Un libro per voi: “Elogio delle tasse”, un antidoto alla demagogia

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Dal momento in cui veniamo al mondo, godiamo di costosi servizi pubblici che consentono la nostra stessa esistenza. Sono le tasse a sostenere il costo di tali servizi, a partire dalle due funzioni essenziali dello Stato: mantenere la pace e dare attuazione ai diritti costituzionali, siano essi civili, politici o sociali. Nonostante i cittadini le odino e i politici facciano a gara per prometterne la riduzione, è dalle tasse che dipende la vita libera e democratica che conosciamo. Il problema non sono allora le tasse, ma l’iniqua ripartizione del loro carico: a sfavore della gran parte della popolazione e a vantaggio di una ristretta cerchia di ricchi e ricchissimi. L’emergenza sanitaria ha reso quanto mai evidente che i servizi pubblici sono a beneficio di tutti: occorre rivalutare le tasse e riscoprire l’importanza che il loro peso sia sostenuto da ciascuno in rapporto alle proprie capacità. Sono, queste, le tesi fondamentali argomentate da Francesco Pallante, professore di Diritto costituzionale nell’Università di Torino, nel libro Elogio delle tasse (Edizioni Gruppo Abele, Torino 2021, pp. 159, euro 14,00). Se il titolo potrebbe ad alcuni sembrare provocatorio, è perché solitamente non si considerano due questioni importanti.

La prima è che la distinzione tra libertà negative (godibili se lo Stato si astiene dal fare alcunché, e dunque non costose) e libertà positive (godibili se lo Stato predispone il contesto necessario, e dunque costose) è tanto concettualmente chiara quanto praticamente inconsistente. Per esempio: si dice che, affinché io possa circolare liberamente, è sufficiente che lo Stato non me lo impedisca. Ma è davvero così? In realtà, senza un poderoso insieme di interventi pubblici – costruire la rete viaria, operare la manutenzione ordinaria e straordinaria, regolare il traffico – nessuno potrebbe realmente circolare. A un’analisi appena un poco attenta, il diritto di circolare non è poi così diverso dal diritto alla salute (che richiede la costruzione di ospedali, la formazione e l’assunzione del personale, l’acquisto delle strumentazioni). Ne deriva che, se tutti i diritti costano, tutti i diritti, incluso quello di proprietà, necessitano di essere finanziati tramite il sistema fiscale.

La seconda è che trattare nello stesso modo persone che versano in condizioni diverse non è giustizia, ma ingiustizia: di conseguenza, chi ha di più deve contribuire in misura maggiore alla raccolta delle risorse tramite cui finanziare l’attuazione dei diritti costituzionali. Un tempo era così, come dimostra l’aliquota sui redditi più elevati al 72 per cento nell’Italia degli anni Settanta e, addirittura, oltre al 90 per cento negli Stati Uniti degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta. Le politiche dei decenni successivi, basate sulla propaganda per cui abbassare le tasse ai più ricchi avrebbe avvantaggiato l’intera società, hanno aumentato a dismisura le diseguaglianze (al punto che oggi i tre italiani più benestanti posseggono tanta ricchezza come i sei milioni più indigenti) e prodotto la contrazione dello Stato sociale.

Occorre, allora, una rivoluzione tributaria, che, nel contempo, preveda: lotta all’evasione fiscale, drastica riduzione della normativa derogatoria, eliminazione delle tassazioni separate, ristrutturazione secondo progressività dell’imposizione su redditi, tassazione progressiva dei patrimoni e delle successioni, aggiornamento dei valori catastali degli immobili, rimodulazione dell’Iva a favore dei prodotti di largo consumo e a discapito dei beni di lusso. Con l’obiettivo di agire non contro i ricchi, ma – come sosteneva Luigi Einaudi, monarchico, economista, Governatore della Banca d’Italia (1945-48) e presidente della Repubblica del 1948 al 1955 – a favore dell’intera società, per provare a dare a tutti pari opportunità di realizzare le proprie aspettative di vita. Quelle pari opportunità che la nostra Costituzione chiaramente indica con l’articolo 3, comma 2: “[…] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.




Posted on: 2021/03/28, by :