Ucraina, guerra e strategia nella visione di Putin

di Michele Ruggiero |

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Il quadro è oramai delineato attraverso la lettura di più fonti e agenzie. Gi scontri avvengono a Odessa, Kharvik, Mariupol, Leopoli e a Kiev, capitale dell’Ucraina. Fonti ufficiali vicine al presidente ucraino Volodymyr Oleksandrovyč Zelenskyy hanno affermato che più di 40 soldati ucraini e circa 10 civili sono stati uccisi”. Inoltre, si contano 18 morti fra cui 10 donne, in un raid russo su Odessa. Le stesse fonti riportano una escalation di aspri combattimenti all’aeroporto di Hostomel, a circa 30 chilometri a nord-ovest dalla capitale. Il bilancio russo, come già ricordato nel servizio di Germana Tappero Merlo, è di cinque aerei e un elicottero abbattuti e circa cinquanta morti. La navigazione nel mare d’Azov è bloccata. Il Cremlino ha sintetizzato l’operazione in una frase: “Annientate le difese aeree” ucraine. E se da un lato Mosca denuncia “vittime civili nel Donbass”, Kiev contrappone il richiamo di tutti i civili validi alle armi e fa appello alla donazione di sangue per i soldati feriti. Ma i russi stanno circondando l’aeroporto di Kiev. E chi è sconvolto dalla guerra, comincia a prendere la drammatica strada dall’esodo.

La parola alle armi e all’aggressione. Il presidente Putin non ha ceduto di un millimetro rispetto alle sue intenzioni e soprattutto alla sue convinzioni. Questo spiega anche la precisione con cui da giorni i servizi d’informazione statunitensi hanno raccontato il crescendo militare in Ucraina. Nonostante la minaccia di gravi ritorsioni e sanzioni economiche dell’Occidente, Vladimir Putin ha imboccato la strada più pericolosa per la Russia e per il mondo: la guerra. Un atto di forza per riprendersi quel territorio, l’Ucraina, che dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica ha mostrato di guardare con più insistenza all’Occidente che al passato.

Il pretesto è nato con il separatismo del Donbass, il bacino del Donec, dove su 5 milioni di abitanti, 800mila hanno il passaporto russo. Ma l’azione concreta è avvenuta nel 2014 con l’invasione e la successiva annessione della Crimea. Una conquista vissuta da Putin come il ritorno della penisola contesa nel grembo di Santa Madre Russia. Nel 1954, infatti, ad un anno (non a caso) dalla morte di Stalin, la sovranità era stata trasferita alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Un gesto di pace, per sanare gli orrori del dittatore georgiano ai danni dell’Ucraina (carestie e milioni di morti), deciso da Nikita Krusciov, l’uomo uscito vincitore dalla lotta per il potere al Cremlino.

Ma l’ingresso “manu militari” in Crimea non è stato per Putin soltanto un modo per riportare all’indietro le lancette del tempo. Il richiamo ai fasti del passato, ad una Russia imperiale, è da sempre nella testa e nello spirito del presidente russo. Più di un analista hanno osservato come l’ostentazione di ridondanti divise e stendardi della coreografia militare, in scena con l’accompagnamento di musiche marziali o dall’emozione travolgente, altro non è che il riflesso che si vuole dare di un Paese potente, non inferiore a nessuno. Una visione che ha sedotto e continua a sedurre l’orgoglio dei cittadini russi.

Un orgoglio unito al concetto che più sta a cuore al Cremlino: la definizione e la difesa dei confini che la Russia intende garantirsi in assoluta autonomia per la propria sicurezza. Di qui, il rischio di semplificare, nell’attuale crisi, il braccio di ferro sulla base del numero di divisioni, di sottomarini nucleari, di missili intercontinentali, di testate atomiche. Non è un parametro sufficiente per un paese immenso come la Russia e per le sue forze armate. Lo scontro militare, quando si parla di paesi di enormi dimensioni con altrettante enormi riserve di materie prime, dalla storia millenaria di resistenza e di invasioni, andrebbe valutato con parametri diversi da quelli matematici e anche economici.

Su questo dovrebbe riflettere anche l’Europa che si ritrova al centro di un contenzioso, la cui regia appare o finora ha dato l’impressione di essere tutta nella nelle mani della Casa Bianca, del presidente Joe Biden, del Pentagono e di coloro che sembrano ispirati da Atlantismo distorto, che suggerisce a piè sospinto l’idea superata e antistorica della Guerra fredda. Un’impressione che porta a ipotizzare un retro pensiero di presidente Biden, che parlerà alle 18,30 (ora italiana): il tentativo di riguadagnare consenso sulla crisi ucraina – consenso dato in caduta libera – in vista delle elezioni di midterm, di metà mandato. Se così fosse, il piano del presidente Usa rischia di provocare un pericoloso cortocircuito proprio negli Stati Uniti.

Il suo potrebbe rivelarsi un calcolo avventato, infatti, più utile a ridare ancora più fiato alle trombe (e non solo) del trumpismo e ai suoi pasdaran. L’ex presidente che vuole ricandidarsi già oggi si frega le mani e non attende altro. Soprattuto se si dovesse concretare il piano di Putin con la caduta di Kiev entro domani, venerdì 25 febbraio. Si stima, infatti, che la strategia del presidente risieda nel garantirsi un governo amico, riluttante all’idea di associare l’Ucraina alla Nato, con cui siglare accordi militari favorevoli alla Federazione Russa. A quel punto, sarebbe Putin a “prendere” i contatti con la Nato e non viceversa.




Posted on: 2022/02/24, by :