Test salivari anti-Covid. Evitiamo di cadere nella trappola delle illusioni

di Giuseppina Viberti
e Germana Zollesi |

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L’opinione pubblica è sempre alla ricerca del Santo Graal. La pubblicazione, quest’anno, di un primo articolo su Nature Medicine che dimostra scientificamente la presenza del virus nei campioni salivari di individui asintomatici o pre-sintomatici, ha scatenato una serie di aspettative nella lotta contro il Coronavirus. E, natutalmente, l’interesse delle ditte produttrici. Del resto, è indubbio che si tratta di una scoperta di sicura utilità per il progresso delle conoscenze nel settore, ma dovrà essere valutata con estrema attenzione affinché possa esplicitare al massimo le sue potenzialità, senza creare illusioni o distorsioni.

La pandemia ha evidenziato come la diagnostica di laboratorio (ancora considerata, in modo del tutto superficiale, una faccenda di poco conto che chiunque può eseguire) sia fondamentale nei percorsi diagnostici e richieda competenza, precisione, accuratezza, oltre a dover essere eseguita da professionisti esperti in laboratori analisi, adeguatamente attrezzati e sicuri oppure con strumenti cosiddetti POCT (Point of care testing) negli studi medici o nelle case della salute sotto il diretto controllo del laboratorio di riferimento.

Le potenzialità della diagnostica

Se consideriamo questo breve assunto come fondamentale per affrontare in modo moderno la diagnostica della Covid-19, allora ci dobbiamo domandare che cosa sta succedendo e perché, quando si parla di “test salivari”. Il test molecolare su tampone naso e orofaringeo è il gold standard internazionale per la diagnosi in termini di specificità e sensibilità. Con la comparsa delle mutazioni del gene che codifica la proteina spike, l’OMS ha sconsigliato l’utilizzo di test basati esclusivamente sul gene S con i test molecolari e quindi i laboratori, si spera in tutto il Paese, si sono adeguati utilizzando sistemi che rilevano due geni diversi del virus. Ad ogni fornitore è stato richiesto di produrre un documento attestante la valutazione del loro kit per le varianti attualmente note. Ricordiamo che la presenza delle varianti è un problema per le vaccinazioni ed è importante per l’analisi epidemiologica; dal punto di vista terapeutico non esistono farmaci specifici per ogni variante, ma gli schemi terapeutici sono studiati in base alle evidenze scientifiche per la malattia Covid-19.

Successivamente sono comparsi sul mercato i “test molecolari rapidi” che, diversamente dalla metodica tradizionale che richiede 3-4 ore per avere il referto, riducono alcuni tempi di estrazione e amplificazione; in 45-90 minuti forniscono un risultato (positivo o negativo) circa la presenza del virus. Anche in questo caso si è pensato di aver trovato la “panacea per tutti i mali”, purtroppo non è così. I test molecolari rapidi presentano dei limiti: possono essere eseguiti in piccole serie (da uno a 8 test alla volta); riducendo alcuni tempi di esecuzione non sono evidenziati alcuni risultati positivi che possono essere le fasi finali della malattia e quindi il paziente può non essere più contagioso anche se ad oggi non esistono evidenze scientifiche in merito; hanno utilità in situazioni di emergenza al Pronto soccorso ben sapendo che il paziente può essere negativo con il test molecolare rapido, ma può risultare positivo con il test tradizionale che evidenzia anche le “code di positività”.

Quindi, non esistendo linee guida, ogni ospedale si comporta a modo suo in base alla “paura delle conseguenze legali“ delle scelte. In alcuni ospedali i pazienti dei Pronto soccorso vengono ricoverati nelle aree verdi (pazienti negativi) o rosse (pazienti positivi) in base al test molecolare rapido assumendosi il rischio della scelta; in altri, i pazienti vengono ricoverati solo sulla base del test molecolare tradizionale e il test rapido è eseguito solo per i casi di emergenza (emorragia cerebrale, IMA, TSO, etc,) che devono essere trattati immediatamente. Ovviamente questa mancanza di linee guida causa una ricaduta organizzativa e di costi non indifferente: gli ospedali che ricoverano solo sulla base della biologia molecolare tradizionale devono mantenere turni di ventiquattr’ore sette giorni su sette per il personale tecnico e dirigente, mentre se venisse utilizzato il test molecolare rapido, almeno di notte, i turni potrebbero essere ridotti e il personale utilizzato per altre attività diagnostiche e non per eseguire pochi test notturni.

Il rapido non è sempre amico del giusto

E veniamo ai “test antigenici su tampone naso-orofaringeo” (tipologia differente dal precedente test analizzato, seppur più rapida del gold standard tampone molecolare); anche in questo caso si è pensato di aver trovato il test rapido e a basso costo per definire i casi eventualmente da ricoverare e per gli screening di massa. Ennesima confusione. Questi test devono avere sensibilità e specificità elevate, e possono dare risultati negativi, mentre il paziente è positivo al test molecolare e quindi contagioso. In questo caso però il Ministero della salute si è espresso sull’uso corretto con le linee guida pubblicate in due circolari (n.705 dell’08/01/2021 e n. 5616 del 15/02/2021).

Le aspettative generate dalla pubblicazione dell’articolo su Nature Medicine, dimostrando la presenza del virus nei campioni salivari di individui asintomatici o pre-sintomatici, ha giustamente scatenato tanti interessi. Secondo questo articolo, la saliva conterrebbe una carica virale più elevata in pazienti con fattori di rischio per Covid 19 (sesso maschile, età avanzata, problemi respiratori, cardiovascolari, oncologici, patologie sistemiche e immunosoppressive) e sembrerebbe correlata ai sintomi di Covid 19 ageusia/disgeusia. Sono stati pubblicati altri articoli sulla ricerca del virus nella saliva dimostrando che la corretta raccolta del campione salivare è un passaggio cruciale; inoltre la saliva, per la sua caratteristica mucosa e viscosa, ha difficoltà di lavorazione con i metodi e le attrezzature automatizzate di estrazione dell’RNA e di amplificazione esistenti in commercio; infine manca la marcatura CE.

La sensibilità di questi test è diversa in relazione alla tecnica di raccolta della saliva e diminuisce dopo i primi 5 giorni dall’inizio dei sintomi; sono in corso studi per la valutazione della saliva con la biologia molecolare RT-PCR, RT-LAMP e per i test antigenici eseguiti in laboratorio con lettura in chemiluminescenza.

In attese delle linee guide del Ministero della Salute

Quindi allo stato attuale delle conoscenze l’utilizzo della saliva al posto del tampone naso-orofaringeo dovrebbe essere escluso. Ma la circolare ministeriale pubblicata il 13 maggio, per non contraddire le pressioni delle aziende produttrici a livello europeo, in modo ecumenico fornisce dei suggerimenti ancora troppo ambigui, lasciando dei dubbi su quando utilizzarli. Per esempio, se utilizzare la saliva quando non sono disponibili i tamponi naso-orofaringei (preferibilmente entro 5 giorni dall’inizio dei sintomi); se possono essere usati in caso di screening di individui molto anziani o disabili o se devono essere ripetuti più volte per motivi professionali; se merita utilizzarli in ambito scolastico nonostante abbiano una sensibilità fra il 53 e il 73 %. Altro problema riguarda, se e come, devono essere segnalati i casi positivi nei sistemi informativi regionali.

L’auspicio è che il Ministero della Salute predisponga linee guida chiare sui criteri di utilizzo della biologia molecolare tradizionale e rapida per il ricovero dei pazienti nelle aree a rischio in base alle conoscenze che, man mano si acquisiscono dall’esperienza maturata nei laboratori che seguono l’evoluzione della pandemia. Le dimensioni del mercato che si sta andando a creare, potrebbero indurre le singole aziende a proporre soluzioni ad effetto sfruttando le apprensioni momentanee e la necessità di predisporre “lascia passare” che soddisferanno le prassi burocratiche ma non la certezza del blocco del contagio. Seguire la moda del momento per fare investimenti in test non ancora validati e che inducono a costruire percorsi che poi non saranno utilizzati, crea confusione nei cittadini, che sono già frastornati da un anno di annunci e dal rilevare come le aziende sanitarie siano tra loro in competizione su chi vuole acquistare test salivari e chi non li vuole (con l’italico dubbio che a prevalere siano le pressioni delle ditte produttrici/distributive e la volontà di primeggiare sugli altri colleghi): decisione per ora presa senza poter ancora disporre di solide basi scientifiche ed esperienziali.




Posted on: 2021/05/19, by :