mondo dello sport, mille sono le possibilità per fare delle località di montagna dei centri propulsori di innovazione sostenibile. Su questi temi le associazioni della montagna, l’Uncem (Unione nazionale comunità ed enti montani) anzitutto, hanno prodotto moltissime proposte che attendono di essere poste su una concreta pista di lancio in questo momento in cui serve una radicale innovazione anzitutto nel nostro modo di pensare il futuro.
Se il nuovo governo individuasse un gruppo di lavoro con specifica responsabilità per la redazione dell’Agenda e la sua messa in opera, potrebbe rimettere in moto le speranze di una popolazione che è stata per troppo tempo lasciata ai margini dello sviluppo (facendo perdere all’Italia il ruolo di leader delle aree alpine, ad esempio, che per estensione territoriale le sarebbe spettato) e al tempo stesso rivitalizzare una parte rilevante del nostro territorio rendendola pienamente partecipe del progetto di una innovativa economia verde. E facendo al tempo stesso dimenticare il piede sbagliato con cui il nuovo governo è partito.
Posted on: 2021/02/22, by : admin
Superato l’aspetto di cronaca, vorrei però fornire un suggerimento per la revisione del Recovery plan: dare attuazione alla risoluzione che approvammo al Parlamento Europeo nel 2019, per una Agenda Europea della montagna, redigendola per l’Italia e magari rilanciando l’idea anche a livello UE. La montagna è certamente fra i territori dove gli effetti del cambiamento climatico sono più evidenti e ha bisogno di ripensare totalmente il proprio futuro: meno sci (sarà possibile solo in zone molto elevate e poco soleggiate), più sport alternativi anche in inverno (e già molte iniziative interessanti sono state avviate), più turismo estivo e di randonnée, gare di fondo, e anche in questo caso serve lo sviluppo di attività e servizi alternativi.
Ma la montagna non è solo turismo, la politica per la transizione ecologica potrebbe aiutarla a diventare anche un luogo di progettazione per lo sviluppo sostenibile: dallo sviluppo di energie rinnovabili che potrebbe portare a una autonomia energetica delle terre alte, a una politica forestale che combini fissazione di CO2 e produzione legnosa, alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua per la difesa idrogeologica, a una maggiore valorizzazione di produzioni agroalimentari-pastorali tipiche e alla loro commercializzazione diretta, a centri di ricerca sulla biodiversità e sulle tecnologie Green che il telelavoro potrebbe rendere più attrattivi, alla offerta da parte delle università urbane di corsi di specializzazione estivi in montagna, allo sviluppo di una offerta formativa specifica per il mondo dello sport, mille sono le possibilità per fare delle località di montagna dei centri propulsori di innovazione sostenibile. Su questi temi le associazioni della montagna, l’Uncem (Unione nazionale comunità ed enti montani) anzitutto, hanno prodotto moltissime proposte che attendono di essere poste su una concreta pista di lancio in questo momento in cui serve una radicale innovazione anzitutto nel nostro modo di pensare il futuro.
Se il nuovo governo individuasse un gruppo di lavoro con specifica responsabilità per la redazione dell’Agenda e la sua messa in opera, potrebbe rimettere in moto le speranze di una popolazione che è stata per troppo tempo lasciata ai margini dello sviluppo (facendo perdere all’Italia il ruolo di leader delle aree alpine, ad esempio, che per estensione territoriale le sarebbe spettato) e al tempo stesso rivitalizzare una parte rilevante del nostro territorio rendendola pienamente partecipe del progetto di una innovativa economia verde. E facendo al tempo stesso dimenticare il piede sbagliato con cui il nuovo governo è partito.
Posted on: 2021/02/22, by : admin